L'arca olearia 31/08/2017

La biodiversità olivicola italiana, una ricchezza che non ha mai fine

La biodiversità olivicola italiana, una ricchezza che non ha mai fine

Ad aggiungersi al già ricco patrimonio di germoplasma toscano la Bianca di Gorgona. Quante sono le cultivar ancora da scoprire? Dalla caratterizzazione agronomica e genetica fino a quella del gusto. Una biovidersità che si può toccare con mano!


Che grande ricchezza la biodiversità!

Questo il tema del seminario di aggiornamento organizzato da Aipol Brescia in collaborazione con ASSAM (Agenzia Servizi Settore Agroalimentare Marche), nell'ambito della 41° Fiera di fine estate a Puegnago del Garda (BS), sabato 26 agosto.
Dopo un breve excursus fotografico con le immagini dell’amico Giorgio Tassi che ha immortalato le mille olivicolture che caratterizzano il nostro paese durante il suo viaggio “Italia – terra d’olivo”, è iniziato un interessante “tandem” tra me e Claudio Cantini del CNR Ivalsa di Follonica, entrambi direttamente coinvolti in studi di caratterizzazione del germoplasma olivicolo rispettivamente di Marche e Toscana.

Identità la parola chiave, data dal forte legame tra genotipo e ambiente di coltivazione.
La territorialità si esprime nella dislocazione delle circa 540 varietà autoctone in areali olivicoli italiani ben circoscritti, a seguito della selezione empirica effettuata nel corso dei secoli dagli olivicoltori sulla base della tolleranza/sensibilità alle avversità climatiche e parassitarie più diffuse: i genotipi più tolleranti al freddo negli areali a rischio gelate (es. Bianchera, Nostrale di Rigali, Orbetana, Nostrana di Brisighella, Capolga, Toccolana…), quelli tolleranti la siccità nelle zone aride (es. Moraiolo, Ortice, Carolea, Coratina, Bosana); e ancora le varietà più tolleranti all’occhio di pavone nelle zone umide (es. Peranzana, Caninese, Dolce Agogia) e le più sensibili nelle zone ad altitudini elevate (es. Carolea, Ortice, Tonda Iblea, Itrana), varietà a frutto piccolo ed invaiatura precoce nelle zone maggiormente esposte agli attacchi di mosca (Mignola, Caninese, Sinopoplese, Pisciottana, Ogliarola salentina, Cellina di Nardò), etc….
E al di là dell’effetto ambiente di coltivazione e dell’andamento stagionale, i parametri chimici (composizione in acidi grassi e contenuto in polifenoli) e sensoriali rimangono fortemente legati al genotipo: i numerosi campioni analizzati durante le diverse edizioni della Rassegna Nazionale degli oli monovarietali, organizzata dall’ASSAM e giunta alla 14 edizione, sottoposti ad elaborazione statistica da parte di Massimiliano Magli dell’Ibimet – CNR di Bologna, hanno evidenziato un contenuto in acido oleico significativamente superiore in alcune varietà come Coratina e Itrana, inferiore in altre come Biancolilla, Mignola e Tonda Iblea, pur mantenendosi tutte sopra una soglia media del 71%, un contenuto in polifenoli significativamente superiore in alcune varietà come Coratina e Bianchera, inferiore in altre come Itrana, Biancolilla, Nocellara del Belice, Tonda Iblea, ma sempre al di sopra di una soglia media di 300 mg/kg (metodo colorimetrico, taratura in acido gallico), ritenuta di impatto salutistico importante. Dal punto di vista sensoriale la Tonda Iblea presenta una intensità di fruttato significativamente più alta delle altre prese in esame, mentre la Coratina intensità più elevate di amaro e piccante, legate ad un più elevato contenuto in polifenoli. La mandorla il sentore più evidente nella Casaliva ma anche nel Frantoio, Raggia e varietà geneticamente simili; il pomodoro e l’erbaceo fresco in Tonda Iblea ma anche in altre varietà a frutto grande (Ascolana Tenera, Nocellara del Belice, Itrana, Ravece…), carciofo in Bosana e le sue “sorelle” Peranzana e Coroncina, i frutti di bosco in Mignola e le due salentine Cellina di Nardò e Ogliarola salentina.
Tanti e diversi gli oli monovarietali italiani, ognuno con le sue peculiarità, che grazie alle diverse edizioni della Rassegna riusciamo sempre meglio a conoscere, anche attraverso l’implementazione della banca dati (www.olimonovarietali.it). Agli olivicoltori e frantoiani l’arduo compito di estrinsecare le potenzialità qualitative e di tipicità, attraverso l’ottimizzazione di tutti i parametri in campo agronomico e sempre più anche in campo tecnologico, esaltando o attenuando certe caratteristiche in funzione delle esigenze di consumatori e chef, e delle strategie di marketing.

Claudio Cantini ha descritto il lavoro di caratterizzazione del germplasma olivicolo della Toscana. “Attraverso gli anni - ha spiegato - si è passati dalla verifica della biodiversità presente nei campi alla collezione delle piante raccolte in unica piantagione localizzata presso l’azienda sperimentale Santa Paolina di Follonica e da una identificazione e descrizione delle varietà basata sui dati morfologici a quella molto più approfondita e risolutiva centrata sull’analisi del DNA. Al momento le cultivar iscritte nei repertori regionali sono 80 anche se altri genotipi di volta in volta vengono messi sotto osservazione, analizzati e, all'occorrenza, aggiunti agli elenchi. Ultimamente ad esempio è stata iscritta una varietà con il nome Bianca di Gorgona, recuperata all’interno della colonia penale sull’omonima isola, perla verde dell’arcipelago toscano”. Per quanto riguarda gli oli monovarietali toscani, Cantini ha messo a fuoco alcuni punti fondamentali per un nuovo sfruttamento delle varietà locali da parte delle imprese agricole: “la narrazione legata alle peculiarità del nome o della localizzazione di origine della piante e poi, molto più importante, lo sfruttamento delle conoscenze legate alle componenti chimiche. Gli oli monovarietali dell’intera collezione possono essere raggruppati in funzione del rapporto tra acidi grassi saturi ed insaturi oppure in relazione al carico fenolico complessivo. Entrambi questi indici, ben quantificabili, manifestano notevole variazione nell’ambito del germoplasma locale ed è possibile individuare alcune varietà particolarmente dotate e da suggerire per i nuovi impianti. La valutazione organolettica infine ha mostrato che gli attributi riscontrabili negli oli monovarietali toscani sono quelli tipicamente utilizzati per la caratterizzazione degli oli partecipanti alla Rassegna dei monovarietali, predominano infatti mandorla, carciofo e pomodoro con la comparsa in alcuni casi dei frutti rossi e bianchi”. La chiusura, leggermente polemica, dell’intervento ha centrato l’attenzione sulla lentezza del sistema olivicolo a cogliere le opportunità date dalla produzione di oli monovarietali da genotipi poco e per nulla diffusi. “Esistono enormi potenzialità nella biodiversità olivicola - ha sottolineato Cantini - rimane compito degli imprenditori agricoli crederci, investire e puntare su innovazione e marketing di qualità”.

Una biodiversità…da toccare con mano!! Agli interventi tecnici hanno fatto seguito prove pratiche di assaggio, per il consueto addestramento dei numerosi assaggiatori professionisti presenti, sui profumi e sapori degli oli monovarietali. Abbiamo proposto in assaggio alcuni dei campioni che hanno superato brillantemente il test di verifica dello stato di conservazione a quasi un anno dalla produzione, effettuato il giorno precedente dal Panel dell’Aipol di Brescia, da me coordinato per l’occasione, grazie alla collaudata collaborazione tra ASSAM e Aipol che da anni mettono in campo sinergie per l’evento di fine estate volto a valorizzare gli oli monovarietali italiani. Dei 32 campioni pervenuti (tutti oli ammessi alla 14° Rassegna Nazionale degli oli monovarietali) un circa 50% ha mantenuto i caratteri di freschezza e le peculiarità sensoriali legate alla varietà e all’ambiente di coltivazione; gli altri hanno invece evidenziato fenomeni di stanchezza, in alcuni casi cenni di ossidazione e fermentazione. In generale si è notata una attenuazione nelle intensità degli attributi fruttato, amaro e piccante, e sfumature meno verdi e fresche di sentori varietali, in particolare il pomodoro; il contenuto in sostanze fenoliche, la presenza o assenza di filtrazione, il livello qualitativo di partenza di sicuro hanno giocato un ruolo fondamentale sulla shelf life, soprattutto in una estate come questa, caratterizzata da temperature molto elevate.
E dopo Leccino, Itrana, Casaliva, Raggiola, Ravece, Coratina, in chiusura del seminario un sorprendente fuori programma….due monovarietali spagnoli di Picual e Royal che hanno ottenuto la gran menzione al Concorso internazionale Leone d’Oro dei Mastri Oleari, gentilmente concessi dalla organizzazione dello stesso. Profumi nuovi, ribes rosso, banana verde, erbe aromatiche (timo, origano, rosmarino), mela, cenni balsamici...…hanno scatenato la fantasia dei numerosi assaggiatori…ed è stato bello vedere con quanto entusiasmo, oltre che professionalità, ci si appresta al tanto atteso momento dell’assaggio. E dietro i classici erba, mandorla, carciofo, pomodoro, che generalmente vanno in mediana nei Panel test, si apre un mondo di sfumature, che stimolano il confronto e tante interessanti riflessioni.

di Barbara Alfei

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