Bio e Natura 27/07/2018

Sono tutti OGM, anche quelli con tecniche di nuova generazione

Sono tutti OGM, anche quelli con tecniche di nuova generazione

Divide la sentenza della Corte di Giustizia europea che equipara a organismi geneticamente modificati anche quelli ottenuti con tecniche di miglioramento di ultima generazione, come la mutagenesi sito-specifica. C'è chi parla di sentenza storica per garantire la biodiversità e chi lo considera un duro colpo per l’agricoltura con inevitabili gravi conseguenze


La direttiva sugli Ogm deve applicarsi anche agli organismi ottenuti mediante tecniche emerse successivamente alla sua adozione. Lo ha deciso la Corte di giustizia Ue, rispondendo al ricorso di un gruppo di associazioni francesi contro l'uso di sementi ottenute mediante mutagenesi sito-specifica, una biotecnologia di ultima generazione. Solo le varietà ottenute per mezzo di tecniche di mutagenesi 'tradizionale', cioè utilizzate convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza, sono esentate dagli obblighi della direttiva Ogm.

La decisione interviene su un acceso dibattito che a livello Ue dura da circa 10 anni. Da un lato, ci sono coloro che sottolineano la differenza tra prodotti transgenici e quelli ottenuti con le nuove tecniche, soprattutto se non richiedono l'impiego di materiale genetico esterno al Dna della pianta. In questi casi si possono ottenere velocemente varietà resistenti alle malattie e che richiedono meno pesticidi. Per questo si chiede di evitare, per queste varietà, l'oneroso processo di autorizzazione previsto per gli Ogm. All'opposto la pensano molte organizzazioni ambientaliste, secondo cui le nuove tecniche servono a produrre 'Ogm 2.0', che vanno sottoposti agli stessi controlli degli Ogm tradizionali.

Tesi che ora sembra essere anche alla base della decisione della Corte, secondo la quale i rischi legati all'impiego di tali nuove tecniche sarebbero simili a quelli derivanti dalla diffusione di Ogm perché consentono di produrre varietà geneticamente modificate a un ritmo e in quantità non paragonabili a quelli risultanti dall'applicazione di metodi tradizionali di mutagenesi.

Le reazioni in Italia

Lo studio e l’impiego di ogni nuova tecnologia che aiuta ad esaltare la distintività del nostro modello agroalimentare, il made in Italy e i suoi primati di biodiversità, possono essere approfonditi e valutati solo nel rispetto del principio di precauzione, della sostenibilità ambientale, del libero accesso al mercato, della reversibilità e della necessità di fornire una risposta alle attese dei consumatori. E’ quanto afferma Roberto Moncalvo, Presidente di Coldiretti, nel commentare la sentenza della Corte di Giustizia dell’UE nella quale afferma che gli organismi ottenuti tramite tecniche di mutagenesi, che sono comprese nel più ampio mondo delle nuove tecniche di selezione vegetale (NBTs), rientrano, in linea di principio, nell’ambito di applicazione della direttiva sugli OGM e sono soggetti agli obblighi previsti da quest’ultima.  Anche le nuove tecniche dunque – sottolinea la Coldiretti - non possono essere esonerate da un esame approfondito dei rischi ai fini dell’emissione deliberata nell’ambiente e dell’immissione in commercio in quanto simili a quelle della transgenesi dato che consentono di ottenere varietà “ad un ritmo ed in quantità non paragonabili a quelle risultanti dall’applicazione di metodi tradizionali” ed occorre “evitare gli effetti negativi sulla salute umana e l’ambiente e violare il principio di precauzione”. La Corte di Giustizia infatti – precisa la Coldiretti - esclude dall’applicazione della disciplina in materia di OGM soltanto le tecniche e i metodi di mutagenesi "che sono stati tradizionalmente utilizzati per varie applicazioni e la cui sicurezza è stata provata da molto tempo".  Spetterà agli Stati membri, al fine di promuovere le ricerche nel campo del miglioramento genetico e rendere disponibili agli agricoltori varietà vegetali resistenti ad insetti o a condizioni climatiche avverse, valutare – spiega la Coldiretti - la natura tradizionale delle applicazioni e l’osservanza di elevati livelli di sicurezza comprovando un precedente impiego risalente nel tempo.  Ad oggi sono rimasti solo due Paesi a coltivare i vecchi organismi geneticamente modificati nell’Unione Europea dove si registra anche nel 2017 un ulteriore calo della superficie coltivata del 4%, secondo le elaborazioni Coldiretti sulla base dell’ultimo rapporto ISAAA dai quali si evidenzia che in Europa sono stati seminati a biotech appena 131.535 ettari rispetto ai 136.363 dell’anno precedente. Nel 2017 infatti – conclude la Coldiretti – le colture ogm sopravvivono nell’Unione Europea solo in Spagna (124.227) e Portogallo (7.308) dove tuttavia si registra una riduzione delle semine del mais MON810, l’unico coltivato.

"Quella di oggi è una sentenza storica sulla quale però dobbiamo vigilare a livello nazionale affinché anche in Italia ci sia un allineamento tra Nbt e Ogm e non si creino scappatoie dovute a interpretazioni discutibili. Tuttavia, se non fossero state equiparate agli Ogm sarebbe stato devastante per la trasparenza nei confronti dei cittadini e l’agricoltura di piccola scala rispettosa dell’ambiente e della biodiversità" dichiara Francesco Sottile del Comitato esecutivo di Slow Food Italia, commentando la sentenza di poche ore fa della Corte di Giustizia Europea a proposito della controversa questione sulle cosiddette Nbt, la nuova generazione di tecniche di manipolazione genetica.  "Nel momento in cui usciamo dai campi per andare in laboratorio, dando vita a nuovi vegetali diffusi indipendentemente dalla vocazione del territorio in cui tradizionalmente sono coltivati, togliamo ai contadini il loro ruolo tradizionale, entrando in un ambito che non garantisce sicurezza. C’è anche un altro aspetto: un conto è affidarsi alla ricerca pubblica che opera nell’interesse di tutti i cittadini e non produce brevetti e un altro è ragionare a partire dall’operato di multinazionali che investono il loro budget e intervengono nel dibattito pubblico per il loro tornaconto economico. La sentenza lancia un chiaro segnale politico che fa ben sperare non solo per le sorti dell’agricoltura contadina rispettosa della biodiversità in Europa ma in tutto il mondo" conclude Sottile.

“Sebbene sia necessaria una più dettagliata analisi dal punto di vista legale, la prima reazione del settore sementiero è di disappunto e grande preoccupazione – ha dichiarato Giuseppe Carli, Presidente di Assosementi. Si tratta di un duro colpo per l’agricoltura europea con gravi conseguenze che ricadranno inevitabilmente su tutto il sistema e su tutti i cittadini europei: grazie alle New Breeding Techniques è possibile introdurre più velocemente e con più precisione quelle modifiche genetiche che avvengono spontaneamente in natura. La sentenza della Corte Europea, non tenendo conto del parere dell’Avvocatura generale che aveva invece offerto una certa apertura a favore di queste tecniche, rischia ora di far pagare il prezzo più alto ad agricoltori e ricercatori: i primi non potranno contare sul potenziale innovativo di questi strumenti per mantenere la propria competitività in un mercato globale, i secondi vedranno ulteriormente rallentato il loro contributo allo sviluppo del settore agroalimentare”. Le nuove tecniche di selezione, quali ad esempio Crispr-Cas, sono considerate cruciali per aiutare i costitutori e gli agricoltori a migliorare la produttività delle colture riducendo gli input: meno acqua, meno fertilizzanti e meno pesticidi, come richiesto ad esempio dalla PAC post 2020. Queste tecniche sono inoltre importanti per rispondere meglio alle richieste dei consumatori, sviluppando varietà nuove più nutrienti, sane, gustose, convenienti e diversificate. “Mentre nel resto del mondo si utilizzano queste tecniche innovative senza una eccessiva regolamentazione, a rimetterci ancora una volta sono gli agricoltori e i costitutori europei, che si vedono negata la possibilità di esplorare le grandi potenzialità e i benefici di questi strumenti innovativi” ha concluso Carli.

E’ sbagliato paragonare le nuove tecniche di mutagenesi agli Ogm e, di conseguenza, assoggettarle agli obblighi previsti dalla direttiva comunitaria in materia. Così la Cia-Agricoltori Italiani interviene nel dibattito aperto dalla sentenza della Corte di Giustizia europea. Le nuove opportunità offerte dalla ricerca vegetale sono straordinarie -spiega Cia-. L’innovazione biotecnologica dovrà basarsi sulle moderne tecniche della cisgenetica e soprattutto del genome editing, che permettono di superare la questione degli Ogm e di rilanciare la ricerca anche sulle varietà, cultivar e razze minori, valorizzando la biodiversità e la tipicità. Parlare solo di Ogm -continua Cia- vuol dire continuare a concentrare l’attenzione su una tecnologia sempre più datata, sottovalutando le nuove tecniche innovative per un’agricoltura più sostenibile dal punto di vista ambientale e della sicurezza alimentare. Per questo è importante sostenere ed estendere la sperimentazione su larga scala, coinvolgendo agricoltori, mondo della ricerca e università. Una strada da intraprendere subito, considerato che la stessa sentenza della Corte di Giustizia Ue esenta dalla direttiva Ogm quelle pratiche di mutagenesi già sperimentate nel tempo, e quindi considerate sicure, e lascia discrezionalità agli Stati membri di poter scegliere se considerare le nuove tecniche di mutagenesi come Organismi geneticamente modificati.

“Siamo profondamente sorpresi per l’odierna sentenza della Corte di Giustizia dell’UE che, ribaltando il parere depositato a gennaio dall’avvocatura generale, ha stabilito come in linea di principio gli organismi ottenuti mediante nuove tecniche di mutagenesi siano Ogm. E in quanto tali soggetti agli obblighi previsti dalla direttiva comunitaria in materia”. Questo il commento di Confagricoltura sul pronunciamento della Corte di Giustizia europea sulla mutagenesi. “Si tratta di una tecnica innovativa in continua evoluzione – rimarca l’Organizzazione degli imprenditori agricoli - dalla cui applicazione, utilizzata anche dai ricercatori italiani, possono derivare risultati positivi per la salvaguardia delle nostre produzioni”. Queste nuove biotecnologie, a parere di Confagricoltura, possono, infatti, contribuire alla riduzione degli sprechi alimentari, a garantire una produzione alimentare sostenibile, a tutelare le nostre produzioni tipiche, oggi minacciate da malattie di difficile controllo, in continua evoluzione, e dai cambiamenti climatici. “La sentenza della Corte – prosegue L’Organizzazione - tracciando di fatto una distinzione netta tra tecniche tradizionali ed innovative che penalizza queste ultime, non considera come Ogm gli organismi ottenuti da mutagenesi attraverso tecniche utilizzate convenzionalmente e con una lunga tradizione di sicurezza. Viene affidata però agli Stati Membri la facoltà di includerli ugualmente tra gli Ogm; aprendo così la strada verso possibili disparità tra Paesi membri”. “E’ una sentenza che richiede una riflessione politica attenta, che magari – auspica concludendo Confagricoltura – porti ad un ripensamento complessivo della direttiva n. 2001/18 del Parlamento europeo e del Consiglio.”

di T N