L'arca olearia 23/03/2018

Xylella fastidiosa deve diventare priorità nazionale, prima che sia troppo tardi

Se il batterio si spingesse fino al barese, distante a meno di 100 chilometri dalle ultime rilevazioni di piante infette, si perpreterebbe non solo la fine dell’olio italiano ma un vero problema sociale


Sessanta milioni di piante distribuite su 377.000 ettari fanno della Puglia la prima regione d’Italia in termini di superficie dedicata agli uliveti, pari a circa il 32% del totale nazionale. La Puglia conta 190mila imprese nel comparto olivicolo, di cui oltre il 99% dedite alla coltivazione di olive da olio. La produzione media di olive è di poco sotto ai 12 milioni di quintali, circa il 35% del totale italiano, per un valore che si aggira intorno al mezzo miliardo di euro.

La maggior parte degli uliveti si concentra nelle province di Bari e Lecce, rispettivamente con 99.800 (26,4%) e 90.550 ettari (24%), seguono poi Brindisi (16,8%), Foggia (13,9%) e Taranto (10,2%). Il territorio è quasi tutto a denominazione d’origine protetta. Le Dop già riconosciute dall’Ue sono cinque: Dauno, Terra d’Otranto, Terra di Bari, Colline di Brindisi e Terre Terentine. Una IGP regionale al vaglio di Bruxelles.

Numeri che mostrano un primato produttivo della Puglia non solo quantitativamente ma anche qualitativamente.

Un altro triste primato caratterizza la Puglia: è la prima regione Italiana a confrontarsi con la Xylella, il patogeno che sta devastando l’olivicoltura pugliese e che non risparmierà le altre regioni: è solo questione di tempo, consapevolezza e determinazione nel comprendere che la Xylella non è un problema di una piccola porzione del tacco d'Italia ma di tutto il Mediterraneo che rischia di veder scomparire una coltura millenaria.

Nonostante gli ostacoli frapposti da magistratura, gruppi di militanti pugliesi e politica ambigua, un gruppo di ricercatori di Bari, appartenenti ad al Cnr, all’Università e al Centro “Basile Caramia”, con l’instancabile supporto di Giovanni Melcarne nostro associato, sono riusciti, in tempi da record a individuare il batterio patogeno e il vettore, e attraverso test di patogenicità, a identificare due cultivar tolleranti: il Leccino e la FS17.

La velocità di propagazione e i ritardi negli interventi stanno determinando un rapido movimento dell’infezione verso nord, alle porte della piana degli olivi secolari. Il 2 gennaio u.s. sono state riportate sul portale ufficiale regionale EMERGENZA XYLELLA, 2251 nuove piante positive ricadenti tutte in zona di contenimento dove, lo ricordiamo, è previsto l'abbattimento delle sole piante infette. Il numero complessivo dei positivi del monitoraggio 2017/2018 ancora in corso sale così ad un valore, ancora PARZIALE di 2.986 piante (a fronte del TOTALE del monitoraggio 2016/2017 di 893 positivi). Dalla cartografia appare sempre più evidente come i nuovi positivi siano l'evoluzione del focolaio di Oria, dove si osserva un'altissima densità che via via decresce fino a i focolai più lontani della zona cuscinetto. La distribuzione delle piante sulla mappa indica la prevalenza delle diffusione naturale di batterio/malattia a breve distanza rispetto alla diffusione passiva dei vettori infetti su distanze maggiori.

Aggiornamenti pervengono anche dalla Spagna continentale. Il Ministero spagnolo di Agricoltura, Ambiente, Cambiamenti Climatici e Sviluppo Rurale ha informato le organizzazioni agrarie e cooperative della Comunità Valenciana della comparsa di un sesto focolaio di Xylella fastidiosa nella provincia di Alicante e delle misure adottate per contenerlo. I positivi si trovano all'interno dell'attuale area demarcata, appartengono alla stessa sottospecie multiplex e corrispondono a mandorleti specializzati adulti. In Spagna, dal momento del primo ritrovamento (novembre 2016, in un vivaio vicino a. Manacor sull'isola di Maiorca) sono stati trovati 252 campioni positivi in 13 diverse specie ospiti in diversi siti delle isole di Maiorca, Minorca e Ibiza. Diverse le sottospecie identificate: sull'isola di Maiorca Xf subsp. Fastidiosa.

L’Italia rischia di ritrovarsi a breve stretta nella morsa di una tenaglia che vedrà il focolare estendersi da sud, con la Puglia, e da nord, con la Spagna. Anche i focolai rilevati al confine Italo Monegasco creano preoccupazioni ai colleghi liguri delle Riviere a nord. In quelle zone già si pratica una olivicoltura “estrema” su terrazze e falsopiani, se a ciò si unisse il problema xilella, quasi certamente sparirebbe la produzione in una delle zone più vocate della Penisola.

Pensiamo al nord barese dove la produzione olivicola-olearia copartecipa al PIL dei residenti per il 50% circa del redito procapite annuo. Se il batterio si spingesse fino a questi territori, distanti a meno di 100 Km. dalle ultime rilevazioni di piante infette, si perpreterebbe non solo la fine dell’olio italiano ma un vero “problema sociale” lasciando senza reddito alcune centinaia di migliaia di persone.

È opportuno a questo punto che l’argomento Xylella entri nelle priorità non solo di AIFO, la nostra associazione di riferimento italiana, ma soprattutto di tutti gli Attori della filiera dal mondo agricolo, quello della trasformazione sino al commercio ed industria; questa emergenza, minaccia seriamente il futuro dell’impresa olearia e dei Mastri Oleari e nessuno può e deve rimanere indifferente.

Occorre innanzitutto offrire solidarietà e supporto agli olivicoltori ed ai frantoiani leccesi, ed ora anche brindisini, che non possono rimanere soli nell’affrontare tale emergenza, e stimolare una presa di coscienza collettiva per contribuire, con spirito collaborativo, allo sviluppo di proposte di intervento da sottoporre all’attenzione degli organi di governo.

Il principale timore, da frantoiano, è la rappresentazione di un momento, presumibilmente non troppo lontano, in cui la disponibilità di olive sul territorio ed il conseguente crescente prezzo, ci impedirà di portare avanti l’attività di trasformazione. Non si tratta solo della minaccia della perdita di un lavoro. Molti di noi hanno ereditato l’attività da nonni e genitori, investito tempo e denaro per migliorare l’azienda, coltivando il sogno di lasciare ai nostri figli il testimone. È quindi anche una questione di identità oltre che di imprenditorialità e in ambito nazionale non si può nascondere la testa sotto la sabbia sperando che la realtà scompaia e si torni a produrre con serenità e maggiore consapevolezza.

di Stefano Caroli