L'arca olearia 09/07/2015

Quale contenitore per l'olio extra vergine d'oliva?

Quale contenitore per l'olio extra vergine d'oliva?

Pro e contro dei diversi contenitori per l'olio extra vergine d'oliva, con un taglio inusuale e inconsueto. Spesso l’eccezionale bottiglia a base quadrata diventa una sorta di “cenerentola” Vetro, plastica, metallo, bag in box: facciamo il punto 


Storicamente i produttori per commercializzare l’olio hanno sempre avuto la “strana” necessità di metterlo in una confezione che raccontasse il suo contenuto. I Greci utilizzavano le “SOS”, anfore dalla particolare forma unicamente impiegate per l’olio, con colori e segni sull'esterno che identificavano il luogo di origine e il produttore (inaugurando il concetto di “forma = funzione”, di “marchio” e di “denominazione di origine”).

I Romani realizzavano anfore più piccole e pratiche, introducendo il concetto di utente finale al quale doveva essere garantita l’origine del prodotto. Nel medioevo la terracotta veniva lentamente (per problemi di costo) sostituita dal metallo e dal vetro; nell'ottocento, con lo sviluppo dei trasporti sia via mare che via terra, la necessità di trovare una soluzione alla crescente richiesta di olio imponeva l’uso della damigiana di vetro impagliata, copiando il mondo del vino.

Con l’avvento del movimento moderno e delle nuove teorie sulla percezione, il mercato semplificava le forme degli oggetti rendendole uniche per le sue funzioni: la bottiglia di vetro a base quadrata per l’olio e quella a base tonda per il vino; quando si pranza anche un cieco – si diceva – può capire immediatamente la differenza senza dover dipendere dai commensali.

Oggi questa semplificazione è sparita: si utilizzano indistintamente lattine o bottiglie tonde da portare in tavola e la plastica, il materbi, i compostabili e il cartone stanno conquistando nuove fette di mercato. Oggi la semplicità delle lavorazioni industriali e l’abbondanza di plastica hanno decretato uno sviluppo dei contenitori che probabilmente solo venti anni fa non avremmo nemmeno preso in considerazione.

Il marketing spesso prescrive il vetro trasparente per oli poco pregiati affinché la vista del colore compensi questa mancanza e per gli oli pregiati (e quindi costosi) orienta le scelte verso pesantissimi contenitori simili a bocce di profumo o di superalcolici.

Una trasformazione che “stranamente” non ha interessato il vino (o l’ha interessato solo in piccola parte): entrando in una qualsiasi enoteca percepiamo un’unica forma delle bottiglie (tonda, con il collo stretto, tipo bordolese, magari con uno stemma in rilievo nel vetro) e fatta eccezione per qualche caso di drop in box, non ci sono differenze significative di contenitore tra bottiglie di diverse fasce di prezzo. Entrando in una oleoteca (in una fiera dedicata, in una degustazione) si osserva un tripudio di bottiglie, una diversa dall’altra: tanto che spesso l’eccezionale bottiglia a base quadrata diventa una sorta di “cenerentola”.

Questa trasformazione, il cui fine dovrebbe essere quello di attirare l’interesse del consumatore verso l’olio e la sua origine, in realtà mette al centro dell’attenzione il contenitore senza dare una chiara ed inequivocabile identificazione del suo contenuto.

E’ quindi opportuno che i produttori, nel costante processo innovativo, facciano un uso ragionato dei nuovi materiali e delle nuove forme che la tecnica moderna mette a disposizione.

Il PET: infrangibile, leggero, economico, forgiabile in qualsiasi forma, facile da stoccare, resistente. Sicuramente non è il più adatto, soprattutto se trasparente, per la conservazione dell’olio, ma nella maggior parte del mondo l'olio (spesso anche italiano) è venduto in bottiglie di plastica: il consumatore si stupisce di ciò e grida allo scandalo, ma poi trova normale acquistare acqua, latte o olio per friggere in bottiglie di plastica. La plastica, se adattata correttamente per l’olio (scura, robusta,…) e usata con intelligenza può sicuramente fornire contenitori per la diffusione dell’olio anche in ambiti difficili da gestire e da raggiungere.

Il vetro: bottiglie a base quadrata che nella parte alta diventano tonde: una sorta di quadratura del cerchio che fa perdere al tatto la percezione del prodotto contenuto; bottiglie tonde, quadrate ma con gli spigoli arrotondati, triangolari, a palla, trasparenti ma avvolte spesso in sacchetti di prezioso tessuto colorato... Sembra quasi che la classica bottiglia a base quadrata davvero non sia più degna di contenere olio. Questo induce il consumatore più attento a porsi una domanda: io decido i miei acquisti basandomi su quello che c’è fuori (bottiglia/marchio) oppure su quello che c’è dentro (il prodotto e cioè l’olio)? Le semplici bottiglie in vetro (anche trasparente) possono essere dipinte con vernici a polvere, che proteggono il contenuto e consentono una personalizzazione infinita, eliminando le etichette adesive che si possono scollare/staccare.

Il metallo: ognuno percepisce i prodotti in base alla sua esperienza: mi scuso se quando vedo alcuni tipi di bottiglie in alluminio mi viene in mente la bomboletta dell’insetticida, e mi allontano dal prodotto. Un materiale così versatile, plasmabile, robusto e universalmente riconosciuto come uno dei più validi deve essere utilizzato per “giocare” con le forme: piccoli contenitori, simili a lattine di vernice, con cui colorare le pietanze, possono essere un esempio ben riuscito.

Bag in box: ne esistono di diversi tipi, ma sostanzialmente sono sacche di materiale per alimenti dotate di un rubinetto, che possono essere comodamente appese o appoggiate su un ripiano; man mano che si svuotano si schiacciano e l’aria o altro olio di rabbocco non possono entrare. Hanno un costo non elevato, sono facilmente trasportabili e resistenti, ottimali per la conservazione dell’olio. Molte di queste sono realizzate in materiale completamente riciclabile e sono vendute all’interno di contenitori di cartone (da cui il nome: sacca nella scatola) che possono essere facilmente e piacevolmente personalizzati.

Bibliografia

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20 novembre 1996
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Commenti 1

fabio graziani
fabio graziani
06 agosto 2015 ore 15:15

Gentile Dott. Antonucci,
volevo farle una domanda: trovo che il "bag in a box", eliminando o comunque riducendo il contatto con l'ossigeno, sia una delle forme migliori di confezionamento; però mi sembra che questo pregio non sia sempre riconosciuto: cosa ne pensa? potrebbe evidenziarmi i pro e i contro di questa soluzione darmi il suo parere? grazie mille
Fabio Graziani