L'arca olearia 22/09/2012

Etichette oli di oliva, sarà tutto da rifare? Cresce la preoccupazione

Etichette oli di oliva, sarà tutto da rifare? Cresce la preoccupazione

Avete stampato le etichette del vostro extra vergine, rinnovando e abbellendone la veste grafica? Bene, anzi male. A breve forse sarete obbligati a ristamparle. I burocrati stanno decidendo sul futuro delle vostre etichette, e se riusciranno nel loro perverso disegno, sarete costretti a mandare al macero tutto e a ristamparne altre. A vostre spese, s’intende


Io non capisco in che mondo viviamo. Siamo proprio una civiltà in forte decadenza, e non soltanto sul piano etico. Anche il buon senso sembra infatti venir meno. D’altra parte, quando si arriva a complicare la vita degli imprenditori, è un po’ come assistere all’inizio di un declino economico ormai alle porte e purtroppo inarrestabile. Quando le aziende non ricevono più impulsi positivi da chi fa per esempio le leggi (vedi il caso Mongiello) si spenge ormai ogni speranza di rinascita. Così, chi ha potuto beneficiare degli ultimi segni di un passato glorioso, ora non resta altro che il ricordo.

Posta questa premessa, purtroppo venata di malinconia, ora è il caso di reagire e allarmarsi per non farsi sottomettere – almeno finchè si ha ancora voglia e desiderio di continuare a lavorare senza tanti inutili intoppi e pastoie burocratiche.

Vi ricordate qualche mese fa l’assurda proposta – e direi anche grottesca – formulata dai soliti noti con l’intenzione di dare massima visibilità alla provenienza degli oli in etichetta?

La richiesta in sé era certamente lodevole, perché mettere in giusta evidenza l’origine serve a comunicare al consumatore un dato fondamentale, che può orientare la sua scelta nel corso dell’acquisto. La proposta, per fortuna poi stralciata, dal resto del decreto Mongiello, per nostra fortuna non è andata in porto. Dico per fortuna perché un conto è garantire il consumatore la possibilità di usufruire di una informazione inequivoca, altro conto è imporre al confezionatore di riportare in etichetta l’indicazione dell’origine costringendolo ad adottare una misura della scritta di ben un centimetro e mezzo!

Una persona con un minimo di buon senso sa che ciò è materialmente impossibile, visto che in una etichetta compaiono una moltitudine di indicazioni obbligatorie; e se poi si aggiungono anche quelle facoltative, beh, ci vorrebbe un lenzuolo più che un’etichetta per riportare ogni dicitura, figurarsi poi la tabella nutrizionale!

Pericolo scampato? Macché! Pare che i soliti noti non desistano. Certo, magari si sono resi conto che imporre l’obbligo di un centimetro e mezzo per indicare l’origine in etichetta sarebbe stato un atto folle, e così hanno pensato bene di optare – questa volta però attraverso l’ipotesi di un regolamento comunitario – la misura più ragionevole di 5 millimetri.

Cinque millimetri sembrano pochi, ma iniziando a parlare di mezzo centimetro già l’effetto è diverso. Se poi i cinque millimetri non si limitano solo a indicare l’origine, ma, indipendentemente dal formato della bottiglia, indipendentemente dalla classe merceologica – se olio extra vergine di oliva, o olio oliva, o olio di sansa di oliva – e addirittura anche le stesse specifiche obbligatorie – vale a dire, per l’extra vergine: “olio di categoria superiore ottenuto direttamente dalle olive e unicamente mediante procedimenti meccanici”, allora diventa davvero paradossale, oltre che ridicolo. Non se si vi rendete conto. Per darvi l’idea della mostruosità della proposta, abbiamo realizzato per voi alcuni esempi nei vari formati. C’è solo da chiedersi se sia possibile dare – con queste direttive – spazio alla creatività necessaria per avere un packaging più attrattivo, visto che anche l’occhio vuole la sua parte.

La mia impressione è che certe insane proposte tendano inconsapevolmente a ridurre tutte le classi merceologiche degli oli di oliva, le quattro destinate al commercio sugli scaffali dei punti di vendita, a pura commodity. Già l’olio ricavato dalle olive di fatto è un prodotto commodity, usato per attirare i consumatori con offerte sottocosto, ora, con queste assurde proposte, che per ora restano tali, si sta scendendo inesorabilmente nel ridicolo.

Ciò di cui vi riferisco fa parte di un documento di lavoro riguardante le modifiche al Regolamento Ue n. 29/2012, realtivamente alle norme di commercializzazione dell'olio d'oliva. Si tratta, per ben intenderci, solo di proposte di modifica, ma, sia ben chiaro, qualora passasse una simile, malsana idea, sarebbe una ingloriosa discesa nel ridicolo.

Nella bozza di proposta, alla voce “presentazione delle informazioni, dimensione del carattere”, si legge testualmente “les mentions obligatoires (…) doivent apparaître dans leur intégrité dans le même champ visuel sur l'étiquette principale, dans un corps de caractère dont la hauteur de X est égale ou supérieure à [5 mm], chaque corps de texte devant être homogène”.

Ovvero: “le indicazioni obbligatorie (…) devono apparire nella loro interezza nello stesso campo visivo sull'etichetta principale, in un corpo carattere in cui l’altezza della X non sia inferiore [5 mm], dovendo essere ogni corpo di testo omogeneo”. Proprio così, letteralmente.

Ve la immaginate una bottiglia da 250 ml – o meglio ancora una da 100 ml, formato spesso e volentieri adottato dai piccoli produttori per rendere più prestigioso il proprio olio – con su riportate tutte le indicazioni obbligatorie per legge? Una aberrazione!

Chi ha a che fare con l’olio extra vergine di oliva non credo sia molto contento degli sforzi legislativi più recenti, le etichette rappresentano un vero problema: stamparle, ristamparle, adeguandole sempre ai nuovi sviluppi è davvero snervante, oltre che oneroso. Sembra che chi faccia tali proposte sia completamente sradicato dalla realtà. Visto dunque che le proposte vengono ragionate nelle sedi opportune con i nostri rappresentanti, e visto che i nostri rappresentanti – soprattutto alcuni – hanno la mania di legiferare in continuazione, rendendo sempre più problematica la gestione aziendale, allora siete anche voi che state sul campo consapevoli dei rischi che si corrono e comportatevi di conseguenza. Non accetate tutto supinamente, fatevi rappresentare comunicanmdo le vostre idee al riguardo. Ne va dela vostra operatività, ma soprattutto della vostra economia.

O siete forse desiderosi di un ulteriore carico burocratico e di problemi continui da affrontare?

Vi siete mai chiesti il motivo per cui ci si accanisce tantissimo sulla legislazione degli oli da olive mentre gli altri grassi hanno legislazioni snelle e meno problematiche?

Secondo voi, chi è avvantaggiato sul fronte dei commerci, chi lavora gli oli da seme o chi opera nel problematico settore degli oli di oliva?

Vi siete mai chiesti il perché? Vi siete dati una risposta?

Intanto, in chiusura mi corre l’obbligo di informarvi che il documento di lavoro riguardante le modifiche al Regolamento Ue n. 29/2012, relativamente alle norme di commercializzazione dell'olio d'oliva, affronta altre aspetti, molto importanti e cruciali, e non tutto il tsto è da buttare, sia ben chiaro.

Tale documento parte da una disposizione nazionale del Portogallo in cui si rende obbligatorio l'uso nel canale Horeca di bottiglie di olio provviste di un sistema di chiusura che perde la sua integrità dopo il primo utilizzo. Le bottiglie non sono riutilizzabili e sono dotate di un sistema di protezione per impedire il riutilizzo dopo l'esaurimento del contenuto. Da qui, dall'uso obbligatorio di tali bottiglie monouso in Portogallo, la possibilità di praticare due opzioni.

La prima, dove l'UE continua a lasciare agli Stati membri la facoltà di adottare una normativa nazionale come quella adottata dal Portogallo.

La seconda, che invece comporta l’obbligo di utilizzare bottiglie monouso in tutta l'Ue, e di conseguenza la necessità di ampliare il campo di applicazione del regolamento Ue n. 29/2012, dal momento che stabilisce le norme per la commercializzazione al dettaglio, e quindi non si applica al canale Horeca, con la necessità di modificare l'articolo 1 di tale regolamento e la definizione di vendita al dettaglio.

 

di Luigi Caricato

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Commenti 8

giovanni caravatti
giovanni caravatti
24 settembre 2012 ore 10:23

sig.breccolenti,le trasmissioni televisive lasciano il tempo che trovano,mai che un argomento venga discusso fino alla sua chiarezza e comprensione per tutti.Qualsiasi dibattito è fatto per imbrogliare le carte ed,alla fine non si capisce nulla.(vedi i nostri governanti).Ah godere di tutto questo marasma sarà la grande distribuzione e,noi piccoli agricoltori soccomberemo.viva l'Italia e chi ci governa.Vedrete che per la FIAT caleremo le braghe ed il pantalone pagherà sempre.

Emanuele Aymerich
Emanuele Aymerich
23 settembre 2012 ore 18:33

ma non si rende conto nessuno che nella attuale situazione economica gli imprenditori sono tutti sull'orlo della chiusura? Che basta poco perchè chi ancora tira a campare molli tutto, licenzi e chiuda prima di perderci pure i risparmi? Non è un esagerazione, non sono le solite lamentele, la situazione attuale è difficilissima per i piccoli/medi confezionatori: i clienti pagano pochissimo e con tempi biblici, le banche non fanno credito, e gli oneri e gli obblighi di legge sono diventati tantissimi e costosi sia come materiali che per mano d'opera. Non si porta piu a casa una lira, se va bene ci si paga le spese.
Possibile che nessuno capisca che se non ci sarà una semplificazione generale di tutto le etichette non si stamperanno proprio?
Ma sembra davvero opportuno, dopo anni e anni di assenteismo, mettere in croce i piccoli imprenditori proprio in un momento economico cosi difficile, quando già quasi pensano di chiudere? Tutte queste riforme, se si devono fare che si facciano, ma vanno fatte quando le acque sono tranquille, quando c'è trippa per gatti e se ne posso sostenere i costi, non quando il paese è al tracollo.

giovanni breccolenti
giovanni breccolenti
22 settembre 2012 ore 18:58

Si,ora si sta veramente esagerando,mi sta bene migliorare al massimo l'etichetta,renderla leggibile e piu' comprensibile,ma ingarbugliare le cose no.Bisogna concentrarsi piu' sull'interno della bottiglia che sull'esterno e per fare questo bisogna migliorare sempre piu' tutta la filiera, a partire dalle capacità cognitive del consumatore verso questo prodotto.Decreti,abbassamenti di parametri chimici come gli alchilesteri,etichette,non risolvono che in piccola parte il problema, è alla sostanza che bisogna puntare.
A questo proposito, per fare un piccolo esempio, vorrei rifarmi alla trasmissione "uno mattina" di giovedi',peraltro molto interessante(si parlava anche di DNA nell'olio),dove è intervenuto il dott. Gargano, presidente di UNAPROL.Gargano ha parlato di qualità,di territorialità,del disegno di legge "Mongello",poi a parlato delle incredibili proprietà salutistiche dell'olio dovute ai meravigliosi polifenoli,affermando che tali proprietà sono tanto maggiori quanto è maggiore il contenuto di polifenoli.Perfetto,ma dico,siamo di fronte principalmente a un pubblico che va a fare la spesa,che nutre la propia famiglie e neanche due parole per spiegare come si riconosce un olio ricco di polifenoli? Due parole sull'importanza del piccante (antinfiammatorio) e dell'amaro (antiossidante),concetti semplici e facilmente assimilabili,soprattutto per sfatare una credenza ancora molto in voga che piccante è sinonimo di acido e che amaro è una cosa disgustosa.Due parole per spiegare il fruttato,ma questo era veramente chiedere troppo.
Nulla, tante parole,anche belle,ma forse il pubblico che aveava davanti voleva meglio capire che cos'è realmente un olio buono.
Insomma tanto petting (peraltro sempre positivo) pero' poi..... .

giovanni caravatti
giovanni caravatti
22 settembre 2012 ore 16:02

Trovo sempre i commenti molto accomodanti,perché non mandiamo a "fa in culo" i nostri politici una volta per tutte,perché dobbiamo sempre prenderlo noi in quel posto.
E' proprio vero chi non ha niente da fare,si diverte a fare cazzate.
Sono sempre più indignato,io fra poco smetterò ma,quei giovani che vogliono avvicinarsi all'agricoltura si sentiranno soli e delusi per colpa di chi legifera le varie cretinate.

roberto pinton
roberto pinton
22 settembre 2012 ore 15:15

Non solo. Segnalo che nella discussione sulla legge di conversione del decreto legge "Misure urgenti per la crescita del Paese", un emendamento a firma dei deputati Maurizio Fugatti e Gianni Fava (Lega nord Padania) approvato dalla Camera e passato tal quale in Senato, ha introdotto l'articolo 59-bis nel Capo VIII (“Misure per l'occupazione giovanile nella green economy e per le imprese nel settore agricolo”).

L’articolo recita:

«Art. 59-bis - (Sistemi di sicurezza contro le con-traffazioni dei prodotti agricoli e alimentari).
1. Al fine di contrastare le pratiche ingannevoli nel commercio dei prodotti agricoli e alimentari a denominazione di origine protetta (DOP), a indicazione geografica protetta (IGP), di specialità tradizionale garantita (STG) o certificati come biologici ovvero che devono soddisfare determinati requisiti merceologici o specifiche qualitative richiesti da norme relative a organizzazioni comuni di mercato (OCM), consistenti, tra l'altro, in contraffazioni, falsificazioni, imitazioni e altre operazioni non veritiere apportate sulle menzioni, sulle indicazioni, sui marchi di fabbrica o di commercio, sulle immagini o sui simboli che si riferiscono al prodotto agricolo o alimentare e che figurano direttamente sull'imballaggio o sull'etichetta appostavi o sul dispositivo di chiusura o su cartelli, anelli o fascette legati al prodotto medesimo o, in mancanza, sui documenti di accompagnamento del prodotto agricolo o alimentare, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell'economia e delle finanze, con regolamento da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, definisce le modalità per l'integrazione dell'etichettatura dei prodotti agricoli e alimentari con sistemi di sicurezza realizzati dall'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, basati prioritariamente su elementi elettronici o telematici, anche in collegamento con banche dati, e prevedendo, ove possibile, l'utilizzo, ai fini dei relativi controlli, di dispositivi o mezzi tecnici di controllo e di rilevamento a distanza. Il regolamento definisce altresì le caratteristiche e i requisiti di tali sistemi e fissa il termine, non superiore ad un anno dalla data della sua entrata in vigore, per l'applicazione del relativo processo di garanzia della sicurezza.
2. I costi di realizzazione e di gestione del sistema di sicurezza di cui al comma 1 sono a carico dei soggetti che si avvalgono dell'etichettatura di cui al presente articolo.

Secondo il comunicato emesso dai presentatori dell’emendamento, "La norma si inserisce nell'alveo delle fondamentali iniziative che, anche secondo gli operatori del settore agricolo, devono essere implementate per arginare un problema, quello della contraffazione del made in Italy, che affligge in particolare l'agricoltura italiana recando danni incalcolabili alla produzione nazionale. È evidente, tuttavia, che la concreta applicazione del sistema di etichettatura previsto dalla norma richiederà un'apposita fase di studio e di confronto delle istituzioni con tutti i soggetti coinvolti nella filiera produttiva finalizzata a trovare modalità operative tali da contemperare l'esigenza di tutelare la produzione e i consumatori dai falsi con quella di contenere al massimo i costi da sostenere per porre in essere tali sistemi".

Al di là del nobile auspicio del pur tradivo confronto con i soggetti della filiera, la legge, pubblicata in Gazzetta ufficiale l’11 agosto scorso, prevede l’adozione di un regolamento interministeriale da parte dei ministri Catania, Passera e Grilli entro l’11 febbraio 2013 per stabilire le caratteristiche del nuovo gingillo “elettronico o telematico” (microchip? radiofrequenza? Elettromagnetico?) che le imprese dovrebbero adottare, naturalmente a proprio carico, entro un ulteriore anno.
E' ignoto se il Poligrafico dello Stato già dispone dei macchinari per la predisposizione delle etichette elettroniche e telematiche di cui dovrebbe essere il fornitore in esclusiva, e e le banche dati dovrebbero essere quelle del SIAN o se qualcuno, a spese delle imprese, dovrà realizzarne ex novo.
L’auspicio non può che essere che il governo dimostri più lucidità delle Camere e che il ministero rinvii a data indeterminata l’adozione del provvedimento.
In ogni caso il fatto si aggiunge più che legittimamente alla sfilza di "assurde proposte" sottolineate da Caricato.

gianpiero arrizza
gianpiero arrizza
22 settembre 2012 ore 11:58

Vorrà dire che farò solo confezioni da 5 litri con buona pace delle nuove regole!