L'arca olearia 24/03/2012

Poveri olivicoltori!

Poveri olivicoltori!

Non si è capito se “lo fanno o lo sono”, a tartassare un comparto produttivo ridotto ai minimi termini per mancanza di programmazione. Non c’è il Piano Olivicolo Nazionale promesso


Abbiamo appena letto una nota di agenzia che parla di una proposta di legge “salva – olio made in Italy” presentata lo scorso 21 marzo, a cura della Coldiretti, Fondazione Symbola e Unaprol, per “costruire un rapporto consumatori e produttori e difendere l’eccellenza del patrimonio olivicolo nazionale”. “Un sistema di norme – continua la nota – a tutela dei consumatori e della reale concorrenza tra le imprese, in grado di preservare l’autenticità del prodotto. La veridicità della provenienza territoriale e della trasparenza delle informazioni”.

Sembra la riproposizione dei principi che hanno ispirato i regolamenti comunitari 2081 e 2082 del 1992, oggi modificati con i regolamenti 509 e 510 del 2006. Regolamenti che hanno portato ad avviare quel processo virtuoso che, grazie ai produttori e alle istituzioni (in particolare la lucida determinazione del Mipaaf), dall’inizio del secolo stanno dando primati nell’olio e nelle altre categorie di prodotti contrassegnati, a sigillo della qualità e dell’origine, da marchio Dop o Igp.

Ben 241 denominazioni di origine (152 dop e 89 Igp) con il riconoscimento dell’altro giorno della Dop “Cinta senese” sulle 1055 (543 dop e 513 igp) riconosciute dall’Unione europea nel rispettivo disciplinare di produzione che fa da garanzia sia della provenienza sia della qualità.

Una proposta di legge, quella sopra menzionata, che, qualora approvata, non solo è il riconoscimento degli errori commessi nel recente passato, da parte degli stessi suggeritori di oggi, con la partecipazione alla elaborazione di norme che non hanno prodotto alcun risultato se non quello di:

Peggiorare la situazione di mercato dell’olio extravergine di oliva italiano; appesantire ancor di più la già pesante burocrazia, ormai non più sopportabile da parte del produttore;Allontanare il dialogo tra i vari soggetti della filiera e, così, rendere impossibile quella che è la prima vera necessità per il mondo produttivo;Sputtanare le Dop e renderle prive di significato, con il rischio di interrompere il percorso proprio nel momento in cui si dovrebbero stimolare i più diretti interessati per accelerarlo e con esso creare, sulla base di una corretta informazione, l’alleanza tra produttori e consumatori;Dare più forza all’intermediazione e alle concentrazioni commerciali.Privilegiare quell’industria di trasformazione che, a parole, si vuole combattere, facendo di ogni erba un fascio, con il risultato di favorire quelle straniere, soprattutto se continuano a girare il mondo con il nome italiano, e di punire quelle nostre.Sputtanare, così com’è successo con l’articolo uscito su Repubblica prima di Natale, l’olivicoltura italiana e i suoi preziosi oli.

Una voglia di farsi male e di far male a chi si dice di voler difendere, per noi, davvero incomprensibile, con uno spreco di energie quando, invece, c’è bisogno di raccoglierle tutte per salvare la nostra olivicoltura sempre più pressata da forze potenti. Interessi estranei al nostro paese che spingono per la creazione d’impianti superintensivi che questi sì, sono la fine dell’olivicoltura delle aree interne (l’olivicoltura dei grandi oli italiani) e, con essa, della biodiversità, del paesaggio, delle attività legate al comparto, delle tradizioni tra le quali il nostro patrimonio culinario.

La colpa della situazione che vive il nostro olio – possono stare certi i promotori della legge - non sta nella scritta se è meno o più di 1,5 centimetri, nella poca limpidezza dei marchi o nel tappo della bottiglia che permette il rabbocco (c’è da pensare ai costi di quest’operazione oltre all’inutilità). La colpa sta nella totale mancanza, come dicevamo all’inizio, di una politica riguardante l’agricoltura e questo suo fondamentale comparto produttivo; nell’incapacità di comunicare in mancanza di una strategia di marketing e ciò è dimostrato anche dal fallimento di progetti costosi di comunicazione che, dopo essere stati attivati, non hanno portato a nessun risultato tangibile.

Il fallimento di queste azioni e lo spreco di risorse sono dimostrati proprio dal fatto che si piange sullo stato del nostro olio e si continuano a cercare ancora palliativi per non affrontare con serietà e tutti insieme la situazione. Cioè prendere, una volta per tutte, il toro per le corna e smetterla di tergiversare, con il solo risultato di sprecare tempo e denaro e, diciamolo pure, pazienza, quella dei produttori che sono senza fiato e, quello che è peggio, soli. Tempo, denaro e pazienza oggi, più che mai, fondamentali preziosità.

Per guadagnarle invece di perderle queste preziosità, basta dedicarsi e concentrarsi sulle potenzialità delle nostre eccellenze Dop e Igp e sulla comunicazione e spiegazione ai consumatori dei marchi europei per avere subito risultati concreti sotto l’aspetto del marketing e, anche, dell’alleanza con i consumatori.

 


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Commenti 3

Raffaele  Giannone
Raffaele Giannone
24 marzo 2012 ore 17:15

Egregio Ferraro,
Ella sarà pure un tecnico dalla "pluriennale esperienza" ma dubito abbia mai onorato un oliveto, un frantoio, un'olio d'oliva della sua interna passione e ammirazione.
Il suo poco coinvolgente pessimismo cosmico questo sì è fermo nel tempo o quantomeno, mi permetta, alle sue lande di origine che non onora certamente per come le descrive.
Spero qualche buon olivicoltore calabrese insorga e ripari al danno...

Io,molto più sommessamente, parlo della mia piccola dimensione, ma la tranquillizzo sul fatto che ai tempi di Mussolini noi molisani venivamo formati dalle famose cattedre itineranti di formazione dell'Ispettorato Agrario, i nostri frantoi erano a trazione elettrica da decenni e separavamo l'olio con i primi separatori Pieralisi e "filtravamo l'olio con il sistema della "lavatura"...e mi fermo qui.
Non so se Lei ha esperienze più "traumatiche", ma sappia (!!) che persino in Molise,nel 2012, esistono moderni frantoi a ciclo continuo a 2-3fasi, laboratori di analisi, panel di assaggiatori e certificatori, cultori,studiosi e ONESTI OLIVICOLTORI che producono eccellenti oli extravergine d'oliva !!
Il lampante lo lasciamo a chi ce l'ha....
In quanto al suo messianico sistema ultraintensivo ho una repulsione istintiva, profonda, ragionata, sincera: possibile che non capisca che non è rincorrendo il profitto a tutti i costi (tale essendo la riduzione dei costi così perseguita) che si fa giustizia in questo mondo...di..ladri?? (Venditti..!)
Nessuno nega, io in primis essendo un piccolo produttore, che si debba recuperare redditività ad un'olivoltura altrimenti destinata all'estinzione, ma MAI e poi MAI tale redditività la raggiungeremo inseguendo i "falchi del mercato", i "patiti della quantità cinese", ma solo ed esclusivamente aggiungendo l'unico gioiello che nessuno potrà mai copiarci o moltiplicare : la storia,la cultura,la biodiversita, la qualità sempre cangiante e sempre coinvolgente dei nostri oli extravergine!!

Mediti, signor Ferraro, mediti....e dopo MOLTE meditazioni si accorgerà che è un pò fuori luogo additare gli olivicoltori o,come dice giustamente, i SANTI agricoltori!
Le scavallatrici le lasci ai marziani per noi l'olivo è e resterà un albero senza tempo, non un cespuglio da spiantare ogni 20 anni.
Con simpatia.
Raffaele Giannone, olivicoltore in terra di Molise

Nicola Ferraro
Nicola Ferraro
24 marzo 2012 ore 11:57

Carissimi sono un tecnico di pluriennale esperienza nell'olivicoltura Calabrese e dopo tanti anni mi sono convinto che stare dietro agli olivicoltori è tempo perso. Questi santi agricoltori non si vogliono rendere conto che dalla seconda guerra mondiale sono passati la bellezza di 66 anni. Il mondo è cambiato, la generazione umana del dopoguerra sta lasciando la zappa, la seconda generazione sta lasciando la zappa. ed è arrivata la terza generazione con lauree e titoli di studio. Ma pochi vogliono intraprendere la via dell'agricoltura. Tutti vogliono il posto fisso ma come insegnanti per insegnare a chi e dove?. Bene l'olivicoltura è rimasta al tempo di mussolini con alberi di alto fusto che sono ottimi per produrre olio lampante. Ma l'olio lampante veniva consumato dai raccoglitori di olive perchè i proprietari degli oliveti davano come compenso l'olio che rimaneva nel separatore del frantoio. Siamo arrivati al 2012 e ancora ci sono gli stessi oliveti che producono sempre olio lampante, sono pochi gi aglicoltori che producono olio extravergine e sopperiscono alle richieste tramutando l'olio lampante con l'aggiunta di olio verdone che tutti i produttori di olio che godono di una certa immagine comprano in Calabria e Puglia per miscellarlo con il loro olio lampante , a parte quelli che lo comprano in Tunisia, Algeria e Spagna per trasformarlo in olio Italiano. Conclusioni non potremo risolvere niente se non si cambia mentalità di produzione e per fare tutto ciò bisogna cominciare dagli impianti innovativi. E' necessario abbattere le piante secolari e rifare gli impianti ad alta intensità dove si possono piantumare ben 1000 piante per Ha. e prevedere la raccolta supermeccanizzata. La globalizzazione che all'inizio è sembrata una manna caduta dal cielo, si è dimostrata un disastro con la mentalità che ancora permane. Per cui io consiglio agli imprenditori olivicoli se volete non avere problemi per il futuro, non dovete avere alcun timore a rinnovare gli oliveti, altrimenti il futuro sarà peggio e non incolpiamo i politici, loro fanno quello che vogliamo noi. Per quanto riguarda la durata dell'olio da esperimenti fatti personalmente l'olio calabrese ha una durata di 3 anni e si conserva bene, sempre se costodito in bottiglie di vetro e con tappo termico, anzi acquista più digeribilità e sapidità invecchiando. Certamente a chi piace l'olio con il sapore del verdone non piacerà l'olio maturo. Grazie e scusate se mi sono prolungato ma sarò sempre a disposizione di chi vorra averepiù informazioni per gli impianti super intensivi. Colamais

Raffaele  Giannone
Raffaele Giannone
24 marzo 2012 ore 10:46

Cari amici di TN e carissimo Pasquale,
da quando ho iniziato a beneficiare della ricchezza di questo meritorio sito diretto dal dr. Caricato, mi sono sentito sempre più nel diritto/dovere di partecipare ai vari dibattiti aperti.
Leggo sempre con piacere i contributi di chi ne sa più di me e tu sei certamente tra quelli.
Ciò non di meno, con la passionalità che mi contraddistingue, mi permetto quasi sempre di dire la mia restando ancora convinto delle scelte (forse premature) fatte a suo tempo e che tu conosci benissimo.

Oggi leggo un interessantissimo articolo di Caricato sulla "durabilità" dell'olio, ovvero sull'olio "d'annata" scoperto nientemeno che da un bresciano..!
Spero di non rivelare bestialità, ma ricordo benissimo che nella mia famiglia i cui frantoi sono plurisecolari, si è sempre preferito l'olio di un anno in quanto più equilibrato, meno aggressivo,etc.
So benissimo che parliamo di epoche diverse in cui raccolta,estrazione e conservazione avevano ben altre regole e parametri (ammasso, resa, sacchi,etc.), ma tutti i nostri acquirenti (e qui torniamo sull'importanza della formazione del consumatore) hanno sempre preferito e acquistato (con nostra somma convenienza!) l'olio dell'annata precedente, nonostante,sia ben CHIARO, fossero stati ben informati sull'annata d'origine.

Lo studio statistico riferito da Caricato infatti non fa che confermare questi miei ricordi.

Dico questo a te e a margine del tuo intervento per ricordare a noi piccoli produttori e a voi esperti del settore di porvi anche il problema dei piccoli numeri e della contestuale grande qualità,storia e tradizione che rappresentiamo per l'olivicoltura di collina,erroneamente (secondo me)definita marginale o da "museo ambientale".

So di introdurre argomenti superiori alle mie conoscenze, ma, ripeto,se si vuole dare un futuro ANCHE all'olivicoltura di collina, occorre ricordare che, finalmente UNITI, anche i piccoli produttori possono e debbono dare il loro contributo alla vera identificazione dell'olio extravergine di qualità.

Come??
Spero frequentando TN e attingendo alle riflessioni di chi,come voi, pone gran parte della propria vita al servizio della cultura dell'olio.

Grazie e a presto !

Raffaele Giannone