L'arca olearia 18/02/2012

Vent’anni di Dop per l’extra vergine. E’ qui la festa?

Vent’anni di Dop per l’extra vergine. E’ qui la festa?

Risale al 1992 l’introduzione delle denominazioni di origine protetta per l’olio ricavato dalle olive. Tante le attese, in quegli anni in cui si sperava nella svolta per il settore. Cosa è accaduto da allora lo sappiamo tutti. Nel silenzio generale che sta caratterizzando questo anniversario, emerge qualche signficativo elemento di novità


L’Italia dell’olio a denominazione di orgine protetta crede fortemente in se stessa e non ci sta a passare in secondo piano. Certo, le quote di mercato non sono così esaltanti, rispetto ad altri oli della medesima categoria, ma sono tempi duri e in questo periodo storico di grande crisi non è facile farsi largo nel mercato, sul lungo periodo tuttavia i risultati verranno, ne siamo più che certi. Questo, quanto meno, è ciò che sostengono i diretti interessati, i quali tra l’altro incalzano affermando che il vero made in Italy, quello che da’ maggiori certezze e garanzie di autenticità, sia proprio quello targato Dop, e solo a seguire l’olio italiano tal quale, quello senza l’indicazione di un’origine circoscritta nei suoi confini. Cosa volere di più, dunque? L’olio italiano regione per regione, area per area, più al sicuro diu così? Il consumatore può sentirsi garantito. C’è anche un disciplinare di produzione che regola tutti passaggi, dal campo alla tavola.

A Olio Capitale, lo scorso settembre, in attesa della manifestazione fieristica in programma nei prossimi giorni a Trieste, dal 2 al 5 marzo, è stata non a caso dedicata un’intera giornata agli oli Dop; ed erano presenti alcuni rappresentanti dei principali consorzi di tutela tra i relatori. Hanno espresso pensieri positivi, anche se hanno ammesso che la strada sia ancora in salita.

Il quadro generale era stato perfettamente fotografato da Mario Adua, dell’Istat. Secondo quanto è emerso in quell’appuntamento, gli oli con attestazione di origine, nonostante talune fasi congiunturali negative poco incoraggianti degli ultimi anni, sono effettivamente in grado di puntare a un maggiore e consistente sviluppo di tutta la filiera olearia. C’è da crederci. Così sembra.

In fondo, se si lavora con grande convinzione, i risultati non mancheranno. C’è da esserne certi. Sono passati in fondo solo vent’anni. In questo tempo si è seminato, ma nel frattempo chi si è dato da fare è cresciuto, e ora, proprio in quest’anno in cui ricorre il ventennale, è arrivato il tempo di fare sul serio. Non è un percorso facile ma per lo meno adesso i consumatori sono più consapevoli. Tocca ai diretti interessati metterci in gioco e non deludere le aspettative.

Ascoltando alcuni produttori emerge un sentimento di fiducia, se hanno di che lamentarsi semmai è per ciò che è mancato finora: la visione d’insieme. E’ stata questa mancanza, questo evidente limite, a non aver giovato alla causa delle Dop. La svolta sembra essere arrivata. A Olio Officina Food Festival, per esempio, è stato compiuto il primo passo in questa direzione. E’ accaduto per l’esattezza che quattro consorzi di tutela che aderenti ad Aicig, l’Associazione italiana consorzi indicazioni geografiche, hanno provato a fare qualcosa che si doveva realizzare già da tempo. Si sono messi insieme. Insieme per un progetto di rilancio dell’olio a marchio Dop. Un passo significativo, quello compiuto formalmente a Milano, che ora proseguirà in una serie di altre iniziative promozionali condivise dai quattro consorzi di tutela che hanno avuto l’ardire di crederci e di accogliere la sfida. Si tratta dei consorzi degli oli Dop Riviera Ligure, Garda, Chianti Classico e Val di Mazara.

Non è qualcosa da passare in secondo piano. La sfida è grande. Sì, perché associarsi non è così elementare. Ci vogliono adesioni convinte, non puramente formali. I quattro consorzi associati Aicig si sono messi insieme con l’intenzione di costruire una nuova immagine comune. Lo hanno fatto sin dalla ideazione di un logo che raccoglie questo percorso condiviso. Attraverso questo percorso hanno intenzione di valorizzare, pur nel rispetto delle proprie individualità, la qualità e la competitività dell’olio extra vergine di oliva italiano a marchio Dop. L’Italia lo merita.

La sinergia delle nostre risorse – hanno tenuto a precisare i Presidenti dei quattro Consorzi di Tutela – ci consentirà di mettere a segno una serie di iniziative e progetti comuni in grado di incidere in maniera più significativa rispetto ad azioni individuali. Onore al merito: unire i propri sforzi è facile farlo a parole, nel corso di un convegno dove si tende sempre a essere virtuosi, ma non è poi così certo farlo nella realtà di tutti i giorni, dove mettere insieme visioni diverse e anche lontane resta un’operazione piuttosto ardua.

Pensate solo al fatto che questi quattro consorzi sono risuciti a mettere insieme e unire il nord, il centro e il sud dell’Italia. Si va dalla Liguria alla Lombardia, al Veneto e al Trentino; e poi, scendendo lo stivale, nel centro Italia la Toscana e, al sud, la Sicilia. E’ soltanto un esempio, ma serve a stimolare nuovi impulsi associativi. Ci saranno altri consorzi che vorranno aderire? Sarebbe auspicabile.

“Associarsi non significa appiattirsi”, hanno ribadito in un comunicato stampa i quattro consorzi di tutela citati. E noi di Teatro Naturale che nelle Dop ci abbiamo sempre creduto non possiamo che sperare altro. E’ nell’unità d’intenti che possibile rafforzare la forza espressiva delle Dop sugli scaffali. Un’attività di comunicazionecondivisa val molto di più di una comunicazione in solitaria. Che ne dite?

Quest’anno ricorre il ventennale delle Dop. Risale infatti al 1992 l’introduzione delle denominazioni di origine protetta per l’olio ricavato dalle olive. Tante le attese, in quegli anni in cui si sperava nella svolta per il settore. Ora è il caso di mettersi in gioco e lanciare un messaggio forte e chiaro ai consumatori.

 

 

 

di Carlotta Baltini Roversi

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Commenti 1

Vincenzo Lo Scalzo
Vincenzo Lo Scalzo
18 febbraio 2012 ore 17:54

"Ascoltando alcuni produttori emerge un sentimento di fiducia, se hanno di che lamentarsi semmai è per ciò che è mancato finora: la visione d’insieme". Condivido e mi sono espresso sulla stessa linea come osservatore-sconsumatore-comunicatore alla conferenza stampa in occasione del Festival al Giureconsulti.
Qui c'è la squadra: ha superato l'adolescenza e si rende conto che il campionato è serio. La visione d'insieme si può, anzi si deve costruire: con una diagnosi dello stato di salute e la scelta della strategia vincente per l'affermazione nella coppa Europea in primo piano e poi nella partecipazione al campionato mondiale.
Si tratta di scegliere attentamente il contenuto del messaggio, poer esempio approfittando degli effetti del superallenamento dei contendenti che ha lasciato segni di stanchezza e ricercando alleanze nazionali ed interazionali per una proposta nel territorio naturale e nella divulgazione delle identità golose di un alimento, non solo di un condimento. Di fatto la scelta di un strategia sostenibile.