L'arca olearia 25/07/2014

Nel mondo dell'olio d'oliva, deboli con i forti e forti con i deboli? Mipaaf sveglia!

Il regolamento 1019/02 prima e poi il regolamento 29/2012 hanno disciplinato l'utilizzo delle caratteristiche organolettiche in etichetta. Possibile che nessuno al Ministero delle politiche agricole guardi la televisione? Nell'allegato XII del regolamento 2568/91 robusto, gentile e fragrante proprio non ci sono


C'è qualcosa che non torna nel mondo dell'olio d'oliva.

Non mi riferisco alla maxi operazione che ha portato al sequestro di 400 tonnellate di presunto extra vergine, con l'arresto di 16 persone. Ben vengano simili indagini e attività ispettive. Ne sono contento, il settore si ripulisce, a vantaggio di tutti: olivicoltori, industriali, frantoiani e commercianti.

Voglio andare però controcorrente e segnalare quanto non è stato fatto.

In televisione, da qualche tempo, compare uno spot. Personalmente non mi entusiasma ma questo conta ben poco. Il messaggio e il target da colpire sono fin troppo chiari. E se arriverà a segno, i pubblicitari avranno svolto egregiamente il loro lavoro.

La pubblicità rieccheggia immediatamente, per stile e regia, le Charlie's Angels. I più giovani certamente non ricorderanno questa nota serie televisiva, ma i quaranta-cinquantenni se la ricordano molto bene. Ecco allora definito il target. Quei quaranta-cinquantenni che, per ragioni di dieta e altro, tengono a freno il consumo di grassi, quindi anche di olio extra vergine d'oliva. Ho diversi amici che preferiscono consumare senza olio e che criminalizzano pure il soffritto. Si tratta, evidentemente, di pecorelle smarrite che vanno riportate all'ovile.

Andiamo oltre: il messaggio. Tre sorelle ma la stessa persona. Ovvero lo stesso olio extra vergine d'oliva ma con tre personalità diverse: fragrante, robusto e gentile. Ciascuna di queste personalità si abbina a un particolare piatto. E' chiaro che le tre personalità evocano, in maniera alquanto esplicita, caratteristiche sensoriali dei tre oli. E qui casca l'asino!

Il regolamento 1019/02 prima e poi il regolamento 29/2012 hanno disciplinato, in maniera discutibile, l'utilizzo delle caratteristiche organolettiche in etichetta.

A beneficio di tutti i lettori riporto integralmente l'articolo 5 comma C del regolamento di esecuzione 29/2012: “le indicazioni delle caratteristiche organolettiche relative al gusto e/o all’odore possono figurare unicamente per gli oli di oliva extra vergini o vergini; i termini di cui all’allegato XII, punto 3.3, del regolamento (CEE) n. 2568/91 possono figurare sull’etichetta unicamente se sono fondati sui risultati di una valutazione effettuata secondo il metodo previsto all’allegato XII del regolamento (CEE) n. 2568/91”.

Come viene interpretato questo articolo del regolamento dal Ministero delle politiche agricole, deputato a eseguire i controlli?

Abbiamo scovato una lettera proprio del Dipartimento delle politiche europee e internazionali – Direzione generale delle politiche comunitarie e internazionali di mercato del Mipaaf (prot. 2093 del 2 aprile 2012). Tempi non sospetti, dunque. Ne riportiamo un estratto: “l'uso delle indicazioni inerenti al gusto, all'odore e al colore riportate in etichetta dell'olio extra vergine di oliva deve essere riservato agli oli che sono stati valutati secondo il pertinente metodo di analisi del Coi; ciò significa che le indicazioni di cui trattasi, relative alle caratteristiche organolettiche, devono essere limitate a quelle contemplate nell'allegato XII del regolamento 2568/91 della Commissione.

Fragrante, robusto e gentile non sono termini ricompresi nell'allegato XII del regolamento comunitario 2568/91.

La pubblicità in questione continua a essere trasmessa sui canali televisivi nell'indifferenza generale.

Nello stesso periodo, però, fioccano le multe a olivicoltori e frantoiani per errori nelle annotazioni sui registri Sian o per altre irregolarità di natura amministrativa.

Un vecchio adagio dice: “chi sbaglia paga e i cocci sono suoi”. Giusto punire i trasgressori, chiunque essi siano, ma non vorremmo che a pagare, però, siano sempre i soliti: i piccoli imprenditori.

Anche solo dare l'impressione che il Ministero delle politiche agricole sia debole con i forti e forte con i deboli porterebbe ad invelenire il clima di guerriglia già in essere tra gli operatori della filiera. Ci auguriamo, invece, che il Mipaaf lavori nel segno della pacificazione.

di Alberto Grimelli

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Commenti 18

Giuliano Lodola
Giuliano Lodola
09 dicembre 2014 ore 08:55

extra vergine d'oliva ma con tre personalità diverse: fragrante, robusto e gentile. Ciascuna di queste personalità si abbina a un particolare piatto.
Fragrante, robusto e gentile non sono termini ricompresi nell'allegato XII del regolamento comunitario 2568/91.
******
Credo queste caratteristiche riportate sull'etichetta e non in regola con la vigente legge, siano state scritte e studiate dall'agenzia pubblicitaria a cui è stata commissionata la pubblicità dell'olio ,e stessa cosa per la tipografia che ha stampato e chi ha studiato l'etichetta, questi neppure sapevano le leggi sull'olio, in quel momento hanno fatto l'etichetta dell'olio usando parole invitanti e il giorno dopo hanno pubblicizzato magari il formaggio e un'auto, non conoscono le leggi specifiche ma soltanto il mezzo pubblicitario che fa vendere.

Vincenzo Nisio
Vincenzo Nisio
30 luglio 2014 ore 09:11

Evidentemente la migliore soluzione per risolvere un problema è non affrontarlo, mi riferisco al sig. Sergio che preferisce non fare impresa.

Sono d'accordo invece con il pensiero del dr. Grimelli e mi sembra così strano che nessuno dei partecipanti si schieri dalla parte del piccolo produttore. Mah! Addirittura alcuni giornalisti del settore elogiano il nuovo spot senza rendersi neppure conto di tale mancanza.

Aggiungerei, dr. Grimelli, che non solo nel mondo dell'olio ma un po' dappertutto funziona così: forti con i deboli e deboli con i forti. Giustamente non è una questione legata alla dicitura "fragrante" o quant'altro, ma al fatto che se esiste una legge va rispettata. Da tutti. Punto e basta. Non è così? Io lo so quanti verbali volano fra frantoiani e piccoli produttori per piccole e insignificanti mancanze legale alla burocrazia, gente che fa la vera olivicoltura, che dovrebbe essere "baciata in fronte" per quello che fa in termini di tutela dell'ambiente e salvaguardia del territorio (italiano). Non aggiungo altro, il direttore Grimelli ha già detto troppo.

Sergio Enrietta
Sergio Enrietta
28 luglio 2014 ore 20:13

La finirei con un detto francese: "La messa è detta".
Ringrazio vivamente tutti quelli che mi hanno permesso di esporre il mio punto di vista, senza distinzioni tra eventuali favorevoli o contrari.

Oggi sono stato in oliveto a verificare l'entusiasmante evoluzione dell'ingrossamento delle olive che prosegue anche con tempo fresco umido.
Sono un po' preoccupato per quelle poche mosche (Dacus Oleae) che avevano magari deciso di abbandonare il piano per passare l'estate in Roceja da me, non vorrei che con tutta questa pioggia finiscano affogate, eh,eh,eh.
Cordiali saluti montani a tutti.
Sergio
PS Oggi mi fischiano le orecchie, finita la miscela del decespugliatore ho posato il casco in terra per fare il pieno, quindi ho rimesso su e ....
nelle cuffie si erano intrufolate parecchie formiche rosse, me ne sono accorto dopo meno di un minuto, troppo tardi, non mi era ancora successo.

Alberto Grimelli
Alberto Grimelli
28 luglio 2014 ore 10:46

Buongiorno Sig. Enrietta,
il 90% e più dell'olio venduto nel mondo è quello che lei definisce “olio morto” (io preferisco olio industriale, standard o commerciale). Ovvio che la legislazione debba occuparsi di quest'olio per la tutela del consumatore. E' la stragrande maggioranza. Per costruire le regole si deve necessariamente partire da lì. Vero è che l'altro olio, quello “vivo” (io preferisco artigianale), ha altre qualità, intrinseche e percepite, e forse meriterebbe una legislazione a sé stante.

Prodotti diversi e leggi diverse.
Così non è e forse non sarà mai, per molte ragioni, tra cui equilibri e interessi internazionali. Quindi l'olio artigianale, da un punto di vista di regole, continuerà a vedersi tarpate le ali da quello commerciale.
Stante le condizioni date, c'è la possibilità per l'olio artigianale di distinguersi?
La storia di molti alimenti, tra cui il vino, dimostra di sì, indipendentemente da leggi più o meno stringenti. Non è che la burocrazia, nel settore vitivinicolo, sia inesistente. Anzi. Ma i piccoli produttori sono riusciti ad affrancarsi dai grandi produttori ed a ritagliarsi un proprio mercato. Eppure, tanto il nettare di bacco in brick quanto quello nella bottiglia per collezionisti, si chiamano “vino”. Tutte e due i prodotti sono assoggettati alla medesima norma sull'etichettatura.
E' dunque davvero l'etichetta il problema?

Non condivido la sua affermazione che gli assaggiatori e i panel siano una categoria che vive sulle spalle del produttore. Ogni produttore può rivolgersi e far assaggiare il suo olio da un panel come no. Quindi può spendere per l'analisi organolettica come no. Sono pochi i casi in cui l'esame organolettico è obbligatorio prima della commercializzazione. E' il caso di Dop/Igp, quindi all'interno di un sistema di certificazione facoltativo.
Che poi il panel test sia “ridicolo” poiché l'olio cambia nel tempo è affermazione un po' superficiale. Vista la sua lunga esperienza nel settore dovrebbe sapere che la validità del certificato d'analisi, anche sensoriale, è limitato a qualche settimana, a partire da un minimo di 45 giorni. Qualunque analisi, compresa quella chimica, fotografa il prodotto in un dato momento, in maniera puntuale.
Ecco la ragione per cui il produttore può essere sanzionato anche se, al momento dell'imbottigliamento, l'olio rispettava tutte le caratteristiche dichiarate (certificati alla mano), organolettiche incluse, ma da un successivo controllo, qualche parametro o caratteristica organolettica non rispettasse più quanto dichiarato in etichetta. Con il termine minimo di conservazione il produttore dichiara che l'olio manterrà tutte le caratteristiche promesse in etichetta fino alla fine. L'etichetta è un contratto con il consumatore e, come ogni contratto, va onorato fino al termine.

Diverso ovviamente il caso del regalo tra privati. Io posso anche intagliare un giocattolo di legno per il bambino di un amico senza essere soggetto alle verifiche di sicurezza del marchio CE, per esempio.
Vi è quindi una differenza sostanziale tra hobby e impresa, che necessita anche di un cambio di mentalità quando si compie il passo.
La vera sfida per l'olivicoltura italiana è come mantenere in vita le migliaia di olivicoltori hobbisti, che preservano il territorio, senza che facciano concorrenza sleale, attraverso un regime normativo eccessivamente semplificato, alle imprese.
Una nota finale: non è obbligatorio, per il piccolo hobbista, imbottigliare l'olio col suo nome. In questo caso, tutte le complicazioni sopra citate, si annullano.

Cordiali saluti

Alberto Grimelli

Sergio Enrietta
Sergio Enrietta
27 luglio 2014 ore 22:47

Ho letto con interesse lo sviluppo della discussione.
Io sono un pratico, ho passato la vita sul filo dei secondi, e dei millimetri o centesimi di millimetro di tolleranza il tutto sempre in funzione di risultati pratici verificabili e se piaciuti comprati.
Non sono certo di aver sempre soddisfatto tutti però ho sempre cercato di farlo.

In questi ultimi anni per passione ho messo a dimora un oliveto sperimentale alpino con oltre 600 piante di quasi (scrivo quasi, perchè quelle che credevo essere le varietà indicate nell'ordine e ricevute con etichetta, man mano che la sperimentazione prosegue mi accorgo che ci sono molti errori circa le etichette) 60 varietà diverse.

Man mano che vado a regime con la produzione mista o monovarietale col mio frantoino, mi accorgo della incredibile possibilità di gusti possibili e della variabilità degli stessi nel corso di qualche mese, quindi di converso trovo ridicoli panel test, assaggiatori certificati, e leggi allegate che altro fine non hanno che mantenere in vita una ennesima delle tante categorie che cercano di campare a spese del produttore.
Che valore ha un test su di un olio fatto a Dicembre, se a Marzo è già molto diverso e ancora di più a Luglio?
Capisco la sorpresa di molti, se io non avessi passato ormai anni, con svariati campioni a fare colazioni e assaggi comparativi, solo leggendo e ascoltando qua e la, penserei come molti che:
Riunita la commissione di esperti, fatti gli assaggi dato il giudizio questo sia divino, non è cosi, chiunque voglia provare (parlo solo ed esclusivamente di oli franti in continuo a due fasi, non filtrati che sono il mio campo di conoscenza) prenda due bottiglie di uguale contenuto di olio certo, con le caratteristiche in parentesi, ne apra una e assaggi, prosegua per due mesi nell'utilizzo in modo da averne alla fine ancora mezza bottiglia, poi apra la seconda e faccia l'assaggio comparato e vedrà se ciò che dico è infondato, non parliamo poi se i tempi si allungano.

Il grandissimo tesoro dell'olio di oliva stà proprio nella sua variabilità, nei suoi pregi che con un piccolo errore possono essere compromessi, chi può quindi, ragionevolmente controllare ogni bottiglia?
Lo si può col prodotto massificato e clinicamente morto, però l'olio vero è vivo per fortuna.

Per farla breve, potrei a breve aprire un'aziendina per prodotti agricoli tra i quali anche l'olio, se fossi matto.
Non lo farò, regalo a parenti e amici l'eventuale sovrappiù, sulla bottiglia scrivo chiaramente: "olio non commerciabile, non controllato da alcun ente di stato, quindi di sconsigliabile utilizzo, chi lo fa a suo rischio e pericolo, ha come sola garanzia quella del produttore vale a dire il sottoscritto"

Se questa simil etichetta mi fosse permessa ufficialmente con la aggiunta: "Le sanzione civili o penali che dovessero essere comminate per causa di adulterazioni di questo prodotto da parte del produttore, proprio perché refrattario ai controlli di legge saranno di misura doppia".
Vogliamo scommettere che piazzerei i miei prodotti nei cinque continenti a prezzi sorprendenti?

Come la penso io, sono certo, moltissimi potenziali produttori, e la moltitudine di oliveti abbandonati me lo conferma, piuttosto di sottoporsi alle forche caudine dei burocrati di stato che altro non aspettano che qualcuno faccia qualcosa per prenderne parte ai benefici con le scuse più assurde tipiche del pensiero italico, moltissimi, dicevo, pur a malincuore desistono dal produrre, e vivono da consumatori "tutelati" e l'italietta va in malora.

Alberto Grimelli
Alberto Grimelli
27 luglio 2014 ore 18:07

Buonasera Sig. Tega,
riporto un passaggio di un mio commento precedente: “E' stata scelta la via della burocratizzazione, che non condivido, ovvero dell'applicazione del panel test che non è stato “progettato” per un giudizio differenziale ma semplicemente per attribuire una categoria commerciale. Questo, a mio giudizio, l'errore di fondo della norma.”
Come vede non sono a favore dell'uso del panel test per la certificazione delle caratteristiche organolettiche. Il panel test, a mio giudizio, è valido ed efficace solo nel caso di analisi vero/falso (presenza del difetto o meno), quindi per l'attribuzione della categoria commerciale.
L'esempio da lei prospettato, ma si potrebbe dire lo stesso nel caso del naturale decadimento nel tempo delle caratteristiche organolettiche, chiarisce bene i limiti di una norma molto stringente e altrettanto complessa. Ovvero tale regolamento è un divieto, di fatto, all'utilizzo delle caratteristiche organolettiche in etichetta.
Nella logica di non buttare via il bambino con l'acqua sporca, va riconosciuto che la limitazione dell'uso di qualsiasi indicazione di tipo sensoriale permetta di evitare che il consumatore venga ingannato da definizioni tendenziose e fantasiose (oltre a gentile allora perchè non anche gustoso o profumato o “di carattere”?). Tale fastidiosa limitazione alla libertà imprenditoriale, ovvero indicare ciò che si vuole in etichetta, è quindi giustificata dal bene superiore di impedire potenziali truffe. Tali truffe non andrebbero solo a danno del consumatore ma anche di imprese concorrenti che si troverebbero a competere in un mercato falsato.
Giusto per non sembrare un appassionato difensore della burocrazia fine a sé stessa, le dirò che invece sarei favorevole all'estensione dell'autocertificazione in tutti quei casi che permettono una verifica ex post di quanto dichiarato attraverso il controllo di parametri certi, chiari e ben definibili.
Cordiali saluti

Alberto Grimelli

Luigi Tega
Luigi Tega
27 luglio 2014 ore 17:00

Sig. Grimelli,
comprendo cosa vuol dire, e probabilmente ha ragione, ma estremizziamo un attimo e le prospetto questa situazione: accade sovente che lo stesso olio venga giudicato diversamente da due panel
( succede spesso negli oli che sono al limite tra il medio e l'intenso o tra il medio e il leggero), e un panel lo definisce fruttato medio, l'altro fruttato leggero.

Inoltre un panel potrebbe sentire note di erba falciata ed un altro note di frutta bianca. ( ovviamente potrei utilizzare 10 panel diversi e sicuramente verrebbero fuori ancora descrizioni diverse).
Quindi io potrei etichettare lo stesso identico olio con due etichette diverse : Fruttato medio con note di erba falciata - Fruttato leggero cono note di frutta bianca.
Dal registro SIAN si vede però che entrambi gli oli vengono dallo stesso serbatoio, quindi non possono che essere identici.
A questo punto come si comporterà il controllore?
Non penso che l'imbottigliatore debba essere sanzionato visto che a supporto delle due etichette presenta i risultati dei due panel
Ma qui viene il punto più delicato:
Chi risarcisce quel consumatore palesemente ingannato che pensa di acquistare due oli diversi in quanto in etichetta riportano descrizioni organolettiche diverse, mentre si tratta dello stesso olio?
Non siamo di fronte ad una clamorosa frode del consumatore?
Potremmo quindi giungere al paradosso che una legge nata per evitare gli inganni e le frodi finisce per crearne di nuove ed addirittura più clamorose!!

Alberto Grimelli
Alberto Grimelli
27 luglio 2014 ore 16:11

Gentile Sig. Tega,
il suo esempio è solo un'apparente contraddizione.
Il produttore può dichiarare che il prodotto è extra vergine. Il controllore può riscontrare facilmente la veridicità della dichiarazione poiché la categoria commerciale “olio extra vergine d'oliva” prevede il rispetto di una serie di parametri. Basta un'analisi per dire se il produttore ha detto il vero o il falso.
Ma nel caso dell'olio “gentile”, “fragrante” o “robusto”, non è così. Si tratta di termini non normati o codificati. Non esiste alcuna legge, regolamento o circolare che indichino come deve essere, o quali parametri deve rispettare, un olio gentile o fragrante. La conseguenza è che il controllore è nell'oggettiva impossibilità di verificare la veridicità dell'affermazione fatta.
L'autocertificazione deve prevedere, in sé, la possibilità di controllo e verifica delle dichiarazioni fatte.
Cordiali saluti

Alberto Grimelli

Luigi Tega
Luigi Tega
27 luglio 2014 ore 15:46

Giustissimo sig. Amedeo, sono d'accordo con Lei.
Ognuno si assume il rischio di ciò che dichiara
La cosa più assurda è che si può scrivere la definizione "Olio Extravergine di Oliva" senza che debba dimostrarlo da analisi chimiche ed organolettiche.
Non posso invece scrivere gusto gentile senza che ci sia un terzo a certificarlo ( ovviamente dietro compenso).
Non è un controsenso?

amedeo de franceschi
amedeo de franceschi
27 luglio 2014 ore 13:38

Interessante articolo e altrettanto interessante la lettura dei commenti ed è questo il ruolo di una testata giornalistica che TN svolge di nuovo senza pregiudizi. Nel merito mi sembra che almeno questa prescrizione non possa essere addebitata alla fantasia del legislatore italiano, essendo norma comunitaria o meglio dell'unione europea. Ma la domanda allora è perché nel 2012 in sede di revisione è stata mantenuta quando poteva essere evidentemente eliminata? Cui prodest?Certo poi se si va a leggere l'art. 2 del d.lvo 109 del 1992, norma italiana trasversale per il settore alimentare,l'etichetta non deve ingannare il consumatore, ma qui non c'è inganno, qualcuno potrebbe a ragione dire, che quella miscela è veramente gentile, poi a qualcun'altro l'onere di dimostrare il contrario.

Alberto Grimelli
Alberto Grimelli
27 luglio 2014 ore 11:58

Nulla da obiettare Sig. Tega,
la nostra impostazione è effettivamente diversa.
Io posso considerare una legge ingiusta, anacronistica e persino controproducente, ma la rispetto e ne seguo le prescrizioni finchè è in vigore. Al contempo mi batto di cambiarla. Vivendo all'interno di un gruppo, o di una società, sono consapevole che non posso decidere da solo quali leggi seguire e quali no. Altrimenti sarebbe l'anarchia.
Non gioisco, né provo sollievo, quando viene elevata una multa. A chiunque. E' semplicemente giusto, perchè fondante del vivere civile e comune. Senza sanzioni, purtroppo, il principio secondo cui la propria libertà finisce dove inizia quella degli altri verrebbe disapplicato, perchè prevarrebbe l'egoismo.

Venendo allo specifico.

Condivido con lei che la legislazione attuale è troppo restrittiva.
Credo che lei condivida però il principio, generale e orizzontale a tutti gli alimenti, che quanto scritto sull'etichetta, o su altro materiale promozionale, debba corrispondere al vero e vada provato, ovvero sia dimostrabile.
Il problema, molto pratico, è come provare e dimostrare una sensazione organolettica.
E' stata scelta la via della burocratizzazione, che non condivido, ovvero dell'applicazione del panel test che non è stato “progettato” per un giudizio differenziale ma semplicemente per attribuire una categoria commerciale. Questo, a mio giudizio, l'errore di fondo della norma.
In altri settori il problema non si è mai posto con questa evidenza. Non trova sulle etichette delle bottiglie di vino o distillati, in bella evidenza, termini come “strutturato” o “soave” o tutto il lessico che accompagna i sommelier. In questi settori si sono posti altri problemi per l'etichettatura, come l'utilizzo del monovitigno o di termini come “vino dolce” o “vino frizzante”, che infatti sono stati regolamentati.

Ho condiviso quindi la necessità di mettere un freno al rischio di una proliferazione, sulle bottiglie di extra vergine, di termini solo accattivanti, che colpiscono l'immaginazione e riecheggiano sensazioni ed emozioni. Si sarebbe probabilmente perso ogni contatto con la realtà per seguire solo le leggi del marketing. Un limite andava posto, altrimenti ci saremmo trovati anche sulle etichette delle bottiglie nostrane i termini “pure” o “light” che spadroneggiano in altri luoghi, con il rischio di creare false credenze. Sa che l'84% degli americani considera l'olio leggero meno calorico di quello intenso?
Non ho la bacchetta magica, né la soluzione definitiva. Forse, e dico forse, sarebbe stato più utile vietare tout court le indicazioni organolettiche in etichetta e sul materiale promozionale, lasciando invece spazio, per la valorizzazione e la differenziazione, a recensioni e giudizi critici. Insomma proprio quanto il mondo del vino ha saputo costruire nel tempo e col tempo, senza cercare facili scorciatoie con le etichette.

Buona domenica

Alberto Grimelli

Luigi Tega
Luigi Tega
27 luglio 2014 ore 10:38

Buongiorno sig. Grimelli,
la mia impostazione è diversa:
in una sua precedente risposta Lei dice : Il regolamento 1019/02 prima e poi il regolamento 29/2012 hanno disciplinato, in maniera discutibile...” Questo significa che neanche io condivido completamente la norma.
Se questo è il suo pensiero le energie vanno indirizzate nel tentare di modificare una norma assurda e non nel denunciare chi non la rispetta.
Nessun sollievo mi porta sapere che tutti siamo uguali di fronte ad una legge assurda.
Se io prendo una multa perché su una strada c'è un limite anacronistico di 30 km orari, non mi metto a denunciare tutti coloro che passano a 40 km orari in nome di una generica affermazione : la legge deve essere uguale per tutti!
Anzi mi metto dalla parte di chi, passando a 40 km orari, non crea alcun pericolo e non attenta alla sicurezza di nessuno e cerco insieme a lui di cambiare qual limite
Allo stesso modo, sarò sempre dalla parte di chi scrive che il proprio olio è fruttato, delicato o amaro o dolce, senza un panel di supporto, perché non commette nessuna frode nei confronti del consumatore anche se la legge dice il contrario.
D'altra parte qualunque produttore di vino, birra, distillato ecc.... può dare una descrizione organolettica del proprio prodotto senza che sia certificata da un panel.
Fino a che punto intendiamo scivolare in basso nella legislazione riguardante l'olio di oliva? Questo meriterebbe una analisi approfondita.
Buona domenica a Lei.

Luigi Tega

Alberto Grimelli
Alberto Grimelli
27 luglio 2014 ore 10:10

Buongiorno Sig. Tega,
l'azienda in questione “non commette nessuna scorrettezza sostanziale”.
E' una sua interpretazione, più che legittima, ma vogliamo davvero che ognuno interpreti le norme a modo proprio o a proprio uso e consumo?
Nessuna caccia alle streghe o autolesionismo.
Vorrei solo un po' più certezza del diritto in Italia.
Vorrei che la piccola azienda che viene multata perchè sull'etichetta ha scritto L maiuscola anziché minuscola (nessuna scorrettezza sostanziale, secondo il suo parere) sappia che lo stesso metro di giudizio viene applicato a tutti.
Non vorrei vivere in un paese in cui, dicendola con la frase di Giolitti: “le leggi si applicano con i nemici e si interpretano per gli amici” .
Buona domenica

Alberto Grimelli

Alberto Grimelli
Alberto Grimelli
27 luglio 2014 ore 10:00

Buongiorno Sig. Enrietta,
ho letto con molto interesse il suo commento che però non condivido completamente e cercherò di spiegarne i motivi.

Nell'articolo ho scritto, testualmente: “Il regolamento 1019/02 prima e poi il regolamento 29/2012 hanno disciplinato, in maniera discutibile...” Questo significa che neanche io condivido completamente la norma. Ovvero ne condivido il fine ma non il mezzo.
Lasciare la piena libertà, anche in tema di etichettatura e pubblicità, significa purtroppo acconsentire a che vengano lanciati messaggi falsi o ingannevoli. Già in un regime legislativo abbastanza restrittivo, come il nostro, vi sono casi di multe salate dell'Antitrust proprio per pubblicità ingannevoli (tra gli ultimi Danacol) che vanno a danno della libera concorrenza e di un mercato trasparente. Una legislazione adeguata quindi serve, a tutela del consumatore ma anche delle imprese. Un eccesso di regolamentazione, o peggio una burocratizzazione della regolamentazione, porta però all'effetto contrario: l'immobilismo e l'impossibilità della differenziazione. In tema di caratteristiche organolettiche in etichetta si è purtroppo arrivati al punto che, anche i tecnici, debbono sconsigliare di indicarle in etichetta per non incorrere in qualche sanzione.

Va rivista quindi la norma e tutta la burocrazia sottesa, ma fintanto che esiste va rispettata, da tutti.
Il fatto che l'azienda in questione vendesse l'olio robusto, fragrante e gentile prima dell'emanazione della legge è del tutto ininfluente. Vi si deve adeguare, esattamente come tutti gli automobilisti si sono adeguati a dover rispettare il limite dei 130 km/h in autostrada. Non è che i patentati prima dell'entrata in vigore del suddetto limite possano godere del “diritto acquisito” di viaggiare alla velocità che vogliono.
Sarei poi estremamente preoccupato di una nazione in cui fossero i singoli funzionari o controllori a decidere se applicare o meno una norma. Già, a mio avviso, viene lasciata loro un'eccessiva discrezionalità nell'interpretazione. Se potessero anche decidere della moralità e utilità delle leggi, disapplicando quelle che ritengono ingiuste, non vi sarebbe più alcuna certezza del diritto. Si cadrebbe nell'anarchia e verrebbe automaticamente applicata la legge del più forte, o del più furbo.

Non vorrei insomma che si cadesse nella tentazione di gettare via il bambino con l'acqua sporca. Visto che le leggi vengono applicate male e c'è un'iperburocratizzazione, buttiamo a mare le leggi. Non credo che così si farebbe un favore al nostro tessuto produttivo di piccole e medie imprese. La legge di Gresham, che dice che il denaro cattivo scaccia quello buono, viene sempre più spesso applicata anche in campo imprenditoriale: il prodotto cattivo scaccia quello buono, in assenza di regole che garantiscano una vera concorrenza e pari opportunità.

Cordiali saluti e buona domenica

Alberto Grimelli

Luigi Tega
Luigi Tega
27 luglio 2014 ore 09:45

Sig. Sergio,
sono assolutamente d'accordo con Lei, l'azienda in questione , dalla quale neanche io comprerei mai una bottiglia, e dalla quale sono distante anni luce, non commette nessuna scorrettezza sostanziale, e realizzare articoli come questi la dice lunga sul clima da caccia alle streghe nel quale stanno scivolando anche autorevoli giornalisti come il sig Grimelli.
Stiamo andando verso un compiaciuto autolesionismo di massa e tutti apportano il loro contributo alla distruzione.

Luigi Tega

Sergio Enrietta
Sergio Enrietta
26 luglio 2014 ore 22:23

Anni fa esisteva già una distinzione simile della stessa ditta, all'epoca non ero produttore in proprio, quindi cercavo a tentoni in inutili etichette un gusto che andasse oltre la solita solfa.
Trovai intelligente la distinzione, ne comprai una per tipo e fui deluso da tutte e tre.

Fatta la premessa, più che scandalizzarmi del fatto che un imbottigliatore cerchi di distinguersi sul mercato lo trovo appena logico.

Trovo del tutto assurda la legge che tante briglie mette proprio al fine di tutelare i prodotti massali e indistinti.

Riassumendo, trovo del tutto logico che non si faccia avanti il solito funzionario cercarogne per una dubbia questione di rispetto di legge che riguarda una mancanza a mio parere veramente di poco rilievo.

Non comprerò mai una di quelle bottiglie, però farne una questione di rispetto della legge la trovo in linea con lo stato di declino del nostro paese sommerso da chiacchiere e questioni di lana caprina.

Spero di vedere nei prossimi anni bottiglie personalizzate con etichette in libertà, confido di più nella capacità di scelta dei consumatori che nell'operare indefesso dei burocrati in cerca di cavilli.
Concordo con l'opinione circa la mano pesante col piccolo e le carezze al grosso, però questa e generalizzata o no?

salvatore bologna
salvatore bologna
26 luglio 2014 ore 19:34

ci sono ci sono

MARIO DE ANGELIS
MARIO DE ANGELIS
26 luglio 2014 ore 14:24

per riassumere il mio pensiero domando: ci sono ancora gli intoccabili in Italia???