Editoriali 09/05/2014

Dio fece il cibo, ma certo il diavolo fece i cuochi


Quella famosa frase nell’Ulisse di James Joyce è oggi sempre validissima. Gli star chef imperano nelle televisioni di tutto il mondo. Non esiste attualmente mestiere (a parte quello dell’attore e del presentatore televisivo) con un numero così elevato di presenze e di programmi mediatici dedicati.
Questa esplosione di notorietà degli chef, meritata o meno, porta a delle considerazioni quotidiane sulla qualità dei prodotti e sul loro utilizzo culinario. Nella marea di notizie che ci invadono dovremmo valutare quale siano possibili, utili, superficiali e approfondite.

La storia della gastronomia ha radici antichissime, già dai primi cibi “cotti”, dai primi allevamenti di bestiame e dalle prime coltivazioni che risalgono al Neolitico, circa 10.000 anni fa, si può parlare di tendenza dell’uomo a cucinare. Una storia evolutiva infinita giunta fino ai giorni nostri con un bagaglio culturale, atavico, immenso. Grazie ad alcuni frammenti di ricette, di poesie e altri testi scritti sappiamo come la storia della cucina abbia un’importanza cruciale per la vita dell’uomo, fin dai primordi. Anche perché grazie a questa storia le nostre abitudini si sono consolidate e si è formato il nostro corpo nel vero senso della parola, ossia la capacità fisica di recepire meglio o peggio alcuni alimenti. Vari studi hanno recentemente avanzato l’ipotesi di come l’organismo si sia adattato alle nostre abitudine, ed in modo darwiniano si sia evoluto in base a cosa eravamo abituati ad ingerire (vedi Dieta Mediterranea di Giovanni de Gaetano, Maria Benedetta Donati, Marialaura Bonaccio e relativa bibliografia).

Parlare allora di olio extravergine d’oliva diventa fondamentale, sia a livello organolettico per la riconoscibilità dei sapori comuni, sia a livello di benessere perché siamo da sempre abituati a farne uso ed il nostro organismo è capace di recepirlo correttamente. Ecco che entrano in gioco “i diavoli” di cuochi per dirla con Joyce. La creatività e maestria che oggigiorno ci affascina, la fiducia che gli deleghiamo nella scelta dei prodotti deve essere per forza di valore “nutraceutico”.

Esistono due protagonisti, abituati a riversare l’uno sull’altro uno scetticismo che pareva incrollabile: i ristoratori e i produttori d’olio extravergine. Proviamo ad analizzare velocemente la “disputa” ed a trovare alcune soluzioni di miglioramento, senza addentrarci troppo nel terreno già battuto delle proprietà salutistiche dell’olio.

Il rapporto conflittuale tra produttore d’olio e ristorante dev’essere valutato con molta cautela. Esistono tantissime categorie di ristoranti, noi per semplificare, ne valutiamo due: medio-bassa e medio-alta ristorazione. E’ pretenzioso sperare di trovare sulle tavole dei ristoranti di medio-bassa categoria una bottiglia di olio extravergine eccellente. Il loro interesse a contenere le spese di gestione e il prezzo di un pasto porta ad una ricerca della materia prima basata in primis sulla valutazione dei costi. In sostanza in un locale dove si spende dalla 15 alle 35 € a persona vino compreso, difficilmente potremo trovare sul tavolo un olio extravergine che per bottiglia da 500ml viene intorno a 10 €. E’ opportuno considerare invece le truffe nel settore olivicolo, gli extravergine contraffatti. Se non ci fosse questa tendenza dilagante e gli oli fossero davvero classificati in base alla loro reale categoria d’appartenenza, troveremmo spesso oli vergini oppure nel peggiore dei casi oli d’oliva; e nessuno si scandalizzerebbe. Il ristoratore non è un paladino della giustizia, più semplicemente è un commerciante che lavora cercando di sfruttare le occasioni di guadagno come ogni altro. L’olio purtroppo rappresenta un costo fisso per il ristorante, il cliente non ha interesse a spendere di più per avere un prodotto che neanche capisce bene. L’equazione è fatta.

Nella medio-alta ristorazione invece, la scelta dei prodotti deve avere un ruolo fondamentale. La questione si complica ed il problema ci conduce alla insoluta domanda: l’olio è solo un costo per il ristorante? Ad oggi si. Si è provato con le carte dell’olio, con scarsissimi risultati purtroppo. Si è provato con le bottiglie da 100ml, niente. Siamo lontani dall’imporre al cliente di acquistare un prodotto del quale non capisce le proprietà; prima, e qui siamo tutti concordi, va risolta la questione culturale. Ma nella catena di vendita, perché deve essere il ristoratore ad acquistare un prodotto a caro prezzo, senza che questo possa essere remunerato in alcun modo. Perché non può essere un altro soggetto commerciale come il supermercato, la gastronomia o l’alimentari di turno, nel quale l’olio si compra e quindi c’è ricarico? Forse perché non si comprerebbe? Se ci trovassimo di fronte sullo scaffale un olio extravergine (vero!), al prezzo reale di mercato, non saremmo già indirizzati verso un cambio culturale e gustativo in modo automatico?

Ultima domanda retorica, perché invece di cercare metodi per rincarare il prezzo della bottiglia, come il tappo anti-rabbocco, o spingere perché sulle tavole si abbiano bottiglie da 250ml (con relativo aumento dei costi) non si è cercata una soluzione altrettanto valida, ma che diminuisse il prezzo di acquisto dell’olio per il ristorante?

Il tema della conservazione ha un valore immerso per un prodotto deperibile e delicato come l’olio extravergine. Il tappo anti-rabbocco è stato pensato a seguito di una tendenza dilagante di riempire bottiglie con oli di scarsa qualità, spesso con un prodotto diverso da quello dichiarato in etichetta. Tutto vero. E allora? Noi proviamo a dare la nostra soluzione, consapevoli però del tempo necessario al cambiamento culturale. Dato che manca un posto dove si può comprare l’olio extravergine di eccellenza, il ristorante potrebbe diventare un punto vendita, in questo modo almeno si recupererebbe le spese. Inoltre potrebbe aggiungere una dicitura in menù nel quale si fa scegliere al cliente se usufruire dell’olio “base” o se preferire al tavolo una selezione accurata (almeno tre tipologie diverse) con un surplus da pagare di almeno 1,50 € per persona. Un’altra possibilità potrebbe essere di abbinare ai piatti da rifinire con l’olio a crudo una selezione di extravergini con un rincaro di 1/1,5€ già incluso sul piatto stesso. Tutte possibilità di recupero spesa, non di guadagno. Sempre per la consapevolezza del tempo necessario affinché si arrivi alla remunerazione completa. Piccoli passi per infondere nella cultura soprattutto italiana, l’abitudine all’olio extravergine di eccellenza: quell’olio che siamo in grado di fare e di degustare meglio di chiunque altro al mondo, per adesso.

Chi va a cena fuori vuole fare bella figura con i commensali, ma anche con chi sta intorno. Mettersi in mostra è una delle ambizioni del cliente, è una piacevole soddisfazione. Per questo sono convinto che molti sceglierebbero di avere una bella e buona bottiglia d’olio sul tavolo, non quella economica, disposti a pagarlo qualche Euro in più.

Un certo cambiamento si annusa nell’aria, il mondo dell’olio extravergine d’oliva chiede giustizia. La nostra speranza, quella per la quale abbiamo fondato AIRO - Associazione Internazionale Ristoranti dell’Olio è che quei cuochi “diabolici” vedano nell’extravergine un prodotto per far belli e buoni i loro piatti, non per convincere la gente della loro creatività.
Concludo con una citazione che vuol l'essere anche un auspicio: i versi sono del poeta-gastronomo Archestrato di Gela quando nel IV sec. a.C., scriveva:

Ma quel che ha carne dilicata e pingue
basta soltanto che di fino sale
l'aspergi, e l'ungi d'olio, perché tutta
tiene in sé la virtù di bel sapore.

La cucina dev’essere anche invenzione, ma non vezzo.

di Filippo Falugiani

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Commenti 1

Marco Cartolina
Marco Cartolina
11 maggio 2014 ore 06:39

Complimenti. Un bellissimo articolo. Complimenti anche a Grimelli per la scelta di pubblicare questi articoli. Qualche mese fa abbiamo dialogato sulla necessità di coinvolgere il mondo della ristorazione e i programmi televisivi per sviluppare la cultura dell'olio extravergine di qualità. La inviterei ad insistere con gli star chef per ottenere interviste sull'uso di extravergine di qualità nelle loro ricette. Soprattutto con la domanda se è utile abbinare a piatti particolari anche oli extravergine particolari o del territorio. Sono convinto che prima o poi gli star chef comprenderanno che oltre alla pubblicità di alcuni prodotti commerciali il loro ruolo e' anche quello di contribuire in modo determinante alla creazione della cultura dell'olio extravergine di qualità.