Quo vadis 23/04/2015

Scoprire la storia dell'uomo attraverso le forme della pasta

Scoprire la storia dell'uomo attraverso le forme della pasta

L’evoluzione delle forme della pasta non è stata dettata dal caso nè da canoni estetici. La basilare esigenza era cuocere l'amido per renderlo più digeribile e la forma e dimensione della pasta gioca un ruolo fondamentale


L’evoluzione delle forme della pasta sono già storia recente a partire dal 1600 quando iniziano ad operare le prime trafile in bronzo, utilizzando impasto di semola e pasta. Questa tecnologia è una fase di approdo di strategie nutrizionali che faticosamente traggono origine da un substrato diverso. La storia recente, infatti, ci documenta solo il reperimento di acqua sorgive adatte agli impasti, unitamente alla disponibilità di vento adeguato che determinasse una buona asciugatura ed una conservazione ottimale. Le testimonianze di Gragnano sono legate a questa fase ”matura” della storia dell’alimento.

La pasta tuttavia non nasce con la stessa determinazione delle odierne formulazioni, anche perché non è possibile documentare l’utilizzo di grano duro per questo uso, malgrado esso fosse correntemente utilizzato sin dall’epoca romana proveniente in modo massiccio con le importazioni dall’Egitto. La finalità di “essiccare” un impasto per poi reidratarlo in una fase successiva è una strategia nutrizionale che viene adottata quando le popolazioni in epoca più vicina a noi si strutturano in una organizzazione sociale stabile, ove fosse possibile disporre di locali per la conservazione degli alimenti e la successiva commercializzazione.

La strategia nutrizionale legata alla essiccazione e successiva reidratazione era già nota in epoca romana; il testo di Apicio documenta la produzione di dischi di pasta essiccati e poi successivamente cotti nel latte. Il testo latino utilizza un termine specifico “ tracta” che fa riferimento all’azione di “tirare” l’impasto realizzato con acqua e farina. L’azione del tirare è oltretutto documentata da Ateneo che riferisce, in lingua greca, della produzione e consumo a Roma di una pietanza realizzata tirando a sfoglia un impasto. Non ci è dato di ipotizzare lo spessore di queste sfoglie, forse più simili a delle moderne frappe, ma la cottura in olio o nel latte consolida la certezza che la cottura ed il consumo fossero differiti rispetto alla fase della produzione. L’allungamento dell’impasto risponde ad una strategia nutrizionale che affonda le sue radici in forme ancestrali più semplici e giunte fino a noi. Senza dubbio il couscous e gli gnocchi di acqua farina, malgrado la diversa dimensione, rispondono ad una esigenza primordiale: cuocere dell’amido per renderlo più digeribile. La forma sferica, tuttavia, risolve solo in parte questa esigenza, infatti l’idratazione dell’amido risolve parzialmente il problema, poiché il glutine presente nell’impasto resta non strutturato, quindi di lenta digeribilità. Gli gnocchi di acqua e farina, che solo più tardi, acquisiranno la fecola della patata, sono presenti nel nostro patrimonio gastronomico dalla Liguria ( “streppa e caccia là” ) al Lazio ( pizzicotti ); la fase della cottura non era dunque molto efficiente per la dispersione dell’amido nell’acqua di cottura.

La strutturazione del glutine è una condizione essenziale perché il reticolo proteico possa inglobare i granuli di amido; la fase dell’impasto inizia quindi ad essere più laboriosa ed approda a forme sempre più allungate. In mancanza di strumenti adeguati le prime forme allungate utilizzano solo le dita della mano (pisarei, strascinate, orecchiette); le nuove forme presentavano il vantaggio di esporre una maggiore superficie all’acqua di cottura con il doppio vantaggio di idratare, fino a farlo gelatinizzare, l’amido ed il glutine. Il rigonfiamento di entrambi incrementa la digeribilità e l’appetibilità di queste forme. Non tutti i problemi erano stati risolti, poiché i primi frumenti erano a basso indice di glutine e non era del tutto praticabile l’essiccazione di questi formati; la pasta “fresca” domina i primi consumi, come viene documentato nella miniatura conservato nel Theatrum Sanitatis presso la Biblioteca Casanatense di Roma. L’allungamento delle forme di pasta coinvolge anche alcune popolazioni africane che utilizzano, ad esempio, la pasta “katta” con la tipica forma a piccolo vermicello. Le paste africane non evolveranno ulteriormente, sia per la limitata disponibilità di acqua, sia per lo stile di vita nomade che non consente diagrammi di flusso produttivo lunghi ed elaborati. L’allungamento delle forme iniziato con i “pici” giunge fino alla sua massima espressione nelle “manate” lucate, prodotte a partire da un anello di pasta che viene assottigliato con le mani fino ad ottenerne un unico filamento lunghi vari metri. Le nuove forme presentano, oltretutto, un terzo vantaggio non previsto inizialmente : la possibilità di aumentare la superficie totale dell’impasto capace di trattenere delle salse sempre più elaborate.

L’allungamento delle forme risponde di una strategia nutrizionale basilare: a parità di volume dell’impasto la superficie totale aumenta un modo sensibile. L’inconsapevole incremento della superficie all’acqua di cottura determina un ulteriore elemento di evoluzione: la formazione del foro centrale. I primi bucatini realizzati con l’aiuto di un ferro sono documentate già da Bartolomeo Scappi già nel 1643. Con questo strategia l’acqua di cottura prima, e le salse poi, hanno una superficie di contatto quasi raddoppiata. Il fusillo realizzato con la stessa tecnica aggiunge un’ulteriore incremento della superficie totale dell’elica divenendo in tal modo la fase di arrivo che più ottimizzava la digeribilità e l’appetibilità.
L’introduzione del grano duro iniziò progressivamente a limitare la dispersione dell’amido gelatinizzato nell’acqua di cottura; questo risultato ha consentito un miglioramento della appetibilità dell’aspetto della pietanza, ma inevitabile è stato l’aumento della assunzione di glutine nella dieta italiana, con le conseguenze epidemiologiche a tutti note.

di Giuseppe Nocca

Commenta la notizia

Per commentare gli articoli è necessaria la registrazione.
Se ancora non l'hai fatto puoi registrati cliccando qui oppure accedi al tuo account cliccando qui

Commenti 0