Massime e memorie 16/06/2007

LA FELICITA' PERDUTA


Se ne sentivano talmente tante sulla guerra, che sembrava fosse scoppiata in una nazione lontana e sconosciuta. Solo quando i primi profughi giunsero in città capimmo che il paese in cui si combatteva era davvero il nostro. Famiglie intere che avevano percorso centinaia di chilometri raccontavano di parenti uccisi e case bruciate. Qualcuno aveva pietà di loro e offriva accoglienza, ma quasi tutti la rifiutavano, perché dicevano che prima o poi la guerra sarebbe arrivata anche da noi. I bambini dei profughi neanche ci guardavano, scattavano impauriti al rumore della scure sulla legna o quando i sassi lanciati dalle fionde dei ragazzi a caccia di uccelli risuonavano sui tetti di lamiera. I più grandi si perdevano nei propri pensieri, mentre parlavano con gli anziani della mia città. Erano stanchi e malnutriti, ma era evidente che c'era qualcos'altro che li tormentava, qualcosa che ci saremmo rifiutati di credere, se ce ne avessero parlato. A volte pensavo che i profughi esagerassero, nei loro racconti. Le uniche guerre che conoscevo erano quelle dei libri, dei film di Rambo, oppure quella nella confinante Liberia, di cui avevo sentito parlare al radiogiornale della BBC. A dieci anni la mia immaginazione non era in grado di intuire cosa aveva derubato i profughi della felicità.

Ishmael Beah



Testo tratto da: Ishmael Beah, Memorie di un soldato bambino, Neri Pozza 2007

di T N