La voce dei lettori 03/03/2017

Ma quanto divide il tema del DNA sull'olio d'oliva!

Ma quanto divide il tema del DNA sull'olio d'oliva!

"Non sarebbe bellissimo poter avere presto – con un impegno condiviso da tutta la filiera italiana - sia un'analisi sul DNA delle cultivar sia quella che “supporta” il panel test?" Si chiede il Presidente di Federolio Giuseppe Tabano. La realtà è che ormai i fatti hanno superato i progetti e gli auspici. Sono tre le inchieste giudiziarie che utilizzano il metodo del DNA per l'olio d'oliva


Gentile Dottor Grimelli,

Le scrivo in relazione al Suo articolo sulla puntata di “Mi manda RAI 3” del 23 febbraio scorso, dedicata all'olio extra vergine di oliva, apparso sull'ultimo numero di “Teatro Naturale”.

Pur condividendo varie delle Sue argomentazioni, trovo sorprendente che i miei interventi nella trasmissione siano da Lei definiti “aggressivi”; Le assicuro che essi non sono stati ritenuti tali dalle persone con cui ho discusso, al punto che a telecamere spente, abbiamo continuato a parlare in un clima di cordialità e, in particolare, anche la giornalista Barbara Cataldi ha convenuto sulla necessità di approfondire, semmai in una nuova puntata, vari dei punti da me messi in evidenza.

Insomma la “gazzarra” non c'è stata perché non può e non deve ritenersi tale un dibattito semmai vivace ma sempre rispettoso.

Va anche considerato che la materia dell'analisi del DNA delle cultivar non è proprio semplicissima e, se mai ci sarà una prossima volta, sarà opportuno preparare meglio la trasmissione; sono d'accordo con Lei sul fatto che sarebbe necessario dare un vero preavviso ai soggetti che si intende comunque coinvolgere nella puntata. Poi, in casi come quello che qui interessa, sarebbe importante sentire qualche voce “tecnica” non direttamente coinvolta nella preparazione della trasmissione e che semmai spieghi perché tanti organi ufficiali – cui comunque la questione è ben nota – non intendano utilizzare nei controlli l'analisi del DNA.

Detto questo, debbo dire che la Federolio è talmente interessata a disporre del metodo del DNA delle cultivar che insieme all'Assitol ha organizzato alcuni mesi fa un incontro con la dott.ssa Baldoni del Laboratorio del CNR di Perugia e con il dott. Mazzalupo del CREA dell’Università della Calabria.

La Federolio ha anche chiesto dei preventivi sui costi a questi due enti.

In entrambe le risposte ricevute, gli stessi responsabili dei suddetti Laboratori hanno messo in guardia circa i limiti da rispettare nell'utilizzazione dei risultati delle analisi da loro effettuate.

Infatti, nella risposta del Laboratorio del CNR di Perugia viene precisato “che questo metodo non è stato ancora accreditato e quindi i risultati non possono essere usati nel caso di controversie legali”; del pari nella risposta del CREA dell’Università della Calabria, si puntualizza che: “Le analisi molecolari verranno svolte (…) solo a scopi di ricerca e sperimentazione, non ispettivi”.

Queste affermazioni sembrano piuttosto chiare ma non è mia intenzione lanciarmi in disquisizioni giuridiche. Sinceramente preferisco un approccio più pratico.
A me interessa che un metodo di analisi – ufficiale o meno – sia ripetibile, riproducibile, accurato, disponibile per gli operatori in tempi ragionevoli (e non quelli che purtroppo abbiamo dovuto constatare) e a costi altrettanto ragionevoli; inoltre mi interessa che i risultati ottenuti con questo metodo siano suscettibili di essere assoggettati a revisione di analisi presso un laboratorio diverso da quello che ha effettuato la prima analisi.

Nel 1992 non lavoravo nel settore dell'olio di oliva, ma mi raccontano che nella trasmissione “Mi manda Lubrano” (“progenitrice” dell'odierna “Mi manda RAI 3”) fu fatta una serissima inchiesta sugli oli di oliva sulla base dell'analisi dei trans isomeri, all'epoca non ufficiale ma non di meno già affidabile.

Direi che l'analisi (non ufficiale) del DNA delle cultivar non è oggi allo stesso livello in cui era nel 1992 l'analisi (allora altrettanto non ufficiale) dei trans isomeri; in effetti i laboratori che utilizzavano tale ultima analisi non sentivano il bisogno di operare le puntualizzazioni contenute nelle risposte alla Federolio del Laboratorio di Perugia del CNR e del CREA dell’Università della Calabria. E per la verità puntualizzazioni del genere non appaiono su nessun certificato rilasciato dai Laboratori - del controllo ufficiale e non - che utilizzano i più vari metodi, ufficiali e non.

Sarebbe anche interessante capire quali differenze ci siano, quanto ai risultati, tra le analisi del DNA dell’olio extra vergine e quelle del vino (su “Italia Oggi” dell’8 febbraio 2017 appare un articolo che dice che “L’analisi del Dna del vino non svela i vitigni impiegati”)

Per inciso vorrei anche osservare che, come di recente ha fatto l'Agenzia delle Dogane, può semmai essere puntualizzato che l'analisi di un Laboratorio si riferisce al solo campione concretamente analizzato e non al lotto/partita cui il campione stesso si riferisce; sul punto condivido le Sue osservazioni sulla non riconducibilità dei risultati analitici di un solo campione all'intero lotto. Va anche ricordato che in effetti l'attuale regolamentazione sui controlli ufficiali nel settore dell'olio di oliva richiede che i contenuti delle confezioni prelevate per il controllo siano miscelati tra loro per rendere il campione così ottenuto rappresentativo della partita.

Ma al di là di tutto, certi metodi possono essere ufficiali e non funzionare come il “metodo globale” (per questo rimosso dalla regolamentazione comunitaria); e altri metodi possono essere non ufficiali e funzionare benissimo come quelli su pirofeofitine e digliceridi.

Un bel film di Woody Allen si intitola “Basta che funzioni”; questo dovrebbe essere lo slogan di tutti noi quando parliamo di metodi di analisi ufficiali (e sarebbe auspicabile) e non ufficiali; entrambi possono essere certamente utilizzati. Ma debbono funzionare.

Dottor Grimelli, a me piacerebbe approfondire senza pregiudizi di sorta, materie come queste; e ciò perché – e debbo ancora dissentire da Lei – alle imprese la cosa che più di tutte interessa è proprio il rapporto con i consumatori.

Per le imprese un metodo affidabile in più costituisce una risorsa preziosa per l'autocontrollo; nello stesso numero di “Teatro Naturale” in cui è pubblicato l'articolo sulla trasmissione “Mi manda RAI 3” si parla anche dell'analisi chimica di supporto al panel test. Non sarebbe bellissimo poter avere presto – con un impegno condiviso da tutta la filiera italiana - sia un'analisi sul DNA delle cultivar sia quella che “supporta” il panel test?

Basta che funzionino, naturalmente.

Un cordiale saluto.

Francesco Tabano

Presidente Federolio

 

 

Gentile Presidente Tabano,

tanto per sgombrare il campo da equivoci. Quando in una trasmissione televisiva o in un dibattito, si accavallano voci, si alzano i toni e si introducono nuovi elementi senza aver spiegato i precedenti, il tutto a discapito di chiarezza e comprensione, io utilizzo il termine gazzarra. Quanto all'aggressività, ricordo che Salvo Sottile, conduttore di Mi Manda Rai 3, prima di un break pubblicitario invitò tutti gli ospiti alla calma e, indicandola, le disse “lei mi fa un po' paura”. Ovviamente c'era un po' di spettacolo nelle parole di Salvo Sottile, ma il fondo di verità rimane: la pacatezza non è stata il leit motiv della trasmissione.

Non è una novità per il settore. Ad ogni introduzione di un nuovo metodo analitico, ad ogni ritocco di parametri chimico-organolettici, si scatena una nuova tempesta con polemiche che possono durare mesi. Difficile non ricordare le alzate di scudi e le contestazioni per gli alchil esteri.

Il comparto olivicolo-oleario è sempre stato rissoso. Finchè si tratta di ricerca e di speculazioni intellettuali, tutti d'accordo, appena si parla di applicazione pratica, diventa un tutti contro tutti.

Le prime ricerche sul DNA nell'olio d'oliva risalgono a vent'anni fa. Da allora gli studi scientifici, in Spagna, Turchia, Tunisia e Francia, oltre che in Italia, si sono moltiplicati, nel silenzio assoluto, finchè a un magistrato della DDA di Bari non è venuto in mente di applicare il metodo. E' da allora che infuria la polemica sul DNA.

Il metodo non è ufficiale, come non lo sono molte analisi richieste in ambito commerciale e nelle contrattazioni tra aziende. Lei stesso ha dichiarato che alcune sue aziende usano il metodo. Al di là delle note giuridiche cautelative, inserite dai laboratori d'analisi, è evidente che l'analisi del DNA è già prassi.

Non voglio nascondere i limiti del metodo, ovviamente. Pochissimi i lavori scientifici che evidenziano le possibilità di un'analisi quantitativa, volta cioè a stabilire le percentuali delle varie cultivar presenti, mentre molto più solide appaiono le basi scientifiche riguardo l'analisi qualitativa, ovvero la semplice individuazione delle cultivar.

Da ricordare che la semplice individuazione di varietà straniere, in olio dichiarato italiano, non è di per sé una prova, ma un buon indizio che può essere anche utilizzato in tribunale (articolo 189 codice di procedura penale su prove atipiche). Attualmente sono due le inchieste giudiziarie che hanno utilizzato il metodo del DNA (Bari e Grosseto), anche se indiscrezioni di stampa indicano che la procura di Siena abbia aperto un fascicolo proprio sui campioni della trasmissione Mi Manda Rai 3. Dunque sarebbero tre.

Ormai l'analisi del DNA è una realtà e viene utilizzata in diversi comparti dell'agroalimentare, come il settore ittico, e si sta verificando la possibilità di espanderne l'utilizzo. E' quanto ha fatto la Fondazione Edmund Mach che, nell'articolo da lei citato, si è limitata ad osservare che non può essere applicata al settore vitivinicolo perchè “durante il processo di fermentazione il DNA dell’uva diminuisce e alla fine subisce dei cambiamenti che ne ostacolano la lettura.” Nel caso dell'olio extra vergine di oliva, durante il processo produttivo, il prodotto non subisce cambiamenti sostanziali che impediscano l'analisi PCR, l'estrazione dei filamenti di DNA e la loro amplificazione.

Come detto, sono abituato alle contestazioni e alle diatribe sui metodi di analisi per l'olio, ufficiali o meno che siano. Il panel test è metodo d'analisi ufficiale dal 1991 eppure le aziende imbottigliatrici e l'industria olearia lo contestano di continuo, bollandolo come soggettivo.

Naturalmente contestazioni, polemiche e liti non debbono fermare il percorso della ricerca scientifica. Né Teatro Naturale nè il sottoscritto censurano i risultati di ricerche scientifiche che, a vario titolo, possono portare a benefici per il settore. Ben venga dunque la ricerca scientifica, anche su metodi analitici riguardo il profilo aromatico degli oli.

Personalmente però ritengo che il panel test sia insostituibile, ancorchè perfettibile, poiché rivoluziona il sistema ponendo al centro l'uomo. Come è l'uomo a dover consumare l'extra vergine, così è l'uomo a dover valutare la presenza di difetti organolettici, “puzze” sgradevoli, che sono inappropriati per la stessa definizione di extra vergine quale “olio di categoria superiore”.

Il panel test, è universalmente riconosciuto, ha migliorato considerevolmente la qualità media degli oli extra vergini di oliva sul mercato. L'introduzione del metodo e dei limiti degli alchil esteri (ora etil esteri) ha ridotto gli oli deodorati (almeno quelli prodotti a temperature elevate). Se il metodo del DNA ottenesse gli stessi risultati, riducendo significativamente le truffe sull'origine, sarebbe un vero successo.

Ha ragione lei: basta funzionino!

Cordiali saluti

Alberto Grimelli

di T N

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