Editoriali 23/06/2017

Il potere di immaginare il futuro dell'olio di oliva italiano

La lunga notte della recessione è finita e tornano i segni di una vitalità mai sopita. L’olio estratto dalle olive è associato alla nascita dei liberi comuni, quindi l’olio d’oliva trae la sua affermazione sui mercati e nei consumi in un passaggio epocale che va dalla prospettiva della rivoluzione industriale alla nascita di una nuova forma di governo, la democrazia. Il pensiero di Giampaolo Sodano


Cari amici produttori di AIFO, ho vissuto con impegno e con spirito di solidarietà e amicizia, per oltre 10 anni, la felice esperienza di dirigente dell’associazione e vi sono profondamente grato per l’occasione che mi avete offerto. Ho ritenuto, difronte ai delegati del Congresso di Jesi, di rassegnare le dimissioni da ogni incarico direttivo con la consapevolezza di favorire il necessario rinnovamento e perché l’azienda, che ho fondato 18 anni fa, ha bisogno oggi di un rinnovato impegno.

Abbiamo fatto molta strada insieme in questi anni ed abbiamo raggiunto obiettivi importanti. Non è inutile ricordare, innanzitutto a noi stessi, che se è nato e si è affermato il nostro progetto di valorizzazione dell’olio italiano e del ruolo sociale e produttivo dei frantoi oleari, che abbiamo chiamato “olio artigianale”, questo si deve esclusivamente al lavoro e alla “visione” di Piero Gonnelli, di un gruppo di “avventurosi” frantoiani e al decisivo apporto di idee del professor Mario Pacelli. Ci siamo assunti una grande responsabilità e quindi oggi è necessario decidere il percorso che rimane da fare per il suo completo successo contando sul mio contributo ogni volta che lo riterrete necessario.

Il potere di immaginare il mondo, di praticarlo, abitarlo e usarlo è stato per una lunga stagione nelle mani delle lobby dell'industria. Siamo stati consegnati per molti anni ad un consumismo senza valore che ha accompagnato l'illusione di un eterno sviluppo e di un felice inconsapevole futuro, mentre intorno a noi sopravvivevano povertà e disuguaglianze. I segni del declino erano le menzogne del potere. Abbiamo vissuto la stagione dell'opulenza che ha forgiato una società nuova con al centro un grande vuoto: niente ideologie e nessun ideale, nè per il Cristo, nè per Cesare, mandando in soffitta la produzione delle merci e scambiando carta con denaro. È nato il capitalismo cheap, come lo definiscono gli economisti delle università americane, nel doppio senso di poco caro e di scadente. Esattamente come i prodotti di un grande discount: un decadimento generale di qualità, di valori, di professionalità. E di identità.

Poi la crisi, la tragica crisi del 2008. Il volto sfigurato della politica, la miscredenza sistematica del governo, tutti ladri e tutti impostori, largo ai nuovi demagoghi che promettono un'inafferrabile redenzione. Forse una risata durante lo spettacolo di un comico: una botta di orgoglio identitario nella versione di un semplice vaffanculo. Abbiamo pensato di vivere nel peggiore dei mondi possibili, tutto male e senza ritorno: un mondo opaco senza soluzione, la spirale del sospetto e della calunnia, della contraffazione e della truffa, della bugia che viene dall'alto.

Ora la lunga notte della recessione è finita e tornano i segni di una vitalità mai sopita. Penso che si può ricominciare, dobbiamo ricominciare a ragionare, a tessere la tela partendo dal nostro passato: l’olio estratto dalle olive è associato alla nascita dei liberi comuni, quindi l’olio d’oliva trae la sua affermazione sui mercati e nei consumi in un passaggio epocale che va dalla prospettiva della rivoluzione industriale alla nascita di una nuova forma di governo, la democrazia.

Noi siamo convinti che l’olio d’oliva può essere il punto di forza di quella “rivoluzione dei consumatori” che vuole ottenere il riconoscimento del primato dei diritti del cittadino/consumatore e garanzie sui prodotti alimentari che acquista e consuma, anche perchè determinanti per la salute. Trasparenza e tracciabilità della filiera produttiva, sicurezza della corrispondenza tra indicazioni dell’etichetta e contenuto della confezione, garanzia del processo di produzione e qualità del prodotto, nel quadro del riconoscimento dei diritti della persona: sono gli obiettivi che gli artigiani dell’olio si sono proposti quando hanno scelto l’alleanza con i consumatori e gli agricoltori.

Cari amici, facciamo finta di rivedere un vecchio film, riavvolgiamo la pellicola e godiamoci lo spettacolo: c’era una volta…era il 29 marzo 2007 a Salerno, il primo congresso dell’AIFO dopo il riconoscimento dell’associazione. L’assemblea dei delegati approvò un documento programmatico che affermava: ”Per contribuire ad una strategia di sviluppo e competitività delle imprese frantoiane italiane, è necessario dotarsi di una moderna visione del ruolo dell’associazionismo di impresa. Bisogna sviluppare iniziative tese a porre al centro della filiera l’olio extra vergine di produzione artigianale, richiamando tutti gli attori del comparto alla consapevolezza del ruolo sociale dell’impresa. E’ necessario un patto fra i produttori dell’olio – cioè i frantoi – e le associazioni dei consumatori per concordare azioni comuni nei confronti delle Istituzioni Nazionali ed Europee, affinché vengano abrogate tutte le norme assurde e tutti gli impedimenti che minano il “made in Italy” e consentono contraffazioni legalizzate. Il potenziamento dell’attività e del ruolo dei frantoiani in definitiva, rappresenta il più concreto mezzo per dare competitività all’offerta ed ottenere il giusto riconoscimento dalla domanda.”

Quattro anni dopo, a Sorrento, lanciammo la sfida dell’olio artigianale: una iniziativa che fu coronata di successo con l’approvazione della nostra legge votata all’unanimità dal Consiglio regionale della Puglia nel 2014 che riconosce i frantoi artigiani quali unici produttori dell’olio dalle olive e istituisce l’Albo professionale dei mastri oleari. Il “Consorzio dei frantoi artigiani”, promosso subito dopo da AIFO, ha intrapreso la sua attività indicando a tutto il settore oleario un modello a cui ispirarsi per valorizzare l’olio italiano e costruire un argine al dilagare del prodotto comunitario ed extracomunitario.

Al congresso di Jesi avete aperto il fronte della ricerca e della innovazione: una fase nuova rispetto alla quale avete il compito di indicare la direzione di marcia. Se l’olio artigianale costituirà la vera novità nel settore oleario è altrettanto vero che avrà successo alla condizione di essere un prodotto molto al di sopra dello standard qualitativo degli altri oli presenti sul mercato. Ma per cogliere questo obiettivo è necessario sviluppare una intensa, continua e coerente attività di ricerca. Nei laboratori e nelle aziende. Ricerca e tecnologia, un binomio inscindibile da cui dipende il successo dell’olio dalle olive made in Italy perché la qualità è il solo terreno su cui possiamo vincere la competizione sul mercato globale. Come ha riconosciuto il viceministro Olivero nel suo importante discorso di Jesi: questo, ha detto, sarà il vero vantaggio delle imprese italiane perché un olio diverso costituirà un incentivo al consumo ed alla esportazione con vantaggi anche per i frantoi che producono e commercializzano olio all’ingrosso e per i coltivatori delle olive in conseguenza della maggiore domanda e quindi del più elevato prezzo di vendita. Promozione dell’olio artigianale significa difesa della cultura, delle tradizioni, della storia del nostro Paese che si esprimono anche con la dieta mediterranea, testimone della cultura in senso materiale del nostro popolo.

Al Congresso straordinario di Montefiascone dello scorso anno, convocato per celebrare i 20 anni di AIFO, enunciammo il proposito di contraddistinguere il prodotto che noi facciamo con la dizione "olio artigianale" in etichetta. Rimanevano aperte due questioni: se si potesse parlare di pubblicità ingannevole e se la dizione urtasse contro la normativa comunitaria ed italiana riguardante le etichette. Con sufficiente certezza, e fatto salva la opinabilità di qualsiasi decisione, la dizione di cui si parla, se corredata dagli elementi “processo produttivo” e cultivar, può ritenersi legittima. Infatti secondo le più recenti decisioni dell'Autorità per la concorrenza a proposito della pubblicità ingannevole e della giurisprudenza amministrativa, un prodotto può definirsi artigianale quando, nella fase di produzione, intervenga il responsabile a segnare modalità, componenti, metodi di lavorazione, e la produzione sia quantitativamente limitata. È da ritenersi che se questo vale per la pasta non può essere negato a proposito dell'olio estratto dalle olive prodotto e confezionato dai frantoi oleari non industriali.

Sul secondo (contrasto con la normativa vigente) non ci possono essere questioni: comunque abbiamo ritenuto di formulare una esplicita richiesta in proposito al competente ufficio del Ministero delle risorse agricole e forestali e lo stesso viceministro Olivero ha assunto, nella sede del congresso, il personale impegno a seguire il procedimento fino al suo buon fine considerando questo un modo concreto per sostenere la qualità dell’olio italiano.

Ma per fare la qualità la condizione pregiudiziale è che l’olio ci sia e nessuno sa meglio di voi che i nostri frantoi possono continuare il loro percorso imprenditoriale alla condizione che si tiri fuori dalla crisi la produzione delle olive. Servono alberi, tanti, tantissimi ulivi e subito. Ancora una volta il passaggio decisivo è la ricerca: il CNR deve riprendere il suo lavoro dove il professor Fontanazza lo ha interrotto, miglioramento genetico delle cultivar italiane per una olivicoltura intensiva. Ed è la possibile soluzione anche al disastro della xilella.

Ci vuole fiducia! Bisogna crederci: si è aperta una fase nuova in cui torna al centro della scena l’homo faber, l’artigiano. Ora tocca a voi affermare il ruolo autonomo dell’impresa artigiana olearia e la funzione professionale dei mastri oleari. Ma per andare avanti sulla strada dello sviluppo ci vogliono idee nuove: il codice dei prodotti alimentari, etichette che descrivono processo di produzione, ingredienti e additivi, un mercato distinto del cibo senza chimica, una federazione delle aziende artigiane del cibo.

di Giampaolo Sodano

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