L'arca olearia 24/01/2014

Energia elettrica dalle acque di vegetazione del frantoio grazie alle celle microbiche

E se l'impresa frantoio divenisse energeticamente autosufficiente grazie ai propri scarti di lavorazione? Sottoprodotti che stanno diventando sempre più importanti nell'economia aziendale. Grazie alle celle a combustibile è possibile produrre energia elettrica abbattendo il carico inquinante delle acque di vegetazione


Numerosi processi biologici consentono la produzione di energia in maniera indiretta, quali ad esempio i processi di digestione anaerobica finalizzati alla produzione di biogas e/o produzione biologica di idrogeno. In tale contesto si inserisce la tecnologia delle Microbial Fuel Cell (MFC), che consente la produzione diretta di corrente elettrica continua. In linea di principio una cella a combustibile (Fuel Cell) è un generatore elettrochimico in cui vengono immessi un combustibile e un ossidante da cui si ricavano corrente elettrica continua, acqua e calore. Essa è simile alle comuni pile e quindi è essenzialmente formata da due elettrodi, catodo ed anodo, da un elettrolita, che consente la migrazione degli ioni, e da un circuito elettrico esterno. Nella cella a combustibile però la materia attiva può essere costantemente rinnovata e quindi la corrente elettrica continua, può teoricamente essere erogata indefinitamente solo se si mantiene costante l'alimentazione di combustibile e di gas ossidanti.

A questo proposito è da lungo tempo nota la capacità di alcuni microrganismi di generare elettricità [1][2][3] trasferendo elettroni da diversi substrati agli elettrodi. Le celle a combustibile microbiologiche (MFC), consentono quindi, la trasformazione diretta di energia chimica in energia elettrica, utilizzando il metabolismo dei microrganismi per catalizzare le reazioni di ossidazione di substrati biodegradabili come per esempio scarti e reflui. Le MFC perciò, evidenziandone l’aspetto depurativo per le acque cariche di sostanza organica, possono essere considerate come un sistema di trattamento costituito da uno stadio anaerobico (necessario affinché venga prodotta corrente elettrica), seguito da uno stadio mantenuto in condizioni aerobiche, dove però l’ossigeno non è consumato dalla biomassa aerobica, ma utilizzato per completare le reazioni di ossidoriduzione all’interno della cella stessa (Fig. 1).

Fig 1 Schema di funzionamento di una cella a combustibile microbico. T. Pepe Sciarria , A. Schievano, F. Adani. IA Ingegneria Ambientale vol. XLI n. 3 maggio-giugno 2012

Da qui, ci si rende conto che le celle a combustibile microbiche potrebbero rappresentare, in futuro, una delle forme tecnologicamente più avanzate di produzione di energia rinnovabile (recupero energetico) e, al contempo, potrebbero consentire l’ossidazione quasi completa dei composti organici contenuti nei reflui o nei materiali di scarto, tutti substrati a basso costo economico. Inoltre esse presentano il grosso vantaggio di produrre una ridotta quantità di biomassa microbica, permettendo quindi di ridimensionare il problema dello smaltimento dei materiali di scarto come i fanghi biologici ed in più non hanno bisogno di energia esterna (riscaldamento). Molti lavori scientifici inoltre hanno dimostrato come tale tecnologia sia adatta alla depurazione di svariati scarti agro-industriali come scarti della lavorazione della birra [4] o reflui zootecnici [5]; a tal proposito il lavoro effettuato presso i laboratori del Gruppo Ricicla dell’Università degli studi di Milano ha cercato di comprendere se la tecnologia delle celle a combustibile microbica fosse adatta alla depurazione delle acque di vegetazione delle olive (AVO). I processi di estrazione dell’olio possono essere differenziati in 2 tipologie: (I) sistema discontinuo per pressatura: la separazione solido-liquido avviene per mezzo di presse verticali, in un processo a due fasi; (II) sistema continuo per centrifugazione: la separazione solido-liquido avviene per mezzo di un separatore centrifugo (decanter), in un processo a tre fasi.

In generale, dal frantoio, si originano due tipologie di sottoprodotto distinguibili in base alla rispettiva fase fisica: le sanse vergini, di consistenza più o meno solida derivanti dalla polpa delle olive, e le acque di vegetazione, di formulazione liquida, costituite essenzialmente dalle acque di lavaggio e da quelle di processo, oltre che dalla frazione acquosa dei succhi della drupa [6]. In Italia la quantità di AVO prodotte è circa 1.100.000 tonnellate annue con un costo di smaltimento di circa 30-50 € al m3 [7] Le AVO risultano in genere prive di qualsiasi sostanza pericolosa (agenti patogeni, metalli pesanti) e presentano un elevato carico organico associato ad una bassa biodegradabilità (rapporto BOD/COD di circa 0,25-0,30): questo è dovuto in gran parte alla presenza di polifenoli che esercitano una spiccata azione antimicrobica [6].

Le Avo utilizzate nell’esperimento provengono dal frantoio “Fraterna Seconda” (società cooperativa A.R.L.) sito in Contrada Breccelle (Isernia). Visto le peculiari caratteristiche chimiche del refluo (alto contenuto di sostanza organica, basso pH), che sono alla base delle difficoltà del trattamento per via biologica, si è provveduto a diluire le AVO con delle acque urbane provenienti da un impianto di depurazione . Lo scopo di tale lavoro è stato quello di immaginare un ipotetico impianto di acque reflue urbane, provvisto di celle a combustibile microbiche, in grado di smaltire le AVO provenienti da aziende agricole . Le prove sono state condotte utilizzando delle celle a combustibile microbica a camera singola (Fig.2) alimentate con una miscela di AVO e acque urbane (1:15).

Fig.2 Cella a combustibile microbica a camera singola

Una volta riempite con la miscela, le celle sono stata monitorate costantemente con un particolare tester al fine di rilevare la produzione di energia elettrica continua; nel momento in cui veniva osservata una riduzione elevata (100 volte inferiore al picco di corrente raggiunto) le celle sono state svuotate e riempite nuovamente con la miscela.

La miscela trattata in cella è stata analizzata cosi da stimare le capacità depurative del sistema.

I risultati ottenuti da tale sperimentazione sono stati soddisfacenti soprattutto per quel che riguarda gli aspetti depurativi. Difatti dai valori elettrici acquisiti è stato possibile calcolare un valore stimato di potenza di poco superiore ai 3 Watt /m3; il dato ottenuto si riferisce ad una potenza netta generata dal sistema che, come precisato prima, a differenza di altri sistemi biologici non ha bisogno di alcun energia esterna. Basti pensare che per un normale impianto di depurazione delle acque reflue, il 50 % delle spese si riferiscono all’energia elettrica necessaria per il funzionamento di pompe, agitatori ecc. Utilizzando il sistema di celle a combustibile microbiche tali spese sono assenti, anzi si riesce ad ottenere un surplus energetico grazie alla generazione di potenza elettrica per via biologica. Per quel che riguarda il trattamento della sostanza organica, è stato preso come riferimento il valore di richiesta chimica di ossigeno (COD). Il COD infatti è uno dei parametri chiave nella depurazione delle acque reflue poiché permette di capire quanto carbonio è presente in un refluo e di conseguenza valutarne anche il potere inquinante; per cui per capire quanto la miscela AVO/acque reflue fosse stata depurata dalle MFC è stato analizzato il COD prima e dopo il trattamento. La Fig 3 mostra la riduzione del COD di due esperimenti condotti in parallelo; dove nel primo le celle sono state alimentate solo con acque reflue nel secondo con la miscela AVO/acque reflue.

Fig 3 Analisi del COD (richiesta chimica di ossigeno) prima e dopo il trattamento in cella. AR=acque reflue; AVO/AR=miscela acque vegetazione olive con acque reflue

Dalla figura è evidente come il sistema di celle a combustibile microbico sia in grado di abbattere il contenuto di COD per più del 50% nella sperimentazione con acque reflue e per più del 60% con AVO/acque reflue. Da un confronto tra i due diversi tipi di effluenti è facile notare come i valori di COD di entrambi siano molto simili, questo risultato indica come il sistema a celle sia stato in grado di abbattere praticamente tutto il carico organico in più apportato dalle AVO e contemporaneamente abbattere il contenuto organico attribuibile alle sole acque reflue.

In conclusione lo studio svolto ha dimostrato come sia possibile integrare la depurazione di acque reflue urbane con acque di scarti agricoli attraverso nuovi tipi di tecnologia; questo lavoro pone le basi per nuovi sistemi di depurazione che siano capaci di trattare tutti gli scarti che con la tecnologia convenzionale non potrebbero essere normalmente smaltiti permettendo cosi una migliore salvaguardia dell’ambiente e anche una possibile fonte di reddito attraverso la valorizzazione degli scarti stessi.

Bibliografia

[1] Bruce E. Logan. (2008) Microbial Fuel Cells. Wiley
[2] Pant D. ,Van Bogaert G., Diels L.,Vanbroekhoven K. (2010). Bioresource Technology Vol. 101, 1533-1543
[3] Logan, B.E., Regan, J.M. (2006). Electricity-producing Bacterial Communities in Microbial Fuel Cells. Trends in Biotechnol. Vol. 14, 512-518.
[4] Feng Y, Wang X., Logan B.E., Lee, H., 2008. Brewery wastewater treatment using air-cathode microbial fuel cells. Applied Microbiology and Biotechnology, 78(5), 873-880
[5] Min, B., Kim, J.R., Oh, S.E., Regan, J.M., and Logan B.E., 2005. Electricity generation from swine wastewater using microbial fuel cells. Wat. Res., 39(20), 4961-4968.
[6] Bonari, E., Silvestri, N., Ercoli, L., Acque di vegetazione dei frantoi oleari, 2000.
[7]ENEA, 23 ottobre 2007. Workshop "Acque di vegetazione olearie: trattamento e valorizzazione nel rispetto dell'ambiente


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