La voce dei lettori 27/11/2015

Oli extra vergini d'oliva border line a scaffale. Tutta colpa della Grande Distribuzione?

Oli extra vergini d'oliva border line a scaffale. Tutta colpa della Grande Distribuzione?

Un’associazione che persegue con coerenza scopi “giusti” è un’associazione “giusta”, e tale mi sembra sia il caso della Federolio, afferma il presidente Giuseppe Masturzo. Ma giusti per chi? La replica di Alberto Grimelli


Gentile Dott. Grimelli,
La ringrazio dello spazio dedicato agli “standard Federolio”; mi sembra utile che se ne discuta ed è mia intenzione dare ad essi la più larga diffusione portandoli a conoscenza di tutti gli interlocutori della categoria, in primo luogo quelli istituzionali e in particolare gli organi di controllo.
La ringrazio anche di accogliere “con apprezzamento e soddisfazione l'introduzione e l'applicazione di standard più rigorosi di quelli di legge.”
Non posso però concordare su alcune Sue considerazioni e Le sarei grato se volesse consentirmi una replica al riguardo.

1 – Inchiesta Guariniello
Nel testo del suo articolo Lei suggerisce che “l'introduzione degli standard Federolio” sia “chiaramente ed esplicitamente dettata dallo scandalo Guariniello”.
In quanto approvati dal Consiglio Direttivo della Federazione ben prima, il 23 aprile 2015, gli standard non sono dovuti all'inchiesta del dott. Guariniello. E’ vero invece che inchieste di questo tipo mettono in ancor maggiore evidenza la necessità di una rigorosa applicazione degli stessi.

2 – Obiettivi “politici” degli standard
Lei sembra riguardare negativamente il fatto che “l'introduzione degli standard Federolio” abbia “uno scopo politico, ovvero il raggiungimento di obiettivi politici”.
Essendo la Federolio una associazione sindacale di categoria, essa non potrebbe non porsi tali scopi, così come del resto chiaramente previsto dallo Statuto Associativo. Non tutti gli scopi, politici o meno, hanno però la stessa valenza e la qualità di un’associazione deve a mio avviso misurarsi proprio in base alla “qualità” degli scopi che essa si pone. Un’associazione che persegue con coerenza scopi “giusti” è un’associazione “giusta”, e tale mi sembra sia il caso della Federolio.

3 – Esclusione degli associati non rispettosi degli standard
Lei si pone la domanda: “Se un'associazione si dichiara pubblicamente contraria a certi comportamenti non dovrebbe vietarli, pena l'esclusione, ai propri soci?”
Ciò sarebbe certamente possibile, ma non è questa la scelta Federolio.
La Federolio non è, né potrebbe essere un organo di controllo (ce ne sono già nove, attivi, nel nostro settore !!!), né tanto meno un organo investigativo o di polizia.
La Federolio fa sua con convinzione un'impostazione – si parva licet - “liberale”. Ogni operatore deve sentirsi libero di agire come meglio crede, beninteso nel pieno rispetto delle norme applicabili. Anche in campi ben più importanti, del resto, il libero arbitrio pare riceva una certa considerazione.
Tuttavia l'associazione ben può fornire indicazioni volte a guidare il comportamento degli associati, a prevenire i maggiori problemi che essi incontrano nella loro non facile operatività, a favorire il confronto con gli altri operatori della filiera. E questo anche al fine di meglio perseguire quegli obiettivi che l'associazione ritiene rilevanti. Non vedo in ciò, francamente, nulla di strano, né tanto meno – debbo proprio dirlo – di “ipocrita”.

4 – Promozione della qualità
E’ il punto più importante.
Lei osserva che “la parola qualità non viene mai citata nell'intero documento. Altrettanto manca la parola consumatore”.
E’ invero presente in prima pagina, ma soprattutto nel corpo degli standard.
Ben 3 dei 6 standard promossi dalla Federolio sono inequivocabilmente ad essa dedicati, e sono infatti elencati sotto la lettera “D - Azioni miranti al miglioramento della qualita’ ” il cui titolo non sembra prestare il fianco a erronee interpretazioni.
Più precisamente:
lo stantard n°4 consiglia l’astensione dalla miscelazione di oli vergini con oli extravergini nella preparazione di oli extravergini;
lo standard n°5 consiglia il panel preventivo, da parte di panel “professionali” e in alcuni casi addirittura “ufficiali” prima di ogni utilizzazione di oli extravergini all’interno della struttura aziendale;
lo standard n°6 consiglia infine parametri chimico – fisici strettamente correlati alla qualità del prodotto notevolmente più restrittivi di quelli di legge.

Al di là delle parole, dunque, il fatto che gli “standard” mirano a un miglioramento della qualità degli oli proposti al consumatore mi sembra veramente innegabile.
Ma c’è di più.
Come anche da Lei evidenziato, fra gli obiettivi “politici” che la Federolio si propone di conseguire spicca quello della corresponsabilizzazione della distribuzione sulla conformità degli oli extravergini da essa commercializzati.
Sia chiaro che non chiedo alcuno sconto per le imprese che ho l’onore di rappresentare. La piena responsabilità del confezionatore per i prodotti posti in commercio non può e non deve subire alcuna restrizione.
Chiedo solo, a garanzia del consumatore, che alla responsabilità del confezionatore si aggiunga la responsabilità dei distributori in tutti i casi in cui essi “conoscono o presumono, in base alle informazioni in loro possesso in qualità di professionisti, la non conformità” del prodotto da essi venduto alla normativa vigente (Art. 8, par. 3, Reg. 1169/2011)
In vero, ci sono precise norme, e non da oggi, che chiaramente prevedono la responsabilità del distributore. Mi riferisco in particolare all’art. 17 reg. Ce 178/2002 oltre al già citato art. 8 par. 3 del reg. Ue 1169/2011.
Ma nessuno applica tali norme, pochi ne parlano; e forse proprio qui andrebbe cercata, se non l'ipocrisia, almeno una singolare disattenzione. Se, giustamente, si deplora la pratica degli oli extra vergini “border line” commercializzati dalla g.d.o., ebbene si dovrebbe incoraggiare e sostenere politiche come quelle proposte dalla Federolio!
Inoltre, mai mi risulta che le inchieste basate sul panel test abbiano cercato di indagare se e in quale misura l’eventuale difetto di un olio extra vergine dipenda da una cattiva conservazione del prodotto da parte del distributore.
In sostanza, ritengo che solo aggiungendo alla responsabilità del confezionatore quella del distributore sarà possibile elevare la qualità degli oli extravergini di primo prezzo commercializzati dalla g.d.o., a tutto vantaggio del consumatore.

5 – Applicazione dell’Accordo di Filiera
Lei si pone la domanda: “Se le aziende aderenti a Federolio possono disattendere impunemente le indicazioni provenienti dall'associazione, lo potranno anche fare per quanto riguarda il recente accordo sul prezzo minimo garantito?”
Vorrei osservare che l ’accordo cui Lei fa riferimento prevede invero una premialità di € 0,40/Kg sulla quotazione della Borsa Meci di Bari, più che un prezzo minimo garantito.
Chiarisco inoltre che l'applicazione dello stesso non può in alcun modo essere prospettata come obbligatoria per le imprese, quale ne sia l'associazione di appartenenza, né tanto meno può essere ad esse imposto di acquistare quantitativi predeterminati nell'ambito del suddetto accordo; diversamente, infatti, si violerebbe la normativa sulla concorrenza, così come del resto chiaramente ribadito dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, all’uopo espressamente interpellata.

E' vero invece - è chiaramente scritto nell'accordo – che la Federolio si impegnerà al massimo perché le imprese, sulla base di una loro libera determinazione, colgano la grande importanza che l'accordo riveste per il futuro dell'olivicoltura nazionale e che di conseguenza lo applichino con convinzione e generosità; ciò nella consapevolezza che il commercio e l'industria italiani del settore dell'olio da olive, hanno bisogno di una produzione forte per poter competere con “sistemi – Paese” sempre più competitivi e aggressivi, anche in campo commerciale.
Le confermo pertanto che, fermo restando l’impulso che la Federolio ha dato alla sottoscrizione dell’accordo e intende dare alla sua applicazione, l’effettiva attuazione dello stesso risiede unicamente nella buona volontà, nell’operosità, soprattutto nella condivisione forte da parte delle imprese associate degli obiettivi che con l’accordo si intendono perseguire.
Escludo, sommessamente ma ragionevolmente, un insuccesso dell’accordo per cause imputabili alla alle imprese Federolio; del pari sono certo, altrettanto sommessamente e ragionevolmente, di un soddisfacente esito dell’accordo stesso perché tutti faranno, lealmente e generosamente, la loro parte. Noi siamo pronti per fare la nostra.

Nel ringraziarLa infine per l'ospitalità, mi auguro di poter avere ulteriori occasioni di confronto con Lei e con la testata da Lei diretta e La saluto cordialmente.

Giuseppe Masturzo


Gentile Presidente Masturzo,

sono lieto di dare spazio e visibilità alla sua replica, così come di potermi confrontare con lei in ogni occasione, anche se temo le nostre opinioni divergano sul concetto stesso di qualità.

Il consiglio su “l’astensione dalla miscelazione di oli vergini con oli extravergini nella preparazione di oli extravergini” (standard 4) fa il paio con il consiglio di astenersi dal portare le olive nei sacchi al frantoio che ancora circola su qualche opuscolo. Ovvero fa parte di una concezione di qualità superata, sorpassata dai tempi e dall'innovazione.

Non voglio concentrarmi eccessivamente su questo tema ma credo, da tecnico, che molti dei problemi col panel test, e più in generale della bassa qualità reale e percepita degli oli a scaffale, siano dovuti proprio alla miscelazione di oli vergini con extra vergini, per non parlare di deodorati o lampantini. Gli oli vergini presentano infatti leggeri difetti organolettici che, però, possono essere mascherati agevolmente, almeno per qualche settimana, dal fruttato degli oli extra vergini di nuova produzione, oppure da extra vergini intensi, come quelli di Coratina. Nel momento in cui, però, si abbassa il fruttato del buon extra vergine, emergono i difetti del cattivo vergine. E' un processo graduale ma inarrestabile. L'intensità dei difetti sale col tempo ed è quindi naturale, ad esempio, che due panel che valutino lo stesso olio a distanza di due o tre mesi, possano dare giudizi diversi.

Mi sono stupito e resto stupito dell'atteggiamento “liberale” di Federolio. Se l'adozione degli standard da parte degli associati è un passo importante, se non decisivo, al fine del conseguimento di obiettivi politici condivisi, mi sembra quantomeno illogico che questi siano facoltativi. E' come se, data una rotta dal timoniere (la dirigenza Federolio), i vogatori facessero poi ognuno quello che più gli aggrada (associati). E' chiaro che la barca sarebbe in balia delle onde e la rotta non verrebbe rispettata se non fortunosamente.

Sono perfettamente d'accordo con lei su un coinvolgimento della GDO nella filiera olivicolo-olearia. Vediamo, però, di non gettar addosso alla Grande Distribuzione più responsabilità di quante non abbia. L'unico difetto organolettico di cui potrebbe essere responsabile, per colposa conservazione dell'olio, è quello di rancido. Gli altri, dal riscaldo all'avvinato, dalla morchia alla muffa, da metallico alla mosca o al cotto sono dovuti a mancanze di cura e attenzione nelle fasi di produzione, estrazione o stoccaggio.

Prima di vedere la pagliuzza nell'occhio altrui, è bene cercare di scorgere la trave nella propria. E non faccio riferimento alla sola Federolio ma all'intera filiera.

E' questa la ragione per cui ho insistito e insisto sulla mancanza dei concetti di “qualità” e di “consumatore” che emergono dal documento, ovvero la lettera, da lei inviata ai soci Federolio. In una società dove sta tornando prepotentemente la dimensione umanistica, di economia relazionale, temo che il settore olivicolo-oleario italiano, o una parte di esso, sia fermo a una concezione mercantilistica e meccanicistica, legata al rapporto prezzo/volume o ancor più a quello promozione/volume.

E' inoltre l'atteggiamento “liberale” di Federolio che, pur rispettandolo, non condivido. Apprezzo per esempio la volontà dell'associazione di rispettare il patto di filiera, ma poi, come lei scrive: “l’effettiva attuazione dello stesso risiede unicamente nella buona volontà, nell’operosità, soprattutto nella condivisione forte da parte delle imprese associate...”. E' come se, mi permetta, i sindacati dei lavoratori firmassero un contratto ma poi lasciassero a ogni singolo lavoratore l'applicazione o disapplicazione dello stesso. Così verrebbe minato lo stesso concetto di rappresentanza, alla base della democrazia. Non saremmo più in un contesto liberale ma anarchico.

Forse sono un inguaribile idealista, ma mi aspettavo più coraggio da Federolio. Leggendo le sue lettere ho avuto la percezione, forse errata, che Federolio stia subendo gli eventi e le trasformazioni di quest'epoca, faticosamente adeguandovisi, anziché cavalcare l'onda innovatrice e le spinte riformatrici che la contraddistinguono.

Cordiali saluti

Alberto Grimelli

di T N

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Commenti 1

Michele Carone
Michele Carone
28 novembre 2015 ore 16:57

Condivido in pieno la sua risposta dott. Grimelli.
Se Federolio vuole dimostrare di prendere sul serio la tutela degli interessi del consumatore nelle sue esigenze di qualità e salubrità, allora non solo non può conservare questo assurdo atteggiamento liberale sull'adozione degli standard da parte degli associati ma, aggiungo, dovrebbe dotarsi di quei moderni strumenti di certificazione a cui oramai chi fa "qualità" non può ignorare.