Associazioni di idee 09/08/2018

Sui fitofarmaci lo scontro tra Italia e agrotecnici si sposta a Bruxelles

Il Piano di azione nazionale sui fitofarmaci mortifica le professioni, ma il Consiglio di Stato non boccia la normativa nonostante affermi che “la competenza relativa all’uso dei prodotti fitosanitari” rientra nella professionalità degli agrotecnici, ma senza trarne le conseguenze logiche


Con la sentenza n. 4769/2018 il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso promosso dal Collegio Nazionale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati contro il Decreto del Ministero dell’Agricoltura del 22 gennaio 2014 che ha dato concreta attuazione al PAN-Piano di Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei Fitofarmaci.

Com’è noto il PAN non considera, in modo alcuno, la capacità professionale degli iscritti negli Albi del settore agrario, non dando nessun valore al fatto che essi abbiano superato un esame di Stato abilitante allo svolgimento, fra l’altro, delle attività fitoiatriche, perciò trattando i professionisti ordinistici alla stregua di qualunque altro soggetto, obbligandoli a frequentare corsi ed esami regionali per loro inutili (ma utili invece al sistema della formazione professionale, posto che detti corsi sono sempre a pagamento).

Contro questa prepotenza gli Agrotecnici avevano impugnato gli atti applicativi del PAN al TAR Lazio e poi al Consiglio di Stato, che ha infine respinto il ricorso con motivazioni che, tuttavia, lasciano perplessi.

La sentenza infatti sembra non immune da errori e contraddizioni, in particolare quando si afferma che “la competenza relativa all’uso dei prodotti fitosanitari” rientra nella professionalità degli Agrotecnici, ma però poi non vengono tratte da questa affermazione le uniche conseguenze logiche: che sono quelle di distinguere fra un Agrotecnico libero professionista e, ad esempio, un benzinaio, un panettiere od un suonatore di flauto.
Non è infatti né logico né possibile applicare lo stesso regime a soggetti così diversi nel livello formativo tecnico-scientifico (ma il Consiglio di Stato non pare essersi curato di una simile contraddizione).

L’effetto di questo corto circuito logico è una sentenza corretta nella ricostruzione dei fatti ma illogica nelle conclusioni; cosa c’è di più illogico infatti nel sostenere la competenza professionale di una categoria e, al tempo stesso, costringerla a sostenere un corso di formazione per acquisire la competenza che già possiede?

Bisogna riconoscere tuttavia come questo risultato non giunga inaspettato; in precedenza il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1577/2018, aveva respinto il ricorso dell’Ordine degli Agronomi su identica materia, dove a questo duplice risultato negativo non sembra essere estraneo il comportamento degli Albi professionali del settore agrario, che sono andati avanti con propri ricorsi (o che al Consiglio di Stato non li hanno nemmeno presentati), senza nemmeno provare a svolgere un’azione comune, per una migliore difesa dei propri iscritti.

Nonostante questo risultato negativo per il Presidente dell’Albo degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati, Roberto Orlandi, la partita non è ancora chiusa “Resto convinto che se i tre Albi del settore agrario avessero unito le loro forze, anziché combattersi l’un l’altro, si sarebbero potuti ottenere risultati ben differenti, garantendo una più adeguata tutela dei rispettivi iscritti. In ogni caso la nostra azione non si interrompe ma, anzi, proseguirà su tre fronti: il primo, un ricorso alla CEDU-Corte Europea per i Diritti dell’Uomo. La seconda: una interlocuzione con il Ministero dell’Agricoltura, peraltro già in corso, per la revisione del PAN fitofarmaci, in tal modo cercando di dar corpo a tutte o parte delle nostre proposte. Il terzo, un intervento legislativo per modificare il D.Lgs n. 150/2012 da cui il PAN discende”.
Continua Orlandi “Abbiamo preso l’impegno con i nostri iscritti di modificare le disposizioni ingiuste e punitive del PAN e questo impegno lo manterremo, costi quel che costi”.

di C. S.