Mondo Enoico 14/11/2009

Si torni alla bevibilità dei vini. Il gusto premia la semplicità

Alla "Biennale del vino" di Venezia emerge una tendenza che ha la piena approvazione del consumatore. Ciò non comporta necessariamente un basso tenore alcolico o l'omologazione di gusti e profumi




Dopo le ere del vino dei difetti, del legno, del frutto e della marmellata eccoci finalmente giunti in quella della piacevolezza di beva. Se ne è parlato ampiamente nella tavola rotonda, moderata dal giornalista Matteo Marenghi e organizzata dalla Strada dei Vini Lison Pramaggiore con la delegazione di Venezia dell’Associazione Italiana Sommelier, lo scorso 8 novembre, presso l’Hotel Monaco&Gran Canal a Venezia in occasione dell’evento "La Biennale del vino".


Il tema “Evoluzione del gusto: l’eclisse dei vini da campionato e il ritorno alla bevibilità” ha fotografato una tendenza nell’aria da un po’ di tempo, rimarcata dalle parole vivaci del giornalista Franco Ziliani: “Negli ultimi vent’anni ci si è dimenticati che il vino è fatto per essere bevuto. La prima vittima è stata il consumatore che oggi rifiuta i monovini, non ancorati a una precisa territorialità, e soprattutto non ascolta più supinamente chi gli dice di bere quello che non lo convince né per quanto concerne il livello sensoriale né nel delicato rapporto qualità/prezzo”.

Il concetto di bevibilità non significa banalità di un vino, né necessariamente un basso tenore alcolico o una omologazione dei gusti e dei profumi che esprime.
Dino Marchi, presidente di Ais Veneto ha chiarito che la bevibilità è correlata, anzi, all’evoluzione del gusto e che acquisisce valore nel momento in cui è strettamente correlata a una zona caratteristica. “Quando si parla di bevibilità – ha chiarito , consigliere della Strada Vini e coordinatore dell’evento – non si deve pensare solo a vini leggeri e di pronta beva. Bevibilità è una caratteristica che contraddistingue tutti i vini che denotano finezza, eleganza e armonia; quindi non può essere confusa con un modo di descriverne la struttura o la complessità. In questo senso a Lison Pramaggiore produciamo vini bevibili capaci di esprimere caratteristiche varietali e pienezza sensoriale”.

Da Vasco Boatto, consulente ministeriale e presidente di Venezia Wine Forum, ulteriori informazioni sulle prospettive di mercato per vini bianchi e rossi: “Il futuro del settore vitivinicolo italiano si giocherà sulla capacità dei produttori di vendere vino soprattutto nei Paesi più lontani” E ha aggiunto: “Oggi è necessaria una razionalizzazione delle doc, che in Veneto dovrebbero ridursi a 4-5, connotate da valenze storiche per un totale di una decina di vini. I circa 10 milioni che la Ue ha messo a disposizione della Regione Veneto saranno investiti infatti per promuovere poche denominazioni”.



Tra i segnali che ci giungono dal mercato sono da considerare la tendenza a un consumo responsabile e la ricerca di un equilibrato rapporto tra qualità e prezzo. “In particolare, i giovani sarebbero disposti a pagare di più per un vino sicuro, con una precisa identità territoriale e sostenibile”.

"Nel contesto di una produzione italiana di 52 milioni di ettolitri il Veneto si piazza al primo posto con 7.798.516 ettolitri e ha 25 denominazioni: al quinto posto per quantitativi si colloca la doc Lison Pramaggiore” ha commentato l’enologo Franco Bernabei: “La crisi in cui si trova attualmente il comparto enologico è anche motivata dalla polverizzazione delle denominazioni. La doc Lison Pramaggiore deve ora capire dove andare: i suoi vitigni autoctoni di riferimento sono Lison, Refosco dal peduncolo rosso e Verduzzo. In generale occorre ridurre le etichette e razionalizzare le tipologie per avere più impatto sul mercato”.

La doc coinvolge 19 comuni del Veneto Orientale e 25 aziende e, come ha sottolineato la presidente della Strada dei Vini Lison Pramaggiore Francesca Amadio, punta a una forte coesione per difendere i valori dell’ambiente specifico in cui nasce. Su questo aspetto hanno calcato l’accento più relatori: “Nell’attuale situazione economica oggi vende vino chi lo fa rispettando il proprio territorio, senza cedere alle facili mode e valorizzando il proprio terreno” ha detto Bernabei.

Altri valori che sono stati sottolineati, spesso in contrapposizione alla formula che funzionava qualche tempo fa e in base al quale un vino doveva distinguersi per la concentrazione eccessiva e per la “muscolarità”, sono costituiti dalla finezza e dall’eleganza che, a detta di Dino Marchi, deve fungere da trait d’union tra le concezioni produttive di ieri, di oggi e di domani. Di grande richiamo anche l’autenticità, intesa come rispetto delle proprie radici, e la coerenza, intesa come determinazione a non cedere alle lusinghe delle tendenze o dei gusti del momento che, alla lunga, non pagano.

di Monica Sommacampagna