Emozioni di gusto 19/12/2014

Con le Feste torna alla ribalta il padre nobile degli insaccati: il cotechino

Con le Feste torna alla ribalta il padre nobile degli insaccati: il cotechino

E' una vera istituzione gastronomica italiana. L’abbinamento con le lenticchie non è casuale: da una parte il maiale che simboleggia il benessere e la ricchezza, dall’altra le lenticchie con la loro forma appiattita che rimanda a quella di una moneta


Siamo a ridosso delle festività natalizie, un altro anno sta volgendo al termine.

Il 2015 sarà un anno fondamentale per impostare un approfondito dibattito su un tema-chiave che riguarda il futuro di tutti noi: la questione alimentare e la nutrizione del nostro pianeta. Sarà infatti l'anno dell'imponente esposizione universale Expo 2015 che avrà come leitmotiv proprio la nutrizione dei popoli sulla terra; ed inoltre - non tutti sanno - sarà anche, come sancito dall'Onu, l'anno internazionale del suolo,una risorsa naturale fondamentale in quanto ospita le piante e le nutre, ergo fornisce indirettamente anche agli animali e all'uomo il carburante per vivere.

L'anno che verrà sarà quindi cruciale per poter sviluppare ampiamente queste tematiche nelle sedi e con gli organi e le istituzioni competenti…Ma per chiudere questo 2014 con un sorriso, vorrei virare su un argomento meno serioso, pur parlando sempre di "Alimentazione" e di "Istituzioni". Parleremo cioè di un'istituzione gastronomica pan-italiana, tanto in voga in tutte le regioni d'Italia in questo periodo dell'anno: il Cotechino.

Si tratta di un insaccato di pura carne suina salata e speziata che viene disposta e conservata all’interno delle budella del suino stesso. Una tecnica di conservazione che verrà poi utilizzata, emulata per altri insaccati della tradizione italiana dalla mortadella al salame, al suo parente più stretto lo Zampone. Quest’ultimo, è bene rammentarlo, è analogo al Cotechino nel contenuto, ma non nel “sacco”, poichè l’impasto naturale non viene inserito in un budello, bensì nella pelle della zampa anteriore del maiale. Il cotechino è quindi una sorta di antesignano, di padre nobile degli insaccati italiani, vanto della nostra charcuterie nazionale

Esso imbandisce (assieme allo Zampone) le tavole di tutte o quasi le famiglie italiane, è ormai una tradizione consolidata, soprattutto l’ultimo dell’anno, cucinato con le lenticchie.

Il Cotechino rievoca abbondanza, festa, convivialità . L’abbinamento con le lenticchie non è casuale: da una parte il maiale simboleggia il benessere e la ricchezza, pensiamo ad esempio che il salvadanaio il più delle volte ha proprio la forma del porco stesso; dall’altra le lenticchie con la loro forma appiattita che rimanda a quella di una moneta. Ricchezza ed abbondanza quindi come auspicio per l’anno che va ad incominciare.

Ma quali sono le origini di quest’insaccato? Consultando l’enciclopedia libera universale online, il cotechino parrebbe essere originario del Friuli-Venezia Giulia, in zone povere dove per l’esigenza di conservare le carni tutto l’anno per via delle difficoltà negli spostamenti, e per la necessità di sfamare famiglie numerose, alcune comunità locali sperimentarono questa tecnica di conservazione delle carni. Tecnica che poi si diffuse in tutta Italia, in particolare nelle Regioni del Nord.

Fu sempre per difficoltà di natura socio-economica legate a precisi contesti storici, che nacque lo Zampone. Ci spostiamo verso la bassa padana, precisamente a Mirandola in provincia di Modena. Correva l’anno 1511: la città venne assediata dalle truppe papiste. I mirandolesi erano ridotti alla fame, c’erano ancora molti maiali e c’era la necessità di macellarli e di conservarli per un lungo periodo. Dalle notizie storiche pare che sia stato il cuoco del famigerato Pico della Mirandola ad avere l’idea di introdurre le carni più magre dentro la pelle delle zampe del suino. Fu un’intuizione talmente azzeccata che, verso la fine del Settecento, lo Zampone di Modena aveva finito col rimpiazzare in gastronomia la salsiccia gialla, che aveva reso celebre la città in epoca rinascimentale.Notevole ai fini della sua gloria culinaria, fu lo spunto del padre della cucina italiana Pellegrino Artusi, che inserisce il cotechino nella sua blasonatissima opera “La scienza in cucina e l’arte del mangiar bene” (pubblicata nel 1891) nella ricetta n. 322 quella del “Cotechino fasciato”, conferendo a questo prodotto un pathos aristocratico.

Oggi il cotechino-zampone di Modena è tutelato dal marchio Igp e da un disciplinare di produzione, ai sensi del Reg. Ce 590/99.

Ma il cotechino non è solo Modena, “altri cotechini” sono stati inseriti nelle liste Pat (produzioni agroalimentari tradizionali) come il coessin co la lengua del basso vicentino o il coessin co lo grugno in Veneto, quello “formato salsiccia” tipico molisano o quello bianco in Lombardia, solo per citarne alcuni.

Tornando al clima gioioso delle festività natalizie, vediamo in breve la ricetta del cotechino con lenticchie, secondo la versione proposta dal Dizionario moderno di Gastronomia (Borra, Fornasari, Lucchesi, ed. Paoline ’76): Il cotechino deve essere lasciato il giorno prima in acqua fredda per circa 30 min. avvolto in una carta oleata. Successivamente andrà posto in una casseruola, facendolo bollire lentamente per un’ora. Lasciarlo a mollo tutta la notte nel suo liquido di cottura.

Il giorno dopo si prepareranno le lenticchie, che - dopo averle scolate e lessate – verranno versate in una casseruola con un soffritto già precedentemente elaborato. Quest’ultimo sarà a base di olio, burro, pancetta e sedano tritati, cotti all’interno di un salsa di pomodoro diluita di un brodo caldo.

Nel mentre si rimetterà il cotechino a sobbollire per un’altra oretta. Una volta ultimata quest’ulteriore cottura, verrà privato dello spago e della carta, tagliato a fette regolari e adagiato su un vassoio con il preparato di lenticchie.

A quel punto la festa potrà iniziare…ma quale vino scegliere per accompagnare il cotechino con le lenticchie? Non credo che ci sia un abbinamento ideale, tuttavia vista la grassezza dello zampone e la mineralità delle lenticchie, meglio un rosso tannico, persistente, minerale, magari un po’ frizzantino… Con l’enorme varietà di vini rossi regionali, non c’è che l’imbarazzo della scelta.

di Emiliano Racca