Massime e memorie 19/04/2008

«Ma chi te lo fa fare?», pensa, e vorrebbe sprofondare dalla vergogna

Con la musica in testa, ecco come esordisce nella veste di concertista Giovanni Allevi: "grazie per esere venuti", dice, con la voce tremante


È il 9 aprile del 1991, giorno del mio ventiduesimo compleanno. Sono arrivato qui a Napoli da solo, dopo un lungo viaggio in treno, per fare il mio primo concerto lonta­no da casa. Mentre mi portano in camerino, il mio sguardo ca­de su un pezzo di carta, appeso con lo scotch sulla porta a vetri della piccola sala da concerto: «Serata jazz. Giovanni Allevi. Pianoforte». Serata jazz? Suonerò la Partita in Do minore di Bach, diversi brani di Chopin, cinque studi di Scriabine, Ravel e alcune mie composizioni. Serata jazz? In camerino mi vesto. Eccomi, sono pronto. La camicia è bianca con il colletto ben stirato, lo smoking è nuovo comprato ap­posta per l'occasione, le scarpe sono nere lucide e ho un po' di gel sui capelli corti. Lavo gli occhiali, come ultima cosa. L'organizzatrice, con una voce un po' imbarazzata, mi dice che iniziamo alle nove in punto. Perché è imbarazzata? Faccio un sospiro e attendo. Viene a prendermi. È seria e guarda per terra. Ci dirigiamo in silenzio verso la porta di vetro. Me la apre e mi invita a entrare. Ora so che passare quella porta significava iniziare un'altra vita. Ecco il pianoforte, le sedie, ma... non c'è nessuno! Conto solo cinque persone. Sedute, per giunta, in se­conda fila. Ecco perché l'organizzatrice è imbarazza­ta: non è venuto nessuno a sentirmi. «Buonasera, mi chiamo Giovanni Allevi. Grazie per essere venuti al mio primo concerto a Napoli.» Ho la voce tremante. Ho recitato la frase a memoria con il sorriso sulle labbra, ma dentro sto morendo. Ave­va ragione mio padre, quando mi diceva: «Ma chi te lo fa fare?». Chi glielo dice che non c'è nessuno? Vorrei sprofondare dalla vergogna. Una signora del pubblico, con un sorriso dolcissimo, prende la parola e con il mas­simo della gentilezza mi dice che se voglio, posso anche non suonare. Forse immagina la mia umiliazione. «Ma no, già che ci siamo...» rispondo con leggerez­za. In realtà, sul treno ho ripassato ogni nota del con­certo centinaia di volte e non posso credere che tutta la mia attesa spasmodica si risolva in una bolla di sa­pone. Suonerò lo stesso. Ci tengo troppo a questo concerto e lo porterò a termine!

Giovanni Allevi




Testo tratto da: Giovanni Allevi, La musica in testa, Rizzoli, Milano 2008

di T N