Fuori dal coro 01/06/2018

Un oliveto secolare è un valore multiplo e trasversale

Un oliveto secolare è un valore multiplo e trasversale

Di fronte all'abbandono e all'incuria non resta che una sfida culturale, ancor prima che di campo. Recuperati sul Trasimeno due ettari di oliveto storico che sono tornati alla comunità grazie all'opera dell'Associazione Le Olivastre


Le colline del Trasimeno ospitano un piccolo laboratorio.

È quanto sostengono le Olivastre, associazione impegnata, dal 2014, in azioni di contrasto al fenomeno di graduale abbandono degli oliveti secolari disposti intorno ad uno dei paesaggi più suggestivi d’Italia: l’Umbria del lago Trasimeno. Proprietà frazionate, spesso lasciate in eredità dai nonni (coloni e mezzadri) a nipoti ormai impegnati in altre attività professionali; qualche appezzamento più esteso, in memoria delle proprietà latifondistiche ecclesiastiche o nobiliari. Il tutto moltiplicato per un minimo comune multiplo: la collina, tanto bella quanto di difficile meccanizzazione.

Non resta che l’olivicoltura “eroica”, quella delle sfide impossibili, della lotta ostinata contro le avversità ed i cambiamenti climatici, il costo dei mezzi di produzione, la lentezza della burocrazia, la ristrettezza del mercato italiano per l’EVO di qualità al giusto prezzo ed il miraggio dei mercati esteri (e l’elenco potrebbe proseguire).

Oppure, non è forse giunto il momento di esplorare altri percorsi?

Un oliveto secolare è un valore multiplo e trasversale. Riportato in produzione, può regalarci un EVO dalle 538 diverse sfumature, tante quante sono le varietà di cultivar autoctone esistenti nella Penisola. Recuperato attraverso un’attenta potatura, che ne concili natura ed impeto con le basilari esigenze della produzione e della raccolta, può divenire simbolo di un “nuovo” paesaggio italiano, non più in decadenza ma neanche immobilizzato nella categoria del “museo diffuso”. Un paesaggio sorretto, alimentato e difeso dalle comunità locali.

Nel laboratorio del Trasimeno, la piccola green community delle Olivastre ha recuperato e riportato in produzione due ettari di oliveto secolare. La Dolce Agogia, cultivar tipica del lago, mostra ora tutta la sua imponenza (è una specie assurgente ed indomabile) e, dall’alto, sbircia i tetti della Rocca di Passignano. L’olio prodotto viene imbottigliato e proposto per ciò che rappresenta: olio buono ed etico. Tutti i proventi vengono reinvestiti nelle operazioni di mantenimento del campo.

L’oliveto, restituito alla comunità, è diventato luogo di condivisione: c’è chi viene a raccogliere asparagi, chi porta via i residui delle potature per il camino di casa, chi viene a scattare foto o a leggere un libro. Periodicamente i volontari partecipano alle operazioni di pulizia e potatura. I più temerari, si spingono verso una scelta di “genitorialità” e decidono di aderire alla campagna annuale di adozione “l’olivo genealogico”.

L’oliveto è diventato scenario di percorsi formativi e di approfondimento: corsi di potatura e degustazione dell’olio EVO, incontri a tema sulle buone pratiche agricole, visite guidate a piedi o in bici elettrica per osservare il lago dal vero e nelle sue rappresentazioni (la cartografia, la pittura del futurista Dottori, gli sfondi del Perugino); è luogo aperto alle innovazioni proposte dal mondo dell’agricoltura di precisione.

L’oliveto è diventato occasione per innescare processi virtuosi, che si collocano oltre le classiche dicotomie fra intervento pubblico e privato, economia di mercato e no profit, oltre gli steccati imposti dalle associazioni di categoria. Ne è un esempio l’Oro di Agilla: concorso itinerante per il miglior olio del Trasimeno, cui possono partecipare gratuitamente tutti i produttori di EVO degli otto comuni del Lago, nell’ottica di un’occasione di incontro nel corso di una sfida amichevole.

A quale scopo? Per valorizzare un prodotto di eccellenza, l’agricoltura che lo produce, una cultura alimentare che lo sottintende, l’identità culturale di una comunità in cui ci si riconosce e, quindi, la vitalità di un territorio inteso come rete compessa di relazioni, aperta ad un orizzonte non solo locale.

di Paola Sticchi