L'arca olearia 19/05/2012

La grande bufala degli oli artigianali

La grande bufala degli oli artigianali

L'olio è sempre stato prodotto nei frantoi, ma da qualche tempo si intendono far saltare le categorie tradizionali cui eravamo abituati. Con l'olivicoltore che produce le olive e il frantoiano che ne estrae l'olio. Ha senso inventarsi una categoria a parte e raccontare al consumatore che alcuni oli sono ricavati per mano artigiana e altri no? Stranezze d'Italia


Siamo alle solite. Ora non ci basta più accontentarci delle categorie tradizionali cui eravamo abituati da sempre: le olive prodotte dall’olivicoltore in campagna, l’olio estratto dal frantoiano nell’oleificio, le bottiglie d’olio riempite dal confezionatore e pronte per essere distribuite e commercializzate. No, occorre inventarsi una figura del tutto nuova, quella dell’artigiano, di colui – per intenderci – che ex novo reinventa il mondo dell’olio, pronto a ritagliarsi un ruolo determinante e alternativo rispetto alle consuete categorie cui abbiamo fatto, per anni, per secoli, l’abitudine.

Stranezze d’Italia, è il caso di dire.

Solo nel nostro Paese, con la fantasia galoppante che ci ritroviamo, è possibile che vi sia qualcuno che si spinga a tanto. A inventarsi l’ovvietà e a proporla come fosse un qualcosa di unico e speciale, di mai sperimentato prima.

Domanda ingenua: in passato non esisteva di già l’artigiano?

A Firenze, per esempio, dominava la scena la Corporazione dei mastri oleari, una categoria di professionisti all’epoca molto importante – non come ora, che è bistrattata da tutti, perfino dagli stessi operatori del settore.

A questo punto, mi è fin troppo spontaneo chiedermi il perché tale figura la si debba ripresentare oggi come nuova, quasi fosse una novità esclusiva.

Le solite stranezze all’italiana, insomma, cui non è certo facile fornire una giustificazione sensata.

Ho sentito tra l’altro sostenere in giro che qualcuno voglia addirittura puntare a ottenere un riconoscimento per i cosiddetti “oli artigianali”. Di conseguenza, un’altra domanda, anch’essa dannatamente ingenua, sorge altrettanto spontanea: esistono forse oli che non siano il frutto di una sapienza artigiana? O forse – e lo dico con serafica innocenza – transitano sul mercato, senza nemmeno rendercene conto, oli si extra vergini di oliva estratti senza l’ausilio di una tecnologia estrattiva, ma solo attraverso l’esercizio del pensiero?

A questo punto come li chiamaremo questi altri oli extra vergini di oliva? Oli ufo, forse?

Io – con tutta la franchezza di questo mondo – continuo a essere perplesso. Non me ne vogliate.

Ciò che non riesco a capire, è in particolare la differenza sostanziale che esiste tra un olio definito tout court artigianale ed uno che invece non lo è.

A me sembra più che altro una forzatura bella e buona, fondata sul nulla.

Una parola al vento, per intenderci. Flatus voci. Insomma, una operazione di marketing fai da te. Così, giusto per giocare al bar tra amici.

In fondo, sappiamo bene come funziona il meccanismo. E’ molto elementare. Lo riassumo per i non addetti ai lavori: l’olivicoltore produce le olive, il frantoiano le molisce per estrarne l’olio. Non c’è altro da aggiungere: l’olio c’è già, non subisce altri trattamenti: è un puro succo di oliva.

Non vi è necessità di far altro. Perché, allora, una parte dell’olio prodotto si può definire artigianale e un’altra artigianale non lo è?

Possiamo dunque dire –con tutto il rispetto per chi ha investito ingenti energie e risorse intellettuali – che si tratta solo del frutto perverso di una galoppante fantasia? Secondo me, sì.

Non voglio risultare sgarbato, però. E chiedo scusa se esagero, ma io non mi capacito, pur sforzandomi di comprendere. Forse che gli inventori di tale nuova denominazione intendono per olio artigianale un extra vergine che si contrapponga agli oli industriali?

Se è così, tuttavia, anche in tal caso – credetemi – è ancor più incomprensibile e incongruente la nuova categoria denominata “oli artigianali”.

Riflettete un po’, e, vi prego, portate pazienza.

Tutti gli oli che si producono nell’universo mondo – che siano italiani o stranieri, poco importa – sono il frutto del paziente e faticoso lavoro di chi coltiva gli olivi curandone con amorevole attenzione e rispetto le piante. Non solo: tutti gli olivicoltori sono necessitati dal portare le olive in frantoio affinchè si estragga il prezioso succo, con un’operazione espressamente meccanica.

Ora, che sia un olio confezionato da una piccola azienda, o da una media impresa o, in ultimo, da un grande gruppo commerciale, sempre di un olio artigianale o di un olio contadino si tratta.

La conclusione è la medesima: sempre un olivicoltore c’è dietro alle olive, e sempre un frantoiano sta dietro alle operazioni di estrazione dell’olio dalle olive.

O, in ultima analisi – e lo ripeto senza mancare di rispetto a nessuno – ci sono forse extra terrestri che agiscono diversamente?

Ora, senza dover portare troppo in là la questione: siete tutti convinti dei miei ragionamenti?

Piaccia o meno, la realtà è questa. Finchè parliamo di olio extra vergine di oliva, non può essere diversamente.

Non può insomma esistere in alcun modo – a scanso di equivoci – un olio artigianale da contrapporre a un olio industriale. Anche perché – fate ben attenzione – le categorie sempre quelle sono. E’ inutile girarci intorno.

Le aziende di marca? Sempre al frantoiano si rivolgono, o comunque da un grossista che raccoglie l’olio dai vari frantoi.

Il frantoiano? Sempre all’olivicoltore si rivolge. Se vuole avere olive da cui estrarre l’olio.

I passaggi non possono essere che questi.

E’ sempre stato così, da millenni.

Credetemi, sulla parola.

O forse i sostenitori dell’olio artigianale utilizzano tale definizione per distinguere convenzionalmente tra le produzioni dei piccoli e dei grandi frantoi?

Però anche in questo caso siamo punto e daccapo. Il rebus non è risolto.

Come si fa intanto a distinguere cosa sia artigianale e cosa invece non lo è?

E’ artigianale solo l’olio prodotto nel proprio garage con un mini frantoio?

Suvvia, non scherziamo. La definizione di olio artigianale proprio non regge.

 

di Luigi Caricato

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Commenti 48

Raffaele  Giannone
Raffaele Giannone
27 maggio 2012 ore 10:59

dum Romae consulitur.....

Raffaele Giannone, olivicoltore in terra di Molise

massimo occhinegro
massimo occhinegro
25 maggio 2012 ore 21:15

Mi sono gia' espresso. Ma olio artigianale o meno , si riuscira' a venderlo? Questo e' il problema. Con la speranza di ottenimento dell'egida ministeriale tentano di adottare un espediente per entrare nelle catene free. Ma senza una seria educazione del consumatore non si va da nessuna parte. Egida o non Egida. I problemi restano e si e' perso ulteriore tempo per rivitalizzare il settore. E nella remota ipotesi dovesse crearsi una domanda superiore alle capacita' produttive potrebbero trasformarsi in "industriali". Ma in quel caso sarebbe sempre olio artigianale, perché acquistato da altri artigiani. Ma andiamo!

Raffaele  Giannone
Raffaele Giannone
25 maggio 2012 ore 15:41

Noto che l'argomento ha raccolto interesse, tanto da non essere riuscito a leggere tutti e me ne scuso, ma non tanto da impedirmi di dire la mia di olivicoltore-frantoiano.
Caricato chiede di sapere se ci ha convinti: NO, non mi ha convinto.
Appartenendo alla ristretta schiera di chi, costituzionalmente, ascrive al proprio interlocutore la buona fede, fino a prova contraria, immagino che ESISTA e pure vistosa la differenza fra OLIO "artigianale" e OLIO "industriale", ovvero fra olio estratto in frantoio (piccolo o grande che sia non importa) e imbottigliato e oli estratti, stoccati, filtrati, maneggiati, rimaneggiati, rettificati, decolorati, deodorati, de...tutto...e poi confezionati in "pregevoli" bottiglie con dizione extravergine!!
Se, come io ritengo, è questa l'intenzione originaria di chi ha o vuole introdurre la qualifica di "artigianale" , ebbene cari amici, perchè gridare allo scandalo o al delitto di "lesa tradizione" ???

Intervengo perchè penso che tutti noi qui scriviamo e pensiamo in buona fede..quando dovessi pensare diversamente, tacerò.

Raffaele Giannone, olivicoltore in terra di Molise

francesco vittori
francesco vittori
24 maggio 2012 ore 14:41

ma perchè è così difficile dare delle risposte a chi vuole capire se l'olio artigianale è una bufala?

giovanni breccolenti
giovanni breccolenti
24 maggio 2012 ore 12:01

Un comparto come l'olivicoltura e l'"olio di qualità" è di tutto di piu'? Un comparto legato al territorio,dove la materia prima sono le piante reali ben impiantate a terra e da secoli, dove ci sono aziende reali è di tutto di piu'? Vogliamo continuare a usare queste risorse per cementificare sempre di piu'? Per indirizzare nei posti strategici(e il nostro lo è) i soldi derivanti dalla razionalizzazione delle risorse bisogna, spingere con forza in questa direzione tutti insieme.

massimo occhinegro
massimo occhinegro
24 maggio 2012 ore 06:40

Dalla spending review ci si aspetta di finanziare di tutto di più . Non e' mica il pozzo di San Patrizio! Mentre io avevo parlato di privato , lei aveva bypassato la questione, passando direttamente al pubblico. Per quanto attiene i finanziamenti pubblici di matrice europea, caro Breccolenti , le percentuali sono ribaltate. Mediamente sono 70-80% parte pubblica ( tra Stato italiano e UE) e solo il 20%_30% la parte privata che può essere coperta non con soldi, ma con la prestazione delle persone .Diversamente non costituirebbe il principale business....

giovanni breccolenti
giovanni breccolenti
23 maggio 2012 ore 21:32

Come?Impiegare una piccola parte di denaro pubblico su progetti veri e seri (e non faraonici e inutili)vuol dire essere statalista? Cioè tagliare spese esagerate alla politica(e non solo), peraltro ora pure commissariata vuol dire essere statalista? Sign. Occhinegro uno stato puo' crescere solo con le esportazioni e con gli investimenti pubblici mirati (non parlo di ponti e sperperi vari passati e futuri).Gli investimenti pubblici sono sempre comunque una parte di quello che i privati comunque devono mettere, come nel caso dei fondi Europei(qualcosa viene dato a fondo perduto e la maggiorparte è privata).L'investimento pubblico è fondamentale anche per il privato è che bisogna investire bene,cioè nei settori che veramente sono importanti per la crescita di un paese.L'olivicoltura e l'oio di qualità è uno di questi.

massimo occhinegro
massimo occhinegro
23 maggio 2012 ore 14:44

Vede come ragiona lei Breccolenti? Pensa solo ai soldi pubblici. I contributi pubblici hanno incancrenito il sistema . L'imprenditore vero investe il proprio danaro se realmente crede in qualcosa . Il settore agricolo e' arrivato al punto in cui e' arrivato proprio perché e' stato abituato il più delle volte a vivere con i contributi e per i contributi, non investendo in risorse umane ad esempio per trovare mercati di sbocco per il prodotto ed e' la stessa firma mentis, mi permetta, delle assiciazioni macchine da contributo. Il consorzio IOO% Unaprol, solo nel 2011 ha avuto 9.500.000 euro di contributi. E' cambiato qualcosa? Tanti soldi spesi male molto male a quanto pare. Le societa' di scopo , hanno raggiunto lo scopo? Ma lo scopo dunque, qual'era? Lei sembrerebbe quindi un fautore dello statalismo.

giovanni breccolenti
giovanni breccolenti
23 maggio 2012 ore 14:12

Sig. Occhinegro, cinque-sei milioni ripartiti magari in due o tre anni è molto per un progetto a carattere nazionale?Basterebbe tagliare qualcosa al miliardo di euro l'anno che vanno alle testate giornalistiche, ai 5-600.000.000 d'euro ai partiti,alle centinaia di milioni dei parlamentari e a tante altre esagerazioni e progetti megafaraonici di dubbia utilità e qualcosa si rimedierebbe anche per questo strategico settore dell'olio di qualità.

Maria Rosa  Dentamaro
Maria Rosa Dentamaro
23 maggio 2012 ore 11:25

A parte che non comprendo lo stile sarcastico del giornalista Caricato. Se parliamo di olio extra vergine d'oliva parliamo di un prodotto principe della nostra agricoltura così invidiato nel mondo che i cinesi stanno preparando le loro colture di ulivi come per altri prodotti italiani, vedi il pomodorino da serra che purtroppo anche a causa degli interessi industriali non è tutelato insieme all'ulivo come dovrebbe, sia dal legislatore che dal pubblico, troppo distratto dal prezzo che concentrato sul prodotto che porta a tavola. E' colpa nostra dei produttori tutti che ancora una volta manchiamo l'obiettivo, comune, di tutelare, promuovere, comunicare qualsiasi forma di produzione di qualità, vera, anche se si parla di categorie artigianali o di autoproduzione ma che in sintesi desiderano solo portare sul mercato il meglio della lavorazione agricola e di trasformazione. Tutto qui. Io penso che gli oli artigianali siano quegli oli, evo naturalmente, che provengono direttamente dalle coltivazioni, senza passaggi in serbatoi onnivori che raccolgono le intere lavorazioni del periodo di macinatura mescolando in modo neutrale oli di provenienza la più varia anche in cultivar e realizzati con pratiche agricole le più disparate (concimi, diserbanti, irrigazioni, antiparassitari, ecc). Si sa che le buone pratiche agricole sono di manica larga e che nessuna marca inserisce in etichetta come sono stati trattati gli alberi dai quali proviene il succo d'oliva !!! Ecco quando la tracciabilità è perfetta e il consumatore può vedere con i suoi occhi da quali alberi proviene l'olio che utilizza per la sua pietanza e come sono stati trattati allora possiamo parlare di olio artigianale. Senza sofismi o battute ironiche.

maria montini
maria montini
23 maggio 2012 ore 08:07

Concordo con il Dott. Occhinegro. La passione non basta e le associazioni comincino a chiedersi perchè i soci non rinnovino la loro adesione e la smettano di sprecare soldi dei contribuenti organizzando, a titolo d'esempio, inutili e faraonici convegni dove si ripetono tra loro "ma quanto siamo bravi".
E' ora di fare formazione non solo sul consumatore ma anche sul produttore che vede il concorrente, anche il produttore vicino di casa, come nemico. Se poi questo vende quantità appena superiori alla propria produzione ecco che subito diventa il nemico, "l'industriale".
Fare sistema significa vedere negli altri produttori dei colleghi con i quali confrontarsi per migliorare.
Basta retorica, smettiamola di raccontare la favola del piccolo è bello e senz'altro buono. I problemi ci sono in ogni comparto: c'é chi si comporta bene e chi si comporta male come in tutti i settori. Chi è senza peccato scagli la prima pietra. Nel nostro mondo invece si tira la pietra e si nasconde la mano.

massimo occhinegro
massimo occhinegro
22 maggio 2012 ore 23:01


Scuole dell'Infanzia, Primarie e Secondarie di I grado
Scuola dell'infanzia (30.251)
Scuola primaria (18.462)
Scuola secondaria di I grado (8.093)
Considerando un rimborso spese medio di Euro 300 e moltiplicandolo per il solo numero di scuole primarie occorrono 5.538.600 Euro.

giovanni breccolenti
giovanni breccolenti
22 maggio 2012 ore 21:34

Non ci sono fondi, è vero sig. Occhinegro ma c'è tanta passione in molti di noi verso questo meraviglioso prodotto.Ed è proprio la passione e la voglia di non far sparire questo comparto strategico che deve spingere tutti noi,produttori, tecnici,assaggiatori,istituzioni e le stesse associazioni che vedono ogni giorno diminuire i loro soci o soci sempre piu' in difficoltà,a fare ognuno la loro piccola parte.Fare una grande campagna conoscitiva nelle scuole non costa molto anche perchè noi assaggiatori non siamo un gran costo(viaggiamo solo a rimborso spese) e poi vuoi mettere la grande soddisfazione che si prova ad uscire da una scuola dove alla fine della seduta tutti i bambini sanno riconoscere un olio buono,ma soprattutto hanno imparato che un olio per essere buono deve avere un buon profumo e deve essere giustamente amaro e piccante? Piu' che i soldi servono organizzazione,competenza e passione,tanta passione.

massimo occhinegro
massimo occhinegro
22 maggio 2012 ore 20:16

Caro Breccolenti non ci sono fondi europei per finanziare l'attivita' di comunicazione per l'educazione del consumatore e quindi le associazioni a cui Lei fa riferimento non spenderanno mai un euro di tasca loro in tale direzione. La comunicazione individuale e' molto limitata e non ha l'impatto che si vorrebbe. Se veramente si volesse dare una minima svolta nella direzione della conoscenza tutti dovrebbero auto tassarsi come fanno uniti in Spagna. In Italia con le divisioni che ci sono causate da puro fanatismo in certi casi, ciò non potrà accadere.
Solo la forza ed il coraggio di alcuni promotori potrebbero dare una svolta in tal senso. Ma si devono raccogliere molti fondi per avere un impatto significativo con testimonial d'eccezione e pubblicità televisiva oltre che educazione nelle scuole, autobus nelle città . Chi darebbe un contributo proporzionale alla propria attività per finanziare un progetto informativo di grande impatto ? Personalmente sono disponibile a dare il mio contributo economico personale ( non di fondi pubblici o europei )

giovanni breccolenti
giovanni breccolenti
22 maggio 2012 ore 14:35

Vorrei segnalare che sul ddl in questione (il 3211) c'è anche la novità della data entro il quale è preferibile consumare il prodotto per gli oli utilizzati nei pubblici servizi e cioè diciotto mesi dall'ottenimento dell'olio e non piu' i diciotto mesi dalla data del confezionamento(oltre all'utilizzo dei tappi antiriempimento,che sono da migliorare).
Ci sono anche incentivi energetici sull'utilizzo di oli lampanti come combustibili di centrali termiche inferiori a 0,5 MWATT per distanze inferiori ai settanta km dall'impianto.
Comunque io resto del parere che la strada migliore da percorrere per favorire il comparto olivicolo-oleicolo nazionale è l'azione decisa sul consumatore.C'è bisogno che tutti quelli che producono oli di buon livello(e per buon livello intendo oli con tenori di polifenoli almeno medio alti,oli puliti all'odore e al gusto),insieme alle associazioni di categoria che li rappresentano,inizino a diffondere sempre piu' la cultura dell'olio di qualità e a mettere sempre piu' in risalto i grandi effetti benefici questo, che sono tanto maggiore quanto piu' l'olio è ricco di sostanze benefiche(ovviamente senza mai oltrepassare certe soglie di amaro).
Un aumento delle richiesta di oli di qualità dovuta proprio all'aumento della consapevolezza del consumatore disposto a fare uno sforzo in piu' economico ,ridarebbe vita a un comparto,lo spingerebbe a fare sempre meglio e ad investire in tecniche e tecnologia per cercare sempre di ottenere il massimo.E' vero,c'è una crisi devastante,ma fare le cose per bene e al massimo delle possibilità è sempre la strada migliore soprattutto in un paese come il nostro dove i costi di produzione sono maggiori e difficilmente abbassabili.

massimo occhinegro
massimo occhinegro
21 maggio 2012 ore 22:33

Gentile Vittori, non le risponderà nessuno o meglio qualcuno le risponderà con " non risposte" semplicemente perché non hanno argomenti. Lei ha centrato l'intento , una ennesima operazione di marketing. Le provano tutte. Ben inteso lo fanno per cercare di restituire valore all'olio di oliva, ma lo fanno a fini egoistici e non di comparto , a tentativi, senza una strategia ben pensata. Ci hanno provato o questi o altri, in vari modi ma non demordono non vogliono accettare il confronto, il dialogo. Sono degli inguaribili testardi ed in più alcune volte adottano certe pratiche che anziché migliorare le condizioni degli agricoltori le deprimono ancora di più . Vanno avanti aiutati da una politica che già ha mostrato a tutti gli italiani quanto vale ( non a caso abbiamo un governo tecnico) Si dimenticano di trovarsi ancora nell'Unione Europea e che certe proposte di legge se pure passassero sarebbero pesantemente sanzionate da Bruxelles. Staremo a vedere.

francesco vittori
francesco vittori
21 maggio 2012 ore 21:34

Se è vero che esistono gli oli artigianali e gli oli industriali, perché è così difficile dare una risposta chiara, razionale a chi vuol capire la differenza?
Capisco l'amore di polemica che muove alcuni interlocutori, non voglio entrare nel merito, ma qualcuno mi dia una risposta senza voli pindarici. Fino a poco tempo fa ci dicevano che il vero e buon extra vergine era quello con la spremitura a freddo indicata nell'etichetta, dicitura che ora è difficile da trovare perché questa indicazione è quasi scomparsa.
Molti consumatori vogliono capire ma basta parole, chi promuove l'olio artigianale ci convinca che non vuole solo aumentare il prezzo in virtù di un'azione di marketing.

massimo occhinegro
massimo occhinegro
21 maggio 2012 ore 20:43

http://www.teatronaturale.it/strettamente-tecnico/l-arca-olearia/12726-piu-spazio-all-olio-vergine-per-salvare-l-extra-vergine.htm
Gent.le Sig.ra Orsini, le allego un link ad un mio articolo. In merito agli alchil esteri anche Bruxelles ha deciso di aspettare almeno un anno di sperimentazione prima di abbassare eventualmente i limiti. L'abbassamento dei limiti e' stato già adottato su base volontaria ad esempio dal CEQ prima di tutti gli altri. Comunque il tema dell'articolo e' quello degli oli artigianali. Se un frantoiano vendesse un olio buono ad una grande azienda e quest'ultima lo imbottigliasse e lo rivendesse , perderebbe forse le sue caratteristiche artigianali , solo per il passaggio di " canale" ?

angela orsini
angela orsini
21 maggio 2012 ore 20:09

Basta chiamare olio di oliva e non extravergine di oliva gli oli, nessuna frode dr. occhinegro, esiste il tavernello ed esiste l'amarone. Solo questo voglio dire. In quanto alle lezioni di chimica, ho solo letto quello che Mariani, Conte, Servili, Lercker scrivono sull'argomento. Evviva l'olio di oliva, quello vero, non quello venduto come extravergine.

massimo occhinegro
massimo occhinegro
21 maggio 2012 ore 18:41

Mi domando. Ma l'olio vergine oppure l'olio lampante sono anch'essi oli artigiani? La domanda e' strettamente legata a quella di Francesco Vittori.

rino sartori
rino sartori
21 maggio 2012 ore 17:28

Mi sembra di udire dei Padre Eterni dell'olio. Dio liberacene...

francesco vittori
francesco vittori
21 maggio 2012 ore 16:19

perdonatemi l'ignoranza. Se io compero un olio extra vergine quali sono le analisi chimichedi riferimento che devo fare per capire se è un olio artigianale o industriale?
grazie

massimo occhinegro
massimo occhinegro
21 maggio 2012 ore 13:53

Gent.ma Si.ra Orsini, i suoi commenti meriterebbero una disamina dettagliata che adesso non ho il tempo di affrontare. Le dico soltanto che ho l'impressione che Lei veda solo frodi e che non si rende conto che in Italia abbiamo anche una produzione di oli vergini che hanno un valore di alchil esteri elevato che metterebbe fuori gioco molti produttori nazionali. La sua visione è a mio parere molto limitata e non tiene conto che l'Italia è in UE e che si trova ad affrontare una concorrenza internazionale.
Le cito inoltre solo un accadimento. Quando ero bambino, il kiwi, il frutto veniva importato solo dalla Nuova Zelanda che conseguentemente era il primo produttore mondiale di questo straordinario frutto. Successivamente l'Italia ne è diventato il primo produttore mondiale ed attualmente sembrerebbe esserne il secondo dietro la Cina. Le riporto quanto scritto su wikipedia:
"Nonostante la pianta sia adatta ad un clima completamente diverso da quello mediterraneo, attualmente l'Italia è il secondo paese produttore (dopo la Cina) al mondo di frutti di kiwi.
Tale primato incredibile è stato raggiunto riproducendo con mezzi tecnologici modesti, ma alla perfezione, il microclima necessario per le piante. Tali mezzi sono:
- ombreggiamento con reti (l'ombreggiamento riproduce la ridotta insolazione del clima piovoso estivo cinese), le reti inoltre creano uno spazio con ridotta mobilità di aria conservando l'umidità alle foglie.
- nebulizzazione di acqua tra le foglie (si mantiene umidità tra le foglie).
- irrigazione a goccia (le radici sono superficiali e non sopportano disidratazioni violente).
Buona giornata.

angela orsini
angela orsini
21 maggio 2012 ore 12:48

Riassumo, olive ammassate: alchil esteri elevati, olio "industriale" da rettificare o da deodorare. Olive conservate bene e molite senza farle fermentare: alchil esteri bassi. Cosa c'entra la demagogia se per la prima volta si può differenziare il prodotto di qualità da quello "industriale". L'olio deodorato è meglio di quello che sa di picual, o di muffa o di riscaldo, tuttavia non si può vendere come extravergine, basterebbe scrivere olio di oliva. Troppo semplice forse. Basta chiedere al Dr. Conte.

massimo occhinegro
massimo occhinegro
21 maggio 2012 ore 11:49

Gent.mo Sig. Ermete Sangalli o pseudo tale, mi stupisce la sua reazione. Mi auguro che fosse da interpretare in senso ironico, diversamente lascerebbe trasparire un suo palese nervosismo! Al limite a prendersela, per non aver segnalato che l'articolo era stato pubblicato su TN, doveva essere il direttore responsabile Luigi Caricato. Evidentemente Lei , Ermete Sangalli , ci tiene a sottolineare questo aspetto. Va bene, dunque. Per sua informazione comunque ci tengo a precisare che in realtà ho letto l'articolo di Elia Fiorillo, il 14 maggio su malitalia mentre su Teatro Naturale mi pare sia stato pubblicato il 19 maggio. Buona giornata Sig. Ermete.

ermete sangalli
ermete sangalli
21 maggio 2012 ore 09:55

il dottor Occhinegro è assai poco attento:
http://www.teatronaturale.it/strettamente-tecnico/l-arca-olearia/13224-troppa-demagogia-oleicola-aiuta-la-concorrenza-spagna-in-testa.htm

massimo occhinegro
massimo occhinegro
21 maggio 2012 ore 07:29

Propongo la lettura di un articolo che giudico interessante.
http://www.malitalia.it/2012/05/la-demagogia-italiana-che-aiuta-la-concorrenza/

angela orsini
angela orsini
20 maggio 2012 ore 22:27

Sempre su questo sito Sig. Breccolenti c'è un commento molto chiaro sugli alchil esteri del ddl. Danno proprio noia, mi creda, pensi che poichè non riescono ad eliminarli senza farsene accorgere, (sa sono altobollenti!)c'è qualcuno che afferma addirittura che possono aumentare nel tempo.Questo può accadere solo se c'è ancora alcol etilico libero nell'olio (e quindi olio con difetto di avvinato) che può reagire con l'acido oleico presente. Credo sia Chimica organica.

giovanni breccolenti
giovanni breccolenti
20 maggio 2012 ore 21:49

Invito a leggere il ddl 3211(Norme sulla qualita` e la trasparenza della filiera
degli oli di oliva vergini) a firma di molti parlamentari in corso di iter,che,a parte la non proprio felice definizione di "olio artigianale" offre spunti molto interessanti:potenziamento dei panel test con valore probatorio per la definizione della categoria appartenente,abbassamento degli alchilesteri per gli oli Italiani con publicazione del dato per definire ancor piu' la qualita' merceologica,norme sull'etichettatura,il via libera ai tappi antiriempimento sui locali pubblici e altro ancora.Sui tappi antiriempimento vorrei segnalare che purtroppo ad oggi, se non verranno adottati correttivi costruttivi questi si possono aprire e richiudere con facilità.Al limite sarebbe da rendere obbligatoria una fascetta aziendale adesiva da applicare tra il tappo e la bottiglia a mo' di sigillo(come garanzia,se la fascetta è strappata, che il tappo non è stato aperto).

massimo occhinegro
massimo occhinegro
19 maggio 2012 ore 23:32

Anche questa e' una grande barzelletta. Le persone che a livello di solo pensiero hanno simili idee consiglio vivamente di andare a studiare, anzi forse hanno la mente troppo offuscata di ideologie per farlo con onesta' intellettuale e partoriscono simili idee, addirittura di un riconoscimento ministeriale, pensa come si sentono onnipotenti. Lo fanno per sentirsi protagonisti .4 I anziché 4 P per definirli: Incapaci, Inconcludenti Inconsistenti ed Ignoranti.

oleificio Ponterosso
oleificio Ponterosso
19 maggio 2012 ore 19:54

Sono frantoiano, sono nella categoria degli artigiani, quindi il prodotto che trasformo, è ottenuto grazie al mio servizio artigianale.
Domando, allora parte degli oli saranno Artigianali, altri Agricoli, altri Industriali e Cooperativi.
Ma stiamo, scherzando?
Per ottenere l'olio in tutte le categorie si usa un procedimento meccanico(continuo discontinuo a percolato,)ma sempre meccanico è.
Quindi condivido in pieno, e do tutto il mio sostegno al Dott. Caricato.
olio Exrtavergine d'oliva e basta!

giovanni breccolenti
giovanni breccolenti
19 maggio 2012 ore 19:22

Chi è che ha fatto questa proposta degli oli artigianali?Dove posso leggere qualcosa riferito a cio'?
Grazie.

MARIA ANNA BELLINO
MARIA ANNA BELLINO
19 maggio 2012 ore 16:31

Gentilissimo
grazie per la sua risposta,le mie ferite non sono vecchie ma ancora aperte,il peggio
e' che generalmente come si dice da noi in Puglia o anche altrove si va per avere grazia e si ottiene giustizia,questa guida non da benessere al mio stato mentale,il mio olio
ha avuto importanti recensioni anche sul Washington Post e scusate se e' poco,
le nostre soddisfazioni sono altre.

MARIA ANNA BELLINO
MARIA ANNA BELLINO
19 maggio 2012 ore 11:53

Carissimo dottor Luigi
io ho capito perfettamente il suo articolo e ho sintetizzato,sa non mi sono mai cucita addosso etichette di altri,perche' siamo un po' narcisi semmai altri si sono cuciti la mia con la contraffazione del mio marchio,ormai nota a tutti ma snobbata da tutti,e' un dato di fatto,non ho chiesto io di stare nella guida dell'AIFO,ma mi hanno invitato gentilmente e insistentemente,ormai proprio per i danni subiti nel corso degli anni scorsi,non produco piu' grosse quantita' che servono a tagliare,ma nel corso della ns esperienza mi creda ,lavorando meno olive produciamo meglio di prima.

angela orsini
angela orsini
19 maggio 2012 ore 10:22

Ma allora è vero Sig.ra Bellino, che ci sono oli che provengono da olive ammassate che fermentano e che questi oli hanno alchil esteri elevati. Avevo letto su questo sito che la norma sugli alchil esteri avrebbe risolto questi problemi, non è così? Evidentemente c'è un pò di confusione, forse allora esiste anche l'olio deodorato? L'olio deve profumare, se non profuma o è deodorato o è picual, questo mi dicono dove vado a comprare olio. In etichetta si potrebbe scrivere Olio ottenuto dalla sola spremitura meccanica delle olive, (ammassate o molite entro le 24 ore). No?

ermete sangalli
ermete sangalli
19 maggio 2012 ore 09:15

Leggo dal Documento unico programmatico del RISORGIMENTO DELL'OLIO ITALIANO del 2009 che, immagino, il dottor Caricato abbia almeno contribuito a redarre:
3) il Tavolo si farà promotore, in maniera coordinata e concertata, di strategie di comunicazione condivise, volte alla promozione dell’”italianità”. Con tale accezione non si vuole intendere unicamente il made in Italy in senso stretto del termine, quanto piuttosto l’italian style. La comunicazione dovrà quindi perseguire lo scopo di fornire un’immagine, specie all’estero, di un comparto oleario italiano coeso, in grado di muoversi in maniera unitaria. Tale comunicazione dovrà comunque essere trasparente e non nascondere, né tacere, che in Italia esistano di fatto due diverse filiere dell’olio di oliva: l’una che si definisce “lunga”, o “industriale”, composta da imbottigliatori/distributori, e l’altra che si definisce “corta”, o “artigianale”, in quanto composta da olivicoltori/frantoiani. In nessun caso gli attori di una filiera potranno utilizzare definizioni e terminologie denigratorie a scapito degli attori o dei prodotti delle rispettive filiere di appartenenza.
Mi pongo quindi una domanda: ha sbagliato allora o sta sbagliando ora?

MARIA ANNA BELLINO
MARIA ANNA BELLINO
19 maggio 2012 ore 08:01

Buongiorno dottor Caricato
lei sa benissimo quale differenza passa da un olio imbottigliato direttamente nel frantoio
che per farsi conoscere da' il meglio di se' e mette il meglio nella bottiglia,(se non si fa convincere da qualche commerciante a fare diversamente),non e' il caso di polemizzare
per una categoria che vuole cambiare la routine del suo mondo oleario ,non penso che siano di fastidio alle grandi aziende ,aiutiamo anche chi lavora seriamente le olive e non le ammassa per fare oli da taglio,estrae a temperature ? vende l'olio a qualsiasi prezzo perche' ha bisogno.non le pare.