Editoriali 05/06/2020

Bosco Monini: millenni di storia che vengono imbrattati da una sola motivazione, il dio denaro

Bosco Monini: millenni di storia che vengono imbrattati da una sola motivazione, il dio denaro

La cultura neoliberista, caratterizzata dallo spreco enorme di risorse per l’indole propria di un sistema predatorio e distruttivo, torna nella scelta del superintensivo. Un sistema che azzera il tempo, sprecandolo, e, azzera il territorio, distruggendolo


Non ha senso un oggi che non apre al domani

Ho letto la notizia “Monini si converte al modello superintensivo spagnolo”, pubblicata su TN il 27 u.s. con un commento molto pacato del Direttore del settimanale, che condivido.

Un “bosco” composto da un milione di olivi!

Millenni di storia che vengono imbrattati da una sola motivazione, il dio denaro. Un patrimonio di biodiversità, unico al mondo, che viene azzerato da tre varietà spagnole.

Un territorio di vigne e olivi, orti e seminativi che verrà maltrattato da una coltivazione intensiva, una monocultura che durerà poco più di quattro lustri.

E, ciò che è peggio, quando non produrrà più e verrà spiantata lascerà solo – è la Fao a dirlo parlando di colture intensive– disastri in quanto a fertilità del suolo, inquinamento delle falde freatiche, paesaggio, concorrenza sleale e perdita di identità per i restanti territori olivicoli dell’intero Paese.

Altro che sostenibilità, come ci tiene a sottolineare l’azienda Monini, approfittando del fatto che l’olivo è l’albero che, più di ogni altro ha dimostrato di essere un amico sincero e leale del clima. Un amico in grado di aiutarlo a superare la grave crisi che sta vivendo per colpa di un sistema che cerca di arraffare tutto subito senza pensare al domani.

Il sistema che azzera il tempo, sprecandolo, e, azzera il territorio, distruggendolo.

Tutto questo mentre nella patria del superintensivo e delle tre varietà del “bosco” Monini, la Spagna, ultimamente ha avuto un forte ripensamento su questo modo di coltivare l’olivo!

Una notizia che arriva in questa fase 2 del Coronavirus, quando abbiamo scoperto la nostra fragilità e lo squilibrio che abbiamo creato fra noi e la natura. Quando la sola voglia che uno ha è quella di tornare a vivere il tempo, respirare il domani, continuare a sognare e a dire basta con la normalità che ci è stata imposta prima della pandemia. Un domani che, comunque, il virus ci ha già condizionato e ci condizionerà ancora per lungo tempo.

Una notizia – certo non riguarda solo la Monini - che ti fa imprecare al non senso e fa bestemmiare anche uno come me che odia la bestemmia.

La cultura neoliberista, caratterizzata dallo spreco enorme di risorse per l’indole propria di un sistema predatorio e distruttivo, torna in questa scelta dell’intensivo e super intensivo, e mi fa dire che è il denaro il padre legittimo del Coronavirus.

Ed ecco che il denaro torna a dettare legge più di prima, facendo credere che il coronavirus è solo un brutto sogno che si è trasformato in un incubo per la stragrande maggioranza della popolazione mondiale, non solo italiana.

Un incubo come a non dover raccontare paure, disagi, vuoti di programmazione, e, peggio ancora, tragedie, con migliaia di morti che non hanno avuto neanche la consolazione, per il nuovo lungo viaggio, di essere salutati.

La scelta di una coltivazione e, peggio ancora, di un allevamento intensivo, nell’era in cui la finanza aveva ed ha nelle proprie mani la politica, giustifica la distruzione della biodiversità, del territorio, della continuità con il passato; la fine delle grandi foreste. In pratica, le azioni di maggiore accanimento contro il clima, la natura, e, così, il rischio del ripetersi di altre pandemie.


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Commenti 14

marina fresa
marina fresa
07 giugno 2020 ore 17:26

Ringrazio la rivista e Pasquale Di lena per aver espresso con chiarezza e con passione gli argomenti a difesa del futuro. Il futuro non solo dell'olivicoltura, ma del pianeta intero. Ho notato che i commenti -dai più pacati ai più irritati- puntano molto sul dato economico. Purtroppo il super intensivo è miope anche dal lato economico. In Spagna patria orgogliosa del superintensivo, l'olio è arrivato a costare poco più o poco meno di 2€ al Kg!! Lo scorso inverno gli agricoltori spagnoli erano in piazza per dire che non ce la facevano più a coltivare con quei prezzi. Come accennava anche l'articolo, in Spagna stanno ripensando quel modello. Biodiversità, storia, varietà delle olive, paesaggio, questi sono i valori dell'olivicoltura italiana. E' vero fare l'olio vero costa caro. Mettiamoci insieme per ridure i costi: insieme oliviticoltari, olivi monumentali, oliveti tradizionali e madre terra che se continuiamo a insultarla, impoverirla e avvelenarla non potrà più nutrirci, ma solo abbadonarci alla nostra insipienza.

pasquale di lena
pasquale di lena
07 giugno 2020 ore 18:07

Grazie Marina per questo tuo contributo che rafforza il mio pensiero.

Alberto Grimelli
Alberto Grimelli
07 giugno 2020 ore 12:40

Signori, lo scrivo qui perchè sia di monito a tutti, indistintamente: BASTA CON LE ACCUSE RECIPROCHE DI DIRE MENZOGNE.
E' legittimo che ognuno abbia il proprio pensiero e la propria opinione. Si può legittimamente argomentare senza offendersi vicendevolmente. Si può essere in disaccordo ma rispettandosi a vicenda.
L'ho scritto e lo ripeto. Si è preso spunto da una notizia, un “caso”, per un dibattito sul modello di sviluppo per l'agricoltura e l'olivicoltura italiana: competizione di costo o valore aggiunto.
Entrambe le posizioni hanno piena legittimità tecnico-scientifica e di pensiero.
NESSUNO HA LA VERITA' IN TASCA QUANDO SI TRATTA DI ARGOMENTI TANTO COMPLESSI.
Grazie per la collaborazione

Angelo Frascarelli
Angelo Frascarelli
07 giugno 2020 ore 10:01

Attenzione a dire menzogne come quella di Franco Boeri. I vigneti moderni, dove si produce qualità, sono arrivati negli ultimi anni a 5000 piante per ettaro. Inoltre, perché fate ideologie astratte e non parlate di reddito? Possiamo condannare l'olivicoltore a perdere soldi? La tradizione non vuol dire "imbalsamatura". I vini migliori sono fatti con vigneti intensivi. Melinda si produce in meleti superintensivi. Ho visto un oliveto superintensivo IGP di 170 ettari sulle colline toscane: un bel paesaggio. Non tutti devono e possono seguire la via del superintensivo. Ma chi segue questa via, perché calunniarlo con parole come "dio denaro" o "mulino bianco"?

franco boeri
franco boeri
06 giugno 2020 ore 22:43

Completamente d’accordo con il dot. Di Lena, come scritto al direttore Grimelli la settimana scorsa troppi imbottigliatori svendono al consumatore la favola del “ Mulino Bianco” ma perché, quando possiamo puntare sulla nostra favolosa biodiversità e su un Terroir meraviglioso che è anche ricchezza di paesaggio e di qualità del nostro Olio.
Ma vi domandate mai perché dove si producono i grandi CRU del vino non si sono mai convertiti all’intensivo ???
É ora di credere in noi e di far capire ai consumatori la differenza tra noi e quelli del “ Mulino Bianco”

Alberto Grimelli
Alberto Grimelli
06 giugno 2020 ore 15:18

Intervengo in qualità di Direttore Responsabile della testata, visto che è stata chiamata in causa l'opportunità di pubblicare un simile articolo. Nel pubblicarlo ero ben cosciente, naturalmente, che vi sarebbero state critiche e legittime prese di posizione.
Le opinioni di Pasquale Di Lena sono particolarmente dirompenti e persino sfacciate. I toni sono certamente molto forti. Le opinioni sono quelle di chi crede in un altro modello di sviluppo agricolo rispetto a quello proposto e difende le proprie idee con passione.
Non vi è però alcuna diffamazione né si può affermare che le idee di Pasquale Di Lena siano basate sul nulla.
E' vero che è in corso un forte dibattito in Spagna sul modello superintensivo olivicolo che ha subito una battuta d'arresto perchè reputato poco redditizio, tanto da spostarsi verso altre colture come i mandorleti, sempre in superintensivo. E' anche vero che, sempre in Spagna, alcune associazioni ormai contestano apertamente il modello superintensivo, reo di un eccessivo sfruttamento delle risorse, in particolare acqua, e di una “desertificazione” delle aree rurali.
E' vero che il modello superintensivo ha un Life Cycle Assessment che, nella media bibliografica internazionale, è peggiore del modello olivicolo intensivo. Quindi il superintensivo è più impattante di un intensivo. L'analisi del ciclo di vita (Life-Cycle Assessment) è un metodo strutturato e standardizzato a livello internazionale che permette di quantificare i potenziali impatti sull'ambiente e sulla salute umana di un prodotto o servizio. Generalmente l'LCA di un oliveto intensivo è migliore grazie ad un minore utilizzo di energia e di input chimici e ad una maggiore produttività nel ciclo di vita dell'impianto.
E' ovvio, tuttavia, che è necessario salvaguardare tutela dell'ambiente, nell'accezione più ampia del termine, con il reddito, ovvero la sostenibilità economica delle aziende. E qui entra in gioco il dibattito sul modello di sviluppo dell'agricoltura e dell'olivicoltura nazionale: a competitività di costo o a valore aggiunto.

pasquale di lena
pasquale di lena
07 giugno 2020 ore 18:54

Grazie Alberto per aver dato ancora una volta spazio a una mia riflessione. In questo caso scomoda per chi guarda il mondo da un punto di vista diverso, quando del tutto opposto, dal mio.

Bianca Mascagni
Bianca Mascagni
06 giugno 2020 ore 14:32

Sono sinceramente dispiaciuta che una redazione così seria come quella di teatronaturale abbia deciso di pubblicare un articolo simile; non ci sono dati concreti e vengono sparate sentenze senza nessun tipo di approfondimento scientifico. Sono laureata in agraria con specializzazione in colture arboree di pregio e nella mia azienda ho un impianto superintensivo a conduzione biologica. Come imprenditrice agricola mi sono sentita offesa nel leggere certe dichiarazioni fondate sul niente e diffamanti.

pasquale di lena
pasquale di lena
07 giugno 2020 ore 18:47

Non era nelle mie intenzioni offenderla, meno che mai essere offeso da un "articolo simile". Lei non è d'accordo, legittimo. Sono anch'io laureato in agraria e, per di più, titolare di 600 olivi "Gentile di Larino", che deve fare salti mortali per competere con gli spagnoli.

Emanuele Aymerich
Emanuele Aymerich
06 giugno 2020 ore 13:11

Il super intensivo di per se non fa nessun danno, anzi riduce il consumo di terreno a parità di risultato. Prima di fare queste sparate questi signori ambientalisti comincino a fare questo mestiere per vivere e imparino a fare i conti, poi vediamo se la pensano ancora così.

pasquale di lena
pasquale di lena
07 giugno 2020 ore 18:47

Ritengo che i danni, come scrivo nell'articolo, li fa e sotto diversi aspetti. Le posso assicurare, gentilissimo Aymerich, che non sono il solo aa "fare queste sparate.
Sì, lo confesso, sono un ambientalista da sempre e da sempre amico della natura, preoccupato sempre per lo stato di salute che vive il clima. Guardo alle cause prima di giudicare gli effetti

Angelo Frascarelli
Angelo Frascarelli
06 giugno 2020 ore 05:58

Alcune domande. L'articolo dice: l'oliveto superintensivo non va bene perchè è finalizzato al dio denaro. Allora dobbiamo condannare l'olivicoltura alla perdita economica? La maggior parte degli oliveti italiani sono abbandonati per mancanza di redditività? Come risolviamo questo problema? I meleti della Val di Non sono superintensivi; perchè i meleti superintensivi di Melinda sono accettati e nessuno li condanna?

pasquale di lena
pasquale di lena
07 giugno 2020 ore 18:47

La perdita economica e l'abbandono dell'olivicoltura, dopo anni di politiche che hanno portato all'abbandono dell'agricoltura, è per tutti quelli che non possono concorrere con il super intensivo per più di una ragione: investimenti, posizione geografica, meccanizzazione, mercato, superficie, rispetto dell'ambiente e del paesaggio. Il mio discorso vale anche per ogni altra coltivazione. E' vero non sono per il dio denaro, contro il neoliberismo che ritengo, con sempre più persone dopo la pandemia, un sistema predatorio e distruttivo, soprattutto del tempo e della storia.

pasquale di lena
pasquale di lena
07 giugno 2020 ore 18:47

La perdita economica e l'abbandono dell'olivicoltura, dopo anni di politiche che hanno portato all'abbandono dell'agricoltura, è per tutti quelli che non possono concorrere con il super intensivo per più di una ragione: investimenti, posizione geografica, meccanizzazione, mercato, superficie, rispetto dell'ambiente e del paesaggio. Il mio discorso vale anche per ogni altra coltivazione. E' vero non sono per il dio denaro, contro il neoliberismo che ritengo, con sempre più persone dopo la pandemia, un sistema predatorio e distruttivo, soprattutto del tempo e della storia.