L'arca olearia 28/07/2017

Olio di oliva italiano ancora in cisterna, dov'è il valore aggiunto del nostro prodotto?

Olio di oliva italiano ancora in cisterna, dov'è il valore aggiunto del nostro prodotto?

Occorre una seria campagna di controllo e verifica sull’extra vergine classificato “italiano”, al fine di tutelare e salvaguardare gli interessi di centinaia di migliaia di nostri produttori e l'immagine del vero olio italiano


Premesso che la corrente annata olivicola risentirà della persistente siccità in atto con la sicura riduzione della produzione, trovo paradossale venire a conoscenza che quasi alla fine del mese di Luglio ci sono ancora produttori di olio extravergine singoli e associati, che inspiegabilmente hanno ancora giacenze di olio invenduto in deposito, nonostante la non eccezionale produzione di olio italiano della scorsa annata agraria, tenuto conto che il fabbisogno legato al consumo nazionale di olio è il doppio di quanto produciamo e che a questo vanno aggiunte anche le quantità esportate all’estero come “Italiano”. Una vera anomalia aggravata dalla circostanza che ci sarebbero richieste di acquisto da parte di alcuni imbottigliatori al disotto dei prezzi stabiliti ufficialmente dalla borsa merci della Camera di Commercio di Bari, innescando, di fatto, un negativo meccanismo dirompente sull’andamento dei prezzi di mercato, oltre che lesivo degli interessi dei produttori oleari.

Conseguentemente sorge spontanea la domanda: ma se la produzione di olio italiano è stata inferiore alla media mentre il fabbisogno nazionale legato al consumo di olio degli italiani è notevolmente superiore, a questo punto corre l’obbligo domandarsi che olio contengono le bottiglie confezionate e commercializzate come olio italiano?

A tal proposito ci domandiamo quali attività di controllo vengono espletate dagli organi preposti per verificare la natura e la qualità di oli commercializzati come “olio italiano”?

E’ mai possibile che la borsa merci della Camera di Commercio di Bari abbia stabilito un prezzo per l’olio extravergine con acidità inferiore allo 0,4% oscillante tra un minimo di 6 euro ed un massimo di 6,20 euro mentre risulterebbe che avvengano contrattazioni per l’acquisto di olio extravergine anche al disotto di 5 euro il chilogrammo?

Questi interrogativi meritano un approfondimento ed una risposta, al fine di salvaguardare non solo l’ufficialità stabilita dalla contrattazione della borsa merci, ma soprattutto gli interessi dei produttori e quello legato alla salvaguardia della qualità dell’olio confezionato e commercializzato come “italiano” non solo sul mercato nazionale ma anche ed in modo particolare, su quello estero, per garantire non solo l’offerta qualitativa e l’originalità dello stesso, ma anche per tutelare gli stessi consumatori.

L’invito che rivolgiamo al nostro Governo e alla nostra Regione è di promuovere una seria campagna di controllo e verifica sull’olio confezionato classificato “italiano”, al fine di tutelare e salvaguardare non solo gli interessi delle centinaia di migliaia di nostri produttori ed in particolare pugliesi, ma anche l’immagine e la credibilità dal punto di vista qualitativo del nostro “vero” olio italiano, quello che onesti produttori oleari propongono nelle fiere e nei mercati, evidenziando e promuovendo la loro identità territoriale e la loro originalità qualitativa.

Non è più accettabile che i nostri produttori olivicoli siano costretti a subire comportamenti scorretti nel campo commerciale, che finiscono per svilire e penalizzare il proprio lavoro ed il proprio reddito, unito ai tanti sacrifici che auspico vengano riconosciuti con l’avvio della IGP “Olio di Puglia”.

di Benedetto Miscioscia