L'arca olearia 23/07/2011

Registro Sian, che stress! Ma che cosa accade nel resto d’Europa?

Registro Sian, che stress! Ma che cosa accade nel resto d’Europa?

Già, cosa fanno gli altri Paesi produttori, Spagna in primis? In fondo è con loro che dobbiamo confrontarci. Subiscono anch’essi la medesima burocrazia? La nuova campagna non è tanto lontana. E’ opportuno che si risolvano in tempi record le numerose pecche del sistema. Legalità e osservanza delle regole, ma il rispetto verso chi lavora non possono passare in secondo piano


Veniamo a noi. Cerchiamo di fare il punto su una questione che è diventata terribilmente controversa, nonostante si sia partiti da un principio di fondo fortemente condiviso e accolto all’unanimità da ogni attore della filiera.

Tale principio, lo ribadiamo, consiste nel salvaguardare e difendere l’italianità dell’olio. Ed è un principio sacrosanto, che tutti, proprio tutti, hanno indistintamente a cuore – e, per tutti, sia ben chiaro, intendo indicare tutte le persone oneste, coloro, per intenderci, che agiscono correttamente, senza fare alcuna distinzione discriminatoria tra i vari attori della filiera.

Tutti uniti per difendere l’onorabilità dell’olio italiano. Nessuno escluso, dunque.

Perché allora un principio così ampiamente condiviso da tutti ha scatenato polemiche, proteste, malumori e sentimenti di rabbia e riprovazione, oltre a un ricorso al Tar, e, non bastando ciò, un ricorso al Consiglio di Stato, in attesa di riscontro, fino ad arrivare in ultimo a una interrogazione parlamentare a firma di soggetti politici trasbersali?

E’ una domanda che gli estensori del DM 8077/2009 si devono pur porre, assumendosi con ciò tutte le responsabilità del caso.

Il problema, in verità, non nasce con il Regolamento Ce 182/2009, quanto invece con il decreto attuativo che ne è conseguito. Un decreto, quello del 10 novembre 2009, che presenta di fatto delle complicazioni inutili, con una macchinosità che non giova a un comparto messo fin troppo a dura prova. Ma cosa accade all’estero? Come hanno reagito gli altri Paesi produttori aderenti all’Unione europea? Per esempio in Spagna, che è il nostro principale competitor con cui dobbiamo far fronte quotidianamente?

Juan A. Peñamil Alba, direttore generale della casa editrice Mercacei, un solido punto di riferimento nell’ambito dela comunicazione dell’olio in Spagna, resta stupito da quel che accade da noi. “In Spagna – dice – non esiste nulla che sia riconducibile a quanto si sta verificando negli ultimi mesi in Italia. Non c’è alcuna legge interna che abbia interpretato il Regolamento Ce 182/2009. da noi – aggiunge – esiste un controllo attivo già da molti anni. Questa ttività di controllo viene svolta dall’Agenzia per l’olio d’oliva, un organismo che controlla e registra tutte le operazioni effettuate dagli operatori del settore, che siano cooperative, magazzini, imprese di imbottigliamento o altro. Tutti gli operatori – precisa Peñamil – devono dichiarare mensilmente, e nella maniera più assoluta, tutte le operazioni, le quali poi vengono a loro volta controllate e registrate dall’Agenzia per l’olio d’oliva”.

Tutto tranquillo, dunque. Nessuna protesta, nessuna burcrazia? Lo chiedo più volte, in modo da verificare che go capito bene; e Peñamil, il direttore di Mercacei, mi conferma ancora una volta che è tutto tranquillo. “In Spagna – puntualizza – non abbiamo avuto alcun problema con l’introduzione del regolamento comunitario 182/2009. Le comunicazioni dei dati – chiarisce ancora una volta Juan Peñamil sono sì obbligatorie per tutti gli operatori del settore oleicolo, ma queste vengono effettuate già da molti anni”. Tutto per via telematica? “Sì”, dice. “Si svolgono telematicamente nel 96 % dei casi”. E con quale scadenza, chiedo. “Occorre farlo entro i primi dieci giorni di ogni mese”, risponde. C’è qualche azienda che non lo fa? “Solo una piccola percentuale, il 4 % circa, continua a effettuare le registrazioni manualmente. Con il fax, per esempio; e immagino che ciò sia dovuto al fatto che non dispongano di mezzi informatici”.

Stupore, dunque, per quanto accade in Italia. Juan Ramón Izquierdo, del Departamento de análisis de aceites y grasas, il laboratorio arbitral agroalimentario del Ministerio de medio ambiente y medio rural y marino, conosce bene la situazione italiana.

Izquierdo rammenta bene come appunto in Italia ci sia stato un continuo lamentarsi per la vendita di olio importato in gran parte dalla Spagna e venduto come fosse olio italiano, creando di conseguenza una situazione anomala nel mercato, mettendo così in serio pregiudizio gli interessi commerciali dell’Italia. “Da qui – spiega – la richiesta di ottenere una protezione per il made in Italy, da riportare obbligatoriamente in etichetta con l’obiettivo di vendere più olio italiano”.

Izquierdo sa proprio tutto. Nel dicembre dello scorso anno, invece, il nostro Ministero delle Politiche agricole ignorava gli adempimenti disciplinati dagli spagnoli sulla medesima questione dell’etichettatura obbligatoria.

“L’Italia – riferisce Izquierdo – non ha fatto altro che implementare quanto contenuto nel testo del regolamento comunitario, in modo da poter soddisfare le richieste di maggior tutela richieste dai produttori. Si è sviluppato di conseguenza il procedimento necessario per controllare l’effettiva italianità dell’olio prodotto”.

Cosa pensanpo gli spagnoli al riguardo? Sono a conoscenza del fatto che con il Decreto ministeriale 8077/09 si chiarisce punto per punto quanto è necessario fare per ottemperare alla certezza dell’origine. Ma sanno anche che i problemi che la norma sull’etichettatura obbligatoria dell’olio doveva risolvere in realtà non ha portato i risultati sperati.

Sembrerebbe – ha sostenuto confidenzialmente Izquierdo – che il procedimento amministrativo che si è venuto a creare in Italia sia abbastanza laborioso. Non solo. Il procedimento, che è a carico del produttore, viene considerato secondo Izquierdo un peso, con tutte le conseguenze del caso, in aggiunta al fatto, inoltre, che l’indicazione obbligatoria dell’origine alla fine non ha portato le conseguenze attese. Ovvero: “non sono aumentati, come gli italiani speravano, i consumi di olio extra vergine di oliva made in Italy”. Il che è una verità ampiamente dimostrata, come sappiamo bene noi tutti. Ebbene, resta infine da chiedersi con quale criterio sia stato imbastito tutto questo aggravio burocratico, con costi operativi alle stelle, se poi i risultati concreti ancora non si vedono. Aveva senso impegnarsi in tutta questa campagna sull’etichettatura obbligatoria se poi alla fine non si è riusciti a gestire al meglio i complessi meccanismi di una burocrazia macchinosa e vessatoria? Gli estensori e gli ispiratori di tutta questo gran can non potevano riflettere prima di agire?

Secondo fonti ufficiali che non sono state rese pubbliche, pare che, in una nota di chiarimento redatta lo scorso dicembre dal Ministero delle Politiche agricole italiano, la normativa comunitaria concernente l’obbligatorietà dell’etichettatura di origine non abbia avuto analoga attuazione da parte degli altri Paesi produttori dell’Unione europea in quanto – e sono parole testuali, riportate in un documento riservato – “il prodotto finale non riveste la stessa marcata sensibilità che si registra nel nostro Paese, e ciò sia per la cultura storica consolidata nel tempo, sia per la maggiore attenzione che i consumatori italiani riservano alla qualità”. Ora, con tutta onestà, cari signori del Ministero: ma ci volete prendere in giro? Utilizzate l’espressione “cultura storica consolidata”, ma secondo voi gli altri Paesi produttori europei sono forse sprovvisti di una “cultura storica consolidata”? ma a chi la date a bere? Un po’ di serietà, prego.

E poi, cari signori ministeriali, voi sostenete che nel nostro Paese vi sia una “maggiore attenzione” da parte dei consumatori verso la qualità”, ma siete davvero consapevoli di ciò che affermate? E allora, se siete così sicuri, come spiegate il trionfo sugli scaffali degli extra vergini spacciati in sottocosto? Non sono forse la vera prova dell’incapacità di distinguere la vera qualità degli oli da quella che si desume solo dall’etichetta?

Non siete a conoscenza di tutte le indagini con cui purtroppo si dimostra la scarsa conoscenza di una materia prima qual è l’olio extra vergine di oliva?

Resto ammutolito, senza parole. Ma trovo comunque la forza per aggiungere in ultimo una riflessione, alla quale vorrei tuttavia trovare una risposta. Perché, dopo aver introdotto tale decreto, i vostri migliori funzionari, e sono tantissimi, molto bravi e seri, e ne conosco tanti, di volenterosi, ma mai valorizzati a sufficienza, non li mettete in campo per spiegare e chiarire agli operatori tutti i dubbi che hanno nel gestire il registro Sian?

La gente abituata a lavorare e a fare ogni santo giorno la propria parte con la massima serietà, non rifiuta per principio la burocrazia, perché sa che le regole sono fondamentali, ma vuole soltanto una burocrazia più rispettosa e meno assillante. Se si introducono registri per un fine nobile quale può essere il poter garantire la certezza dell’origine, si pretende a gran voce che tali registri siano di facile applicazione, senza che contengano astruserie o lacune, nè aporie da risolvere in corso d’opera, e soprattutto si esige che tae burocrazia sia in grado di essere perfettamente utilizzabile senza che la loro tenuta comporti la perdita di serenità e di tempo prexioso per il proprio benessere, personale e familiare. E’ chiedere troppo?

Le regole devono essere fatte per l’uomo e non contro l’uomo. Chiedetevi il perché in altri Paesi produttori dell’Unione europea il regolamento Ce 189/2009 è stato vissuto diversamente che da noi. Attendo paziente le vostre risposte.

 

di Luigi Caricato

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Commenti 5

Giuseppe Romano
Giuseppe Romano
18 agosto 2011 ore 10:29

Esimio Direttore
telegraficamente esprimo la mia contestazione, nonchè le misure da adottare per salvaquardare e tutelare i ns. prodotti:
tutti gli oli che entrano nel ns. Paese DEVONO ESSERE ANALIZZATI ALLE FRONTIERE E/O DOGANE.
In merito al DM 8077, non porterà alcun effetto positivo, ma soltanto aumento dei costi che si ripercuoteranno sugli olivicoltori.
Romano Giuseppe oleificio

Tommaso Ruffini
Tommaso Ruffini
25 luglio 2011 ore 11:45

Caro Direttore,
in Italia siamo primi in tutto! Nel bene e nel male compariamo in testa a tutte le classifiche! Inimitabili!
Persino in Spagna dove si produce il doppio di olio con la metà di aziende agricole e la metà dei frantoi le comunicazioni sia pur telematiche devono essere effettuate UNA VOLTA al mese! Noi invece no! Ogni giorno, anzi no ogni sei (grazie all'impegno di Associazioni-Sindacati)!!! Fortuna loro!!!
Grazie a loro infatti batteremo la Spagna non solo per numero di operazioni sul registro, ma anche per numero di invii telematici al Sian!! Che bello!!

Tommaso Ruffini
Frantoio Torresi


Emanuele Aymerich
Emanuele Aymerich
23 luglio 2011 ore 11:48

più chiaro di così! ma dubito che chi dovrebbe leggerà...