Massime e memorie 22/04/2006

IL PADRONE DI TERRE


Sia per sempre disonorato
Il manzo che l’ha nutrito
Con polpa e midollo;
Lo stesso disonore tocchi al castrato
E agli altri eunuchi da cortile.
Disonore alle vigne
Che gli hanno fornito manzanilla
Per mantenere rosse guance
E l’occhio come lo scalpello
Che cancella gli sguardi altrui.
Si vergogni il tessitore
Che ha tessuto a rilievo
Le rose nere della giacca
Foderata di verbali e sequestri.

Si vergogni il cappellaio,
Si vergogni il sarto.
Si vergogni il falegname
Che ha tagliato e inchiodato
Il suo bastone di pero duro
Dalla cui impugnatura
Dipendono dozzine e dozzine
Di famiglie di braccianti,
A parte asini e muli
Le mandrie di capre
Con cani e pastori.
Il padrone e il bastone
Sono un corpo solo
Per la verifica e la punizione.

Il suo potere esteso per terre
E accentrato in centimetri ed ettari
Contiene boschi granai cisterne:
Tutte le mani tutte le anime
Tutta la sete tutta la fame.
Il padrone di terre
Acceca il mastino di fiducia
Che gli ha sottratto il tordo
Dallo spiedo caldo
E stermina gli usignoli
Perché consumavano la voce
Per niente, per niente.
E il niente per il padrone di terre
È la morte, la Muerte.

Sia per sempre disonorato
L’avvocato che lo difende,
Lo stesso disonore tocchi al giudice
Che lo assolve e al vescovo che sorride.

Raffaele Carrieri


Testo tratto da: Raffaele Carrieri, Le ombre dispettose, Mondadori, Milano 1974

di T N