La voce dei lettori 02/03/2018

Olivicoltori e frantoiani sanno creare un progetto di mercato per il loro olio?

Olivicoltori e frantoiani sanno creare un progetto di mercato per il loro olio?

Il “progetto mercato” dell’olio extravergine di oliva (italiano) richiama oltre alle loro capacità individuali, anche altre responsabilità, strategiche e organizzative, culturali e istituzionali. Un percorso necessario per arrivare nelle cucine dei consumatori secondo Gigi Mozzi


Caro Direttore,
il tuo articolo mi ha ricordato una delle “leggi” di Einstein, che non riguarda l’universo, e per questo, meno diffusa e onorata delle due Relatività, ma riguarda ciascuno di noi e, quindi, altrettanto importante: “Ognuno è un genio. Ma se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi, lui passerà tutta la sua vita a credersi stupido”.

Anch’io non credo che un eccellente chirurgo sia facilmente un grande calciatore, o che un raffinato frantoiano sia anche un bravo commerciante, e nemmeno che, chi fa un buon prodotto sia anche un ottimo costruttore di brand o di mercati.
Salvo naturalmente, rare eccezioni: molto rare.

Olivicoltori e frantoiani hanno realizzato un valido “progetto di prodotto”: tanto più, nelle difficili condizioni territoriali e ambientali, in cui ciascuno ha lottato ed è riuscito.

Invece, il “progetto mercato” dell’olio extravergine di oliva (italiano), che richiama oltre alle loro capacità individuali, anche altre responsabilità, strategiche e organizzative, culturali e istituzionali, non è stato realizzato.

Non so, quanto non sia colpa di olivicoltori e frantoiani.

Personalmente ho visto, alcuni anni fa, quando il tempo era più propizio, rinunciare alla formula delle “Reti d’Impresa” come leva per lo sviluppo, a vantaggio di uno dei tanti Consorzi: forse non sono stato così bravo di riuscire a spiegare che i Consorzi servono al “progetto di prodotto” e le Reti d’Impresa al “progetto di mercato”.

La differenza tra “prodotto” e “mercato” non sta negli ulivi (o nelle olive) che devono essere messi assieme: sta nel “progetto”.

Mettersi assieme, rimane sempre una modalità per realizzare un buon “progetto di prodotto”: ma non basta.

E non sono convinto – salvo rare eccezioni- che chi sa fare un buon “progetto di prodotto” sia anche capace a realizzare un efficace “progetto di mercato”.

Nel “progetto di prodotto”, ci si arrampica sugli alberi: nel “progetto di mercato”, conviene andare da chi di mestiere fa il pesce e che nuotando extra-veloce, sappia evitare che l’extra-vergine resti imprigionato nelle reti dei competitori e arrivi, finalmente, nelle cucine dei consumatori.

Chi sa arrampicarsi sugli alberi, se si mette a fare il pesce, passerà la sua vita a credersi uno stupido (Einstein mi perdonerà, per avergli rubato l’idea).

Gigi Mozzi

 

Caro Gigi,

credo che il problema principale del mondo olivicolo, quello che produce in campo e in frantoio, sia non avere neanche la consapevolezza di dover creare un “progetto di mercato”.

Dirò di più, a mio avviso vi è una visione astratta, a tratti utopica, del consumatore, quasi si tratti di una realtà immaginaria e immaginifica.

C'è chi lo vede come un bambino da educare e chi come avversario, che pensa solo al prezzo e non alla qualità.

Il vero problema, però, è che, parlandosi poco e confrontandosi ancor meno, se non per la marca di concime o di decanter, olivicoltori e frantoiani si autoconvincono di avere ragione.
Entrano in un loop autoreferenziale, la cui unica uscita è che il mercato è piccolo, brutto, sporco e cattivo e non capisce, quindi non remunera, la loro eccellenza.

Ancor prima che reti di impresa, qui occorre fare reti mentali che da un lato scongiurino un peggioramento delle derive autoreferenziali e dall'altro trovino un linguaggio comune da cui partire, delle basi culturali e informative che permettano di far arrivare pochi messaggi chiari e univoci ai consumatori.

A semplici domande:
perchè acquistare olio italiano?
perchè acquistare olio Dop?
perchè acquistare olio artigianale?
Vorrei che si rispondesse con gli stessi concetti, se non con le stesse parole.
Invece, nella stragrande maggioranza dei casi, le risposte sono sempre diverse, mandando in confusione anche il consumatore meglio disposto a comprendere.

Non so se olivicoltori e frantoiani sono pronti a creare reti d'impresa per realizzare un progetto di mercato.
So che se olivicoltori e frantoiani non si mettono in rete, almeno per darsi un'identità chiara, il sogno di una nuova olivicoltura italiana non si realizzerà mai.

Un caro saluto

Alberto Grimelli

di T N