Editoriali 14/09/2013

Un bottiglione di Coca Cola al posto del vino


Mentre arretra paurosamente la superficie viticola in quella parte del mondo, il Mediterraneo, dove la vite ha trovato nel corso di millenni il suo habitat naturale, arrivano notizie più che incoraggianti per i produttori dal mondo del commercio e degli scambi mondiali di vino, una crescita del 5% secondo le stime elaborate da Corriere Vinicolo.

Si parla di un valore pari a 35 miliardi di dollari alla fine del 2013 secondo l’andamento del primo semestre da poco trascorso.

A trarre maggior vantaggio dall’aumento degli scambi mondiali di vino è, sempre secondo le stime del Corriere Vinicolo, lo sfuso con un +10% per un valore pari a 4 miliardi e 300 mila dollari, a seguire il confezionato (+5% e un valore di quasi 25 miliardi di dollari) e, poi, gli spumanti con il Prosecco sempre sull’onda del successo con un +3,7% e un valore di poco superiore ai 5,7 miliardi di dollari.

Stante alle previsioni gli spumanti dovrebbe far incassare al nostro Paese 900 milioni di dollari e il vino confezionato 4,7 miliardi di dollari (+6%), che ci porta ad avvicinare la Francia sempre prima con il 26,1% delle quote del commercio mondiale, con l’Italia seconda con il 19%.

Il Presidente dell’Unione italiana vini (Uiv), Domenico Zonin, parla di un settore in salute e si dichiara “molto soddisfatto di questa situazione che si avvia a essere positiva per il nostro settore, nonostante la difficile congiuntura. Pare che il comparto abbia tratto i più ampi benefici dalla riduzione dell’offerta avutasi un questi anni, generata in parte dall’effetto delle estirpazioni con premio in Europa e in parte da due annate scarse per via del meteo, trovando proprio nella difficile reperibilità del prodotto uno dei più validi alleati per ammortizzare gli effetti della crisi mondiale”….. Quest’anno - continua Zonin - con i primi timidi segni di ripresa economica in Europa e un raccolto abbondante un po’ in tutto il mondo, potrebbe fornire una stimolante preview del nuovo scenario”.

Ho iniziato questa mia nota con un dato che parla della riduzione costante della superficie viticola in Italia e nel Mediterraneo, per me allarmante, che, però, trova la soddisfazione di uno dei più importanti vitivinicoltori nonché presidente della storica Unione dei produttori, trasformatori e commercianti di vini in Italia.

Due punti di vista diversi, se non opposti, che spiegano le diverse responsabilità di chi ragiona sull’incasso e di chi, in questo caso io con tanti altri, pensa all’”Enotria Tellus”, cioè al Paese segnato ancora un po’ ovunque dalle vigne e, soprattutto, pensa a vedere come arricchire di passione i viticoltori e di paesaggi i nostri territori, per non perdere la sua fama di Paese del vino.

C’è da dire che se non si arresta il processo di un’ulteriore perdita di superficie viticola, che vuol dire non solo meno vigne, ma anche meno viticoltori e, presto, meno cantine, soprattutto cooperative, questa nostra Italia non sarà più il Paese del vino ma di un’altra cosa che, in questo momento non riesco a pensare quale e, comunque, non di una sua eccellenza agroalimentare.

In pratica territori sconquassati da una strategia che guarda solo al profitto per il profitto e che spiega anche la perdita di quel rapporto quotidiano con il vino a tutto vantaggio delle altre bevande, in particolare birra e soft drink come la Coca Cola che, non a caso, approfittando della situazione, sta entrando in tutte le case degli italiani con bottiglie da due litri che fanno pensare al bottiglione di vino di una volta.

E questo succede oggi, quando è più facile avere un buon rosso, bianco o rosato, a un prezzo concorrenziale con le altre bevande, ciò che porta, attraverso un’attenta comunicazione e, soprattutto, una controinformazione, a ridare al vino il suo posto al centro della tavola per continuare a raccontare tutti i giorni la cultura del vino.

Per esempio far sapere che il vino, un bicchiere, grazie ai suoi componenti fa bene se bevuto ogni giorno per accompagnare il pranzo e la cena, diversamente dalle bevande più reclamizzate che creano problemi alla salute e ciò è dimostrato dai dati come quelli che parlano di un aumento dei casi di diabete.

Senza la cultura che la quotidianità della tavola riesce a raccontare anche i grandi vini, nel corso del tempo, rischiano, diversamente dai profitti che troveranno presto altre destinazioni da parte di chi non ritiene più il vino un buon investimento.

Ciò fa pensare che non c’è la casualità nei risultati sopra esposti ma precise strategie che seguono la logica di un sistema in crisi per chi lavora o invecchia e non per chi investe che, proprio in questo periodo, realizza utili impensati nel passato. Strategie che vengono da lontano e che, in presenza di una politica che non governa ma lascia al profitto questo suo preciso compito e con il vino portato a essere sempre più solo una bevanda d’elite, il rischio è quello di un futuro incerto per questa nostra nobile bevanda, che ha saputo sempre appagare il re come il popolo.

A pagare, come sempre, saranno i territori e i viticoltori e, anche, i consumatori che, da un bicchiere di vino pranzo e a cena, potevano ricavare una buona dose di salute e di benessere.


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