L'arca olearia 20/05/2016

Data di scadenza sull'etichetta dell'olio extra vergine d'oliva: si cambia

Data di scadenza sull'etichetta dell'olio extra vergine d'oliva: si cambia

Il Senato ha approvato la legge europea 2015-2016 con importanti modifiche alla normativa sulla data di scadenza dell'olio extra vergine di oliva. Modificata anche la norma della legge Salva Olio sull'indicaizone dell'origine delle miscele. Ora la parola passa alla Camera


Il Senato, il 10 maggio scorso, ha approvato la legge europea 2015-2016.

Ora il provvedimento andrà alla Camera e non è escluso che il governo possa porre la fiducia affinchè la nuove legge possa vedere la luce.

Dopo un tira e molla durato settimane sulla data di scadenza dell'olio extra vergine d'oliva, previsto dalla Salva Olio (Legge 9/2013) in un massimo di 18 mesi dalla data di imbottigliamento, è stata trovata una formula che dovrebbe servire ad accontentare i fautori della qualità dell'olio extra vergine di oliva italiano e quelli che invece vorrebbero accontentare Bruxelles, evitando che le procedure di EU Pilot aperte di trasformino in procedure di infrazione.

Ad averci messo la faccia, è stato il viceministro dell'agricoltura Andrea Olivero che aveva promesso che sarebbero state tenute in conto le esigenze di tutela della qualità italiana, attraverso un emendamento che avrebbe avuto il via libera del governo.

Gli emendamenti, presentati, accantonati, modificati e ripresentati, sono stati diversi e alla fine il Senato ha approvato il seguente testo: "b) all’articolo 7, il comma 1 è sostituito
dal seguente: «1. Il termine minimo di conservazione entro il quale gli oli di oliva vergini mantengono le loro proprietà specifiche in adeguate condizioni di conservazione va indicato con la dicitura: "da consumarsi preferibilmente entro il" quando la data comporta l’indicazione del giorno, oppure: "da consumarsi preferibilmente entro fine" negli altri
casi»;
c) all’articolo 7, comma 3, le parole: «La violazione del divieto di cui ai commi 1 e 2» sono sostituite dalle seguenti: «Il termine minimo di conservazione, di cui al comma 1, è indicato da parte del produttore o del confezionatore sotto la propria responsabilità. La relativa dicitura va preceduta dall’indicazione della campagna di raccolta, qualora il 100 per cento degli oli provenga da tale raccolta. La previsione dell’indicazione della campagna di raccolta non si applica agli oli di oliva vergini prodotti ovvero commercializzati in un altro Stato membro dell’Unione europea o in Turchia né ai prodotti fabbricati in uno Stato membro dell’Associazione europea di libero scambio (EFTA), aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo (SEE). La violazione delle disposizioni di cui al comma 1 è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2.000 a euro 8.000 e la confisca del prodotto. La violazione del divieto di cui al comma 2».

Cerchiamo quindi di comprendere meglio il senso del provvedimento.

La data di scadenza diventa libera, ovvero è posta sotto la responsabilità del produttore che può indicare anche un termine superiore ai 18 mesi precedetemente fissati.

Alla data di scadenza, però, va affiancato, obbligatoriamente, l'anno di produzione, ovvero la campagna di raccolta, nel caso si tratti di un olio extra vergine di oliva italiano e nel caso l'olio commercializzato provenga interamente e integralmente da un'unica campagna olearia.

L'affiancamento della campagna di produzione con la data di scadenza non è obbligatorio per le miscele di oli comunitari o comunitari ed extracomunitari.

E' evidente, quindi, che il provvedimento riguarda, quasi esclusivamente, olivicoltori e frantoiani che commercializzano quanto prodotto nell'annata, senza eseguire miscele di diverse campagne olearie.

Di fatto il provvedimento normativo che, lo ricordiamo, deve passare alla Camera, fornisce un ulteriore elemento conoscitivo al consumatore. La presenza dell'annata di produzione o campagna olearia, è garanzia che l'olio che stanno consumando proviene solo da olive spremute quell'anno, escludendo quindi olio vecchio. Inoltre non applicandosi l'obbligatorietà alle miscele di oli comunitari, l'anno di produzione sarà probabilmente molto più legato al mondo della produzione che non a quello dell'imbottigliamento e dell'industria olearia.

La legge europea ha inoltre uniformato il tema dell'indicazione dell'origine in etichetta con il regolamento comunitario 1169/2011, stabilendo che: "a) all’articolo 1, il comma 4 è sostituito dal seguente:
«4. L’indicazione dell’origine delle miscele di oli di oliva originari di più di uno Stato membro dell’Unione europea o di un Paese terzo, conforme all’articolo 4, paragrafo 2, lettera b), del regolamento (UE) di esecuzione n. 29/2012 della Commissione, del 13 gennaio 2012, deve essere stampata, ai sensi dei commi 2 e 3 del presente articolo, in un punto evidente in modo da essere visibile, chiaramente leggibile e indelebile. Essa non deve essere in nessun modo nascosta, oscurata, limitata o separata da altre indicazioni scritte o grafiche o da
altri elementi suscettibili di interferire»

 

di T N

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Commenti 9

Emanuele Aymerich
Emanuele Aymerich
15 ottobre 2016 ore 09:41

Dott. Grimelli, il COI può stabilire quello che vuole ma evidentemente non è preso in considerazione dal nostro ministero: noi frantoiani/confezionatori dobbiamo interagire con l'Ufficio Repressione Frodi che analizza i nostri dati sui registri SIAN, e il SIAN ha stabilito che il cambio di annata è il 30 giugno e il 30 giugno ce la chiudono d'ufficio, volenti o nolenti, COI o non COI. Riterrei quindi doveroso da parte del Ministero una circolare dirimente in materia, onde evitare centinaia di ricorsi fatti appellandosi al COI.

giampaolo sodano
giampaolo sodano
29 maggio 2016 ore 23:31

sono daccordo con aymerich. la tutela del consumatore richiede cose semplici e chiare. l'esatto contrario di queste norme. ogni anno di cambia qualcosa nell'etichetta dell'olio dalle olive, possibile che a nessuno venga in testa di scrivere qualcosa di vero sulle confezioni in plastica dell'olio estratto dai semi con il solvente esano?

Alberto Grimelli
Alberto Grimelli
25 maggio 2016 ore 08:33

Il regolamento comunitario 1335/2013 parla espressamente di "campagna di raccolta", anche definita come campagna olearia o campagna olivicola che comincia, secondo gli standard Coi, dal 1 ottobre e finisce il 31 maggio. In etichetta quindi andrà sempre indicata l'annata olearia, intesa come campagna olearia con l'espressione dei due anni di calendario di riferimento (es 2015/16)

ferdinando de marte
ferdinando de marte
25 maggio 2016 ore 08:14

Seplice, basta una modifica, invece di anno di produzione 2016, si scriverà campagna di produzione 2016/2017

Emanuele Aymerich
Emanuele Aymerich
24 maggio 2016 ore 21:51

Sicuramente vale la data di chiusura annuale del SIAN che dovrebbe essere al 30 giugno.

Elia Pellegrino
Elia Pellegrino
24 maggio 2016 ore 17:37

cosa succede nel caso le campagne olearie sono a cavallo di due anni? esempio del nord barese dove anche sulla dop Terra di Bari per disciplinare, indichiamo campagna olearia 15/16 essendo iniziata a novembre e finita a febbraio

lamberto cano
lamberto cano
23 maggio 2016 ore 12:10

quindi ancora cambio etticchette.......e quelle vecchie chi me le paga?????

ferdinando de marte
ferdinando de marte
22 maggio 2016 ore 12:27

Secondo me è una buona legge, in quando la obbligatotietà dell'anno di produzione indicato in ettichetta, tutela l'olio italiano e il consumatore sa di consumare un prodotto fresco....

Emanuele Aymerich
Emanuele Aymerich
21 maggio 2016 ore 13:06

a occhio e croce mi sembra un gran pasticcio, ecco cosa succederà: si etichetterà con l'anno di campagna l'olio nuovo, ma poco per volta perché se rimangono bottiglie piene a ottobre toccherà buttarle o svenderle, (ma senza anno su quello che esporto che quindi non sarà possibile tenerne imbottigliato se non per modiche quantità in quanto se non lo vendi all'estero poi non puoi più rivenderlo in Italia), e l'olio dell'anno prima si dovrà necessariamente miscelarlo con del nuovo per non essere obbligati a mettere l'anno della campagna se no non se lo compra più nessuno anche se è ancora più che buono magari dopo solo 9 o 10 mesi dalla produzione per certe cultivar, quindi semplicemente mancherà l'informazione in etichetta, come adesso. In tutto ciò il resto d'europa se la ride dell'ufficio complicazione cose semplici italiano. Secondo me come al solito abbiamo fatto la solita legge autolesionista.