Associazioni di idee 10/05/2017

Unaprol: “serve più informazione al consumatore per superare effetto Brexit”


Il Regno Unito con una popolazione di circa 65 milioni di abitanti è uno dei mercati più attraenti in Europa, specialmente se collegato alle opportunità offerte dal sistema della grande distribuzione organizzata. Analogo paragone vale per Londra che con la sua area metropolitana ed i suoi oltre 9 milioni di abitanti, rappresenta la piazza più interessante per l’olio extra vergine di oliva italiano.

E’ quanto emerge dal seminario ICE / Unaprol: “come esportare olio EVO in UK dopo l’effetto Brexit”.

“Le importazioni totali di olio di oliva sono in aumento di anno in anno” - afferma Antonietta Kelly trade analyst di Agenzia ICE nella capitale britannica. Nel 2016 sono aumentate in quantità del +1,50% rispetto all'anno precedente. I prezzi hanno visto un incremento del +9,78% rispetto al 2015. L'Italia si piazza al secondo posto dopo la Spagna come fornitore del Regno Unito ed al terzo posto troviamo la Grecia che ha raddoppiato le esportazioni di olio di oliva, anche se queste rimangono ben inferiori alle quantità dell'olio di oliva spagnolo ed italiano (Spagna 47.287 tonnellate; Italia 15.319 tonn; e Grecia 4.078 tonn).

Il consumo di olio di oliva nel Regno Unito è, però, ancora troppo basso ed in media il consumatore britannico compra olio di oliva poco più di due volte all'anno”. I consumi sono di circa 1 kg all'anno pro capite. Il Regno Unito è, quindi, un mercato che potrebbe offrire delle buone prospettive per i produttori di olio, “ma è necessario investire in programmi di educazione alimentare nei confronti del consumatore – aggiunge la Kelly - che è disposto a pagare il giusto prezzo per un prodotto di alta qualità italiana”.

di C. S.