Associazioni di idee 05/10/2015

Città dell’Olio: “la decisione UE sull’olio d'oliva della Tunisia penalizza i produttori italiani”


I legittimi timori manifestati da varie organizzazioni di produttori e da alcune forze politiche, sulla decisione da parte dell’UE di aumentare la quota di importazione di olio extravergine senza dazio dalla Tunisia meritano un serio approfondimento sul futuro dell’olivicoltura italiana considerato i colpevoli ritardi manifestati negli ultimi anni da parte dei Governi nazionali per la mancata approvazione di un serio e programmato Piano Olivicolo Nazionale. In un momento in cui si chiede di solidarizzare con la Tunisia per aiutarla in campo economico, nessuno sente la necessità di solidarizzare con i nostri produttori olivicoli penalizzati da una parte, dalla concorrenza sleale di aziende commerciali e confezionatori senza scrupoli, dalle frodi e dalle sofisticazioni e dall’altra dalla decisione capestro dell’UE e del Governo Italiano di destinare meno risorse per gli aiuti al nostro settore olivicolo agonizzante. Un settore che rappresenta un comparto vitale nel nostro paese sia sotto il profilo economico che sociale ed occupazionale. Se da una parte è pur vero che l’Italia è il principale Paese al mondo consumatore di olio extravergine - ne consumiamo circa 600 mila tonnellate - dall’altra è necessario ricordare che la nostra produzione, nelle annate d’oro, non supera le 400 mila tonnellate, determinando un deficit di oltre 200 mila tonnellate che si compensano con le importazioni di olio comunitario e/o extracomunitario. La vera questione invece che va affrontata e sulla quale non vedo una ferma presa di posizione del Governo Nazionale oltre che regionali, è quella relativa al rilancio delle eccellenti produzioni olearie locali e varietali attraverso una seria campagna di promozione e valorizzazione. Una presa di posizione che va affrontata unitamente alle associazioni di categoria in sede comunitaria con i nostri rappresentanti europarlamentari, per definire le regole necessarie a contrastare il confezionamento e la commercializzazione di olio caratterizzato all’origine da caratteristiche chimico-fisiche ed organolettiche di scarso pregio, spesso artificiosamente mascherate. La vera questione è proprio quella di mettere in campo politiche che tendano a rafforzare la filiera olearia puntando sulla qualità coniugata con la cultura del territorio, i suoi paesaggi e l’enogastronomia, per la quale si continua a fare poco. E’ in questa direzione che si muove l’Associazione Nazionale delle Città dell’Olio che negli ultimi anni ha puntato sempre di più ad avviare processi collaborazione con le varie Regioni sottoponendo protocolli d’intesa che puntino a rafforzare la collaborazione tra la rete delle città dell’olio e le stesse, al fine di rafforzare la proposta di valorizzare e promuovere i propri territori legandoli principalmente alle proprie tradizioni culturali e alle produzioni olearie contraddistinte dalle varietà locali, patrimonio unico di biodiversità. La sfida futura, dunque, sarà proprio quella legata alla nostra capacità di saper offrire oli di qualità, piuttosto che miscelati, che rappresentino un’identità territoriale unica ed inimitabile. Non sarà certamente l’olio tunisino o spagnolo a spaventarci, ma la nostra scarsa capacità di saper mettere in campo iniziative mirate a far apprezzare sempre di più il vero olio “Made in Italy” con i suoi profumi, i suoi sapori diversamente dalle comuni miscele commerciali che di olio hanno solo il nome ma per il resto piatto assoluto.

di C. S.