Editoriali 12/12/2014

Chiuso per lutto. Così l'Italia rinuncia alle proprie eccellenze


No alla chiusura dell'Enoteca Italiana e del Laboratorio Chimico Merceologico della Camera di Commercio di Firenze!

Il sottoscritto, e Teatro Naturale, si uniscono all'appello di quanti, sul web e altrove, hanno deciso di lanciare un disperato allarme contro la morte di due istituzioni del mondo agricolo italiano.

Si tratta di storie molto diverse ma accomunate da un unico minimo comun denominatore: non ce li possiamo permettere, dunque li buttiamo a mare.

Poco importa che si tratti di Enti con una lunga storia, con tradizioni consolidate e di utilità al comparto vitivinicolo, l'Enoteca italiana, e all'intero territorio toscano il Laboratorio della Camera di Commercio.

Si chiude, si sbaracca. Per sempre.

Certo, l'Enoteca è gravata da forti debiti che il Monte dei Paschi di Siena non può più ripianare. I tempi della gestione “allegra” e compiacente dei fondi a disposizione deve finire. Questi sì, per sempre.

Siamo sicuri che il miglior sistema per ottenere questo risultato sia di radere tutto a zero? Oppure così si rinuncia soltanto alle proprie eccellenze, senza uno straccio di piano per il futuro?

Non voglio parlare del passato.
Delle lodevoli iniziative dell'Enoteca per far avvicinare arte e comparto vitivinicolo, né dei progetti come “Vino e Giovani”, forse anche grazie ai quali in Italia si beve più consapevolmente che altrove in Europa e nel mondo.
Dimentichiamo pure la Scuola dell'Olio, idea partorita dal Laboratorio Chimico Merceologico, e delle iniziative di certificazione, valorizzazione e sperimentazione condotte negli ultimi anni.

Il passato è passato, va bene.

E domani? Chi si occuperà di accompagnare le piccole e medie imprese nel percorso dell'innovazione o sui mercati esteri? Chi risolverà i loro dubbi? Chi raccoglierà le loro idee, spunti e riflessioni, per attuarle sul piano operativo?

Poche chiacchiere, bisogna tagliare e demolire, poi si penserà a ricostruire.

Chi? Come? Dove? Quando? Perchè?

Oggi distruggiamo quello che abbiamo costruito in decenni e su cui, nel bene e nel male, si è fondato il miracolo economico italiano.

Sono cambiati i tempi, è vero.
Sono passati secoli dall'Impero romano, ma il Colosseo l'abbiamo conservato.
Sono passati secoli dal Rinascimento fiorentino e gli Uffizi sono ancora lì.

L'Italia ha sempre tratto la propria forza e vitalità dal saper conciliare passato, presente e futuro.

Oggi il passato lo vogliono cancellare. Il futuro non si intravede. E il presente non è un granchè.

Così l'Italia rischia di chiudere per lutto.
Si sta autoinfliggendo un colpo al cuore.

di Alberto Grimelli

Commenta la notizia

Per commentare gli articoli è necessaria la registrazione.
Se ancora non l'hai fatto puoi registrati cliccando qui oppure accedi al tuo account cliccando qui

Commenti 6

Giuliano Lodola
Giuliano Lodola
15 dicembre 2014 ore 20:42

Forse questo ente è conosciuto soltanto dagli addetti ai lavori, ma se vuoi seminare la cultura di un prodotto non devi farlo a chi già ti legge o ascolta e ne è convinto, come essere in un circuito chiuso, no! per renderlo di dominio pubblico e di pubblico interesse devi trovare canali che tutto il pubblico frequenta e allora porterai a conoscenza di tutti quello che vorresti insegnare ma non è stato così fino ora, mai tanta ignoranza trovi come nell'olio,nessuno sa nulla e tutti diffidano di tutto,risultato comprano allo scaffale a quattro euro oli mascherati dietro la dicitura di legge e i frantoi che sono la sorgente dove nasce il buon olio nessuno sa neppure dove siano, e ce ne sono molti intorno alle zone dove abitiamo, ma non lo sappiamo perchè nessuno ne parla,ecco a cosa servirebbero gli enti specifici a un certo settore , a insegnare e conoscere certi prodotti della natura.
L'olio extravergine ottimo non deve essere quello che passa per buono dalle analisi chimiche, queste devono essere scontate per poter dichiarare Extravergine a norma di legge, che però mi sembra sia poco rispettata se non soltanto per l'acidità.
L'analisi che dichiara essere buono un Extravergine è quella dell'assaggio, gustarlo, e quando assapori un Extravergine di frantoio che oltre essere genuino fosse anche buono al gusto, anche l'ignorante in materia ripete l'assaggio incredulo, l'olio buono si giudica soltanto al gusto, assaggiandolo, la chimica dovrebbe soltanto confermare la genuinità.
Ben vengano enti che allarghino la conoscenza ai consumatori nel modo giusto.

nico sartori
nico sartori
15 dicembre 2014 ore 19:54

Concordo pressochè in tutto con Grimelli. Credo che alcuni commenti siano dovuti alla non conoscenza delle attività del Laboratorio della Camera di C. di FI. Infatti, la scuola, l'insegnamento, aiutare l'operatore ed il consumatore a capire le differenze è quello che ha fatto da sempre questo ente. Credo sia proprio questo il motivo per cui sarà tagliata questa struttura. Io di origine non sono toscano, non ho fatto studi attinenti a questo settore, quello che so l'ho imparato dal Laboratorio. Ho imparato attraverso i corsi sia di frantoiano che di assaggiatore, che gli oli non sono tutti buoni per poter ambire ad essere DOP o IGP. Così come il sottoscritto, tanta gente è stata educata dal laboratorio, è diventata cosciente, ed in questo modo si acuisce il problema. Abbiamo parametri chimici dell'extravergine che sono una presa in giro circa la qualità. Questa mummificazione del regolamento EVO, permette anche a molte Denominazioni di fingere che nulla sia cambiato negli ultimi decenni circa la cultura nel prodotto, nelle attrezzature di raccolta e trasporto, nell'estrazione e nella conservazione dell'olio. Possono così appuntarsi facilmente il "marchio" di qualità di cui dovrebbero essere la massima espressione, troppo facilmente. Anche un piccolo miglioramento di valori, quali quelli previsti per l'Alta Qualità, può dare fastidio. La qualità dell'EVO deve essere standardizzata al più basso livello. Idem la conoscenza dei consumatori. Chi fa cultura va combattuto. Noi però stiamo raccogliendo le firme perchè il "nostro Laboratorio" possa continuare ad esistere.
Nico Sartori

Alberto Grimelli
Alberto Grimelli
13 dicembre 2014 ore 15:51

Temo che i toni e alcuni accenni, volutamente provocatori, dell'editoriale abbiano sviato dall'argomento fulcro e centrale, riassunto in questo passaggio:

“Poche chiacchiere, bisogna tagliare e demolire, poi si penserà a ricostruire.
Chi? Come? Dove? Quando? Perchè?”

Vi è un piano di demolizione.
Non vi è neanche l'accenno di un piano di ricostruzione.

Vengono drenate risorse al settore agricolo, tali erano comunque i fondi destinati all'Enoteca Italiana e al Laboratorio Chimico Merceologico, senza alcuna assicurazione che i risparmi tornino al settore primario, magari anche sotto altre forme.
Si toglie, senza nessun accenno alla restituzione. Anzi, in realtà non si sa neanche come e dove verranno spesi i soldi ottenuti da questi tagli.
E' questo che non va.

E' chiaro che il Laboratorio e l'Enoteca debbano adattarsi ai tempi, eventualmente sapersi fondere in altri organismi, gestire nuove esigenze e nuove priorità.

Siamo tutti stufi, arrabbiati di sprechi e mangerie. E' sacrosanto.
Tagliare e risparmiare, per la situazione in cui siamo, è doveroso.
Sapere dove e come verranno spesi questi risparmi altrettanto.
Se vogliamo vendere il nostri patrimonio, materiale o immateriale che sia, dobbiamo capirne e valutarne l'utilità, per noi e per la società nel suo complesso.
Senza un programma che identifichi il nuovo progetto, la nuova strada, e i conseguenti investimenti necessari, il rischio è che i risparmi operati dal settore agricolo vadano convogliati in altri rivoli e altrettanti sperperi, senza che né il settore primario né l'Italia traggano alcun giovamento.
No, quindi, a chiusure indiscriminate ed arbitrarie.
Da che mondo e mondo, quando si cancella la lavagna, è per tornare a scriverci. Tenerla bella linda e immacolata non serve a nessuno.

Buona domenica
Alberto Grimelli

giampaolo sodano
giampaolo sodano
13 dicembre 2014 ore 14:41

aggiungo il mio consenso a lodola e sergio: in generale non c'è nulla del nostro passato recente che valga la pena di essere conservato, in particolare della politica agricola non c'è nulla da salvare e per quanto riguarda l'olio il disastro è sotto gli occhi di tutti. fanno schifo tutti quelli che si affannano a dare la colpa al clima e alla mosca. farebbero meglio a guardarsi allo specchio quegli importatori, confezionatori e distributori (e anche gli agricoltori) che hanno ridotto l'olio italiano ad un gadget che, come ha detto un manager della carapelli, crea traffico. per cortesia qualcuno lo avverta che tanto traffico ha creato un ingorgo e il vigile urbano ha gli occhi a mandorla.

Giuliano Lodola
Giuliano Lodola
13 dicembre 2014 ore 13:44

Completamente d'accordo con quanto scrive Sergio,non si può salvare un carrozzone che non ha mai fatto nulla per promuovere e lanciare i prodotti di competenza, nessuno neppure lo conosce ,e questo fa capire come forse fosse soltanto un mezzo per dare posti a clientelismo politico o di convenienza,forse sbaglio, ma come pensare il contrario.
Manca la volontà di far conoscere certi settori sia nel mondo che nell'Italia stessa, questo ente , a quanto sembra a nulla è servito se non a essere mantenuto in vita con danaro donato dalla banca o altri,infatti il tracollo della banca ha trascinato l'ente per mancanza di sovvenzioni,era mantenuto.
Risultato, se prendiamo per esempio l'olio Italiano,l'Italia è famosa per qualità e produzione specialmente nel meridione, l'Italia non ha mercato per il suo prodotto che è il meglio in assoluto, importiamo oltre metà dell'olio consumato da noi Italiani e queste importazioni sono di qualità scadente da paesi comunitari e no, i nostri frantoi e produttori si vedono costretti a svendere un prodotto ottimo perchè la concorrenza straniera preclude loro un giusto sbocco nel mercato di qualità, gli agricoltori neppure raccolgono più le olive perchè non è redditizio farlo o meglio ancora di rimessa, le olive restano sulle piante non raccolte,e la mosca aiuta.
Nessuno ha mai preso parte ne difesa per questo settore, noi Italiani siamo assenti all'interesse di questo prezioso elisir verde che è l'Extravergine Italiano, manca la scuola ,manca l'insegnamento ,dare interesse ai cittadini portandoli a conoscenza di un prodotto che vorrebbe consumato genuino e Italiano,insegnare che dare a merenda ai propri bambini due fette di pane irrorate con un Extravergine ottimo italiano sarebbe quella merenda più genuina delle tante merendine comode a mangiare. Portare a conoscenza di come sia impossibile trovare sugli scaffali Extravergine a 3 o 4 Euro, è sottoprezzo e perciò impossibile sia genuino, dovrebbero insegnare con pubblicità mirate che un buon Extravergine non può essere acquistato sotto 10,00 euro a bottiglia 750cl,e sarebbe già poco se si pensa che una bottiglia di Extravergine dura magari 20 giorni in casa mentre un pacchetto di sigarette un solo giorno e costano uguali, elisir di vita e veleno, ma le multinazionali del tabacco hanno seminato conoscenza, chi era preposto a seminare per l'olio, nulla ha fatto.E i frantoi chiudono e i produttori non si rinnovano,e i commercianti ingrassano da questa ignoranza del settore.
Ecco perchè chi ha avuto il compito di far conoscere questo prodotto non è servito a nulla, inutile salvarlo per lasciarlo continuare nella sua apatia di aspettare soltanto lo stipendio,serve chi parla e porta l'olio nel mondo dandone notizia, chi protegge il marchio italiano portando a conoscenza di come riconoscerlo dalle etichette e portare al legislatore i parametri per individuare provenienza,qualità e caratteristiche, soltanto in questo modo il consumatore acquisisce quella fiducia che ora manca totalmente.
Bisogna far capire che l'olio non è un prodotto industriale ma è quel succo che si ottiene dalla spremitura delle olive,dico spremitura per rendere l'idea di come nasce.
Portare a conoscenza dei consumatori che l'olio nasce al Frantoio, non nelle fabbriche, insegnare loro dove trovare e visitare questi mestieranti che per due mesi l'anno si spezzano la schiena per dare un prodotto che poi nessuno apprezza per quanto può costare.
Giuliano Lodola

Sergio Enrietta
Sergio Enrietta
13 dicembre 2014 ore 08:40

MMMMMmmm. Scambiare dei carrozzoni falliti e di cui quasi nessuno al lato PRATICO ne è a conoscienza, con gli Uffizi, francamente mi sembra un po' grossa.

Per come la vedo io nel settore olivicolo per cui non vale spendere altri commenti che dare uno sguardo alle tabelle dei consumi e delle produzioni mondiali, non c'è un bel niente di pubblico da salvare.

Le potenzialità di ripresa sono sul campo e alla portata di tutti quelli che hanno buona volontà, basta liberare le energie dai lacci burocratici e della categoria dei "cervelli" che invece di applicare teorizzano e la legge compiacente appoggia.

Il passato è pieno di olio qualitativamente scadente, inutile farcire il piatto con filosofia, quando il cliente non compra, vuol dire che:
O il prodotto è scadente.
O il prodotto non è stato fatto conoscere.

La teoria è fallita, servono altre prove?