L'arca olearia 26/02/2016

L'olio di oliva product of Italy è una frode? La pensa così il 99% dei consumatori internazionali

L'olio di oliva product of Italy è una frode? La pensa così il 99% dei consumatori internazionali

La cultura dell'olio extra vergine di oliva, a livello internazionale, si sta formando con luoghi comuni. Necessaria un'operazione educativa per far leggere l'etichetta e far capire che di oli non ce n'è uno ma tanti, diversi per territori e varietà


L'olio extra vergine di oliva non è più un illustre sconosciuto. Una media dell’86% dei consumatori conosce o ha sentito parlare dell’olio extra vergine d’oliva e il 72% dei consumatori sa che l’Italia è un paese produttore di olio extra vergine d’oliva.

Il dato emerge da Extract, il primo rapporto mondiale sulla percezione tra olio extra vergine di oliva italiano e consumatore globale affidato da Unaprol – consorzio olivicolo italiano all’Istituto di ricerca Ixè e realizzato durante Expo Milano 2015.

In particolare l’Italia detiene la maglia rosa per quanto concerne la classifica di notorietà tra Paesi produttori seguita da Spagna, Grecia e Portogallo. I più informati sono gli europei ma in Asia il 33% dei consumatori non sa ancora oggi quali siano i paesi che producono olio.

Il 37% dei consumatori a livello mondiale dichiara di utilizzare frequentemente l’olio extra vergine d’oliva italiano. Il restate 63% lo usa raramente o mai. I paesi dove si concentra una maggior percentuale di consumatori di olio extra vergine italiano sono l’Europa, in particolare Francia, Austria e Russia, USA, Centro e Sud America. In Asia la percentuale di consumatori di olio d’oliva è inferiore.

L'Italia ha insomma una leadership d'immagine. Una posizione con molti privilegi ma anche molti rischi.

Fin qui le buone notizie. Poi cominciano le cattive.

Il 54% dei consumatori nel mondo è convinto di acquistare un prodotto di origine italiana, quando un’etichetta riporta un nome o un marchio italiano. A rischio c’è la propensione dichiarata all’acquisto di olio italiano da parte del 79% dei consumatori europei, del 68% di quelli asiatici e dell’84% di quelli americani che pensano di acquistare, come italiano, un prodotto che non è fatto con olive italiane.

La metà dei consumatori internazionale, inoltre, non sa che la produzione italiana si differenzia in base al territorio di origine; tra le aree produttive più conosciute spicca quella dell’Italia Meridionale. In Europa e America sanno che in Italia si produce olio extra vergine di oliva al Nord, al Centro e al Sud e isole comprese, ma in Asia non sanno che si produce olio extra vergine anche nell’Italia settentrionale.

In generale il mercato risponde molto bene all’olio extra vergine di oliva italiano. Il 75% dei consumatori si dichiara propenso all’acquisto se si tratta di prodotto italiano e la maggioranza assoluta dichiara che al momento di acquistare un olio extra vergine d’oliva non bada al prezzo per avere la massima qualità.

L’olio extra vergine nel mondo è utilizzato soprattutto per condire, in primis verdure e poi carni e pesci. L’utilizzo per la cottura si ferma a poco più del 40% degli users di olio. Il 20% di coloro che acquistano olio extra vergine lo fa per usi estetici e curativi, una percentuale di poco inferiore lo usa come ingrediente per pani e dolci. In Asia viene utilizzato più che in altri Paesi a fini estetici, curativi e come ingrediente, ma meno per cucinare, friggere e come condimento. In Europa è la Francia a farne un uso più vario e più spiccato per fini estetici e curativi; in Gran Bretagna l’uso è più vario e più diffuso per preparare dolci, biscotti e pani; gli stessi comportamenti si registrano nei paesi dell’Est e in Olanda.

Quello che il rapporto mette in risalto è che Il 55% degli acquirenti di olio extra vergine d’oliva nel mondo, quando fa un acquisto legge l’etichetta. Il 38% la legge solo occasionalmente, il 7% non la legge mai. Il continente che meno degli altri bada all’etichetta è l’Asia, mentre in Giappone i consumatori sono più attenti. In Europa a leggere le etichette è mediamente il 60% dei consumatori, ma la pole position ce l’hanno gli americani.

di C. S.