L'arca olearia 06/09/2008

Un po’ d’acqua nell’olio non è un male assoluto

Si nell’extravergine c’è dell’acqua e svolge un ruolo importante per la solubilizzazione e l’attività degli antiossidanti più polari. Con l’aiuto del Prof. Lerker e del Dott. Cerretani seguiamo il suo percorso dal frutto dell’olivo fino all’olio in bottiglia


È ormai nota a tutti l’importanza dei cosiddetti componenti minori (ovvero quelli presenti in quantità molto limitata) sulle caratteristiche degli oli vergini ed extravergini di oliva. Infatti, tra questi componenti sono annoverati tanto i composti ad attività antiossidante, quanto quelli che svolgono un ruolo salutistico nonché tutti quelli che sono responsabili delle caratteristiche sensoriali. Questi tre ruoli sono in particolare riconosciuti contemporaneamente ad una sola classe di composti ovvero ai composti a struttura fenolica [1].

Ai composti fenolici è stata prestata negli ultimi anni molta attenzione dal mondo della ricerca ma anche da quello della divulgazione. Ricerche sui composti fenolici dell’olio extravergine di oliva sono state e sono condotte da ricercatori che operano in diverse nazioni e hanno riguardato diversi ambiti da quello della scienza degli alimenti fino a quello della ricerca medica. Va ricordato ad onor di cronaca che le prime osservazioni sulla presenza di tali composti negli oli vergini di oliva siano datate più di cento anni e si devono al chimico italiano Francesco Canzoneri (1906) [2].
In questo secolo, sono state numerose le ricerche svolte in questo ambito e negli ultimi anni è stato attribuito un ruolo anche all’interazione dei composti fenolici con altri microcomponenti dell’olio vergine ed extravergine di oliva. In particolare, tra questi componenti, è stata osservata negli oli la presenza di acqua [3-4]. Negli oli prodotti dall’oliva sono stati rivelati quantitativi di acqua che vanno dai 300 agli oltre 2000 mg per kg di olio, quantitativi spesso ben al di sopra dei contenuti di “saturazione” (che sono individuabili nell’intervallo 300-400 mg per kg di olio). La spiegazione di queste quantità è da ricercarsi nella presenza di microgoccioline di acqua disperse nell’olio che risulterebbero stabilizzate dall’aggregazione-dissoluzione di un gruppo di sostanze polari, idrosolubili e/o idrocompatibili che vanno dai sali minerali, agli acidi liberi, ai digliceridi, ai fosfolipidi, fino a sostanze alcoliche e fenoliche. Si tratta di dispersione (fine emulsione, o microemulsione) e non di sospensione, data l’impossibilità di separare con mezzi fisici l’acqua, insieme ai suoi componenti, dall’olio.

La figura 1 riporta due fotografie al microscopio (1600 ingrandimenti) durante il decongelamento di due oli d’oliva, il primo (A) dal contenuto in acqua pari a circa 1200 mg per kg di olio, il secondo (B) dal contenuto in acqua di circa 250 mg per kg di olio. La foto A evidenzia il contorno frastagliato delle gocce di grasso in scongelamento, la cui conformazione è attribuibile alla presenza delle goccioline di acqua mentre nella B i contorni risultano più regolari a seguito del basso contenuto in acqua.



Come anticipato il ruolo svolto dall’acqua nell’olio può essere individuato nella sua capacità di sciogliere sali e sostanze organiche polari di piccola e media dimensione, favorendo la loro presenza in sistemi non adatti a contenere composti polari, stabilizzando in sospensioni, dispersioni e dispersioni colloidali tale presenze. In particolare, tale effetto ha particolare importanza alla luce della conoscenza delle caratteristiche chimiche dei composti a struttura fenolica che come ribadito svolgono diversi ruoli nell’olio vergine ed extravergine di oliva.
Altro ruolo riconoscibile all’acqua è relativo alla sua azione sulle caratteristiche percettibili organoletticamente. Infatti, l’acqua esercita questo ruolo nelle soluzioni acquose o in dispersioni nelle matrici idrofobe. In generale, la sensazione organolettica colta al gusto e, legata all’odore di un alimento, sono condizionate dalla presenza e dalla forma in cui si trova l’acqua nell’alimento. Il gusto viene captato dalla sequenza di contatti delle strutture molecolari presenti nell’alimento, modulata dalla loro collocazione nelle fasi acquosa ed organica, privilegiando prima il contatto con quella acquosa in relazione al fatto che le papille gustative sono bagnate di acqua (saliva).

Seguiamo quindi il percorso dell’acqua durante il processo di produzione dell’olio.
L’acqua rappresenta il principale componente del frutto dell’olivo aggirandosi attorno alla metà del suo peso totale. La prima operazione che interviene direttamente sul frutto è rappresentata dalla frangitura che con lo scopo di liberare le goccioline di olio determina il contatto tra tutte le componenti del frutto; in questa fase i sistemi più rapidi e più energici provocano la dispersione delle goccioline di olio, ma anche di quelle di acqua. La fase successiva, rappresentata dalla gramolatura, che ha lo scopo principale di permettere l’aggregazione delle goccie di olio in gocce di dimensioni via via maggiore tali da poter essere agevolmente separate dalle altre componenti, determina anche processi secondari che hanno una importanza elevata sulle caratteristiche dehli oli. Tra questi processi si annovera la formazione, per via enzimatica, dei composti volatili responsabili delle sensazioni percettibili olfattivamente. L’altro fenomeno importante che si verifica durante la gramolatura è la trasformazione dei composti a struttura fenolica dalle forme glicosilate più presenti nel frutto a quelle prive dello zucchero caratterizzate da una minore polarità e quindi una maggiore compatibilità con la fase oleosoa che contiene acqua in microemulsione. Continuando a seguire il percorso dell’acqua, in questa fase l’olio aggregato si presenta molto ricco di acqua più o meno emulsionata. La fase di separazione con decanter allontana l’acqua dall’olio, alcune osservazioni hanno mostrato che i sistemi a due fasi ne determinino un maggiore allontamanento. L’ultima fase di separazione operata dal separatore verticale elimina l’ulteriore acqua in eccesso. Al termine di tale processo l’olio appare velato anche per via dell’acqua microemulsionata.

A questo punto, intervengono i processi di filtrazione e conservazione che incidono sul contenuto in acqua microemulsionata e di conseguenza su tutte le caratteristiche dell’olio sulle quali quest’acqua si ripercuote. Relativamente alla filtrazione è evidente che tanto più acqua è trattenuta tanto più i componenti in essa disciolti sono ridotti; di conseguenza la filtrazione su cotone è da ritenere una delle più drastiche per via della capacità di questo materiale di captare acqua. Come riportato in un precedente numero di questa rivista (TN 12 anno 6) un sistema di filtrazione senza substrato adsorbente permette di ridurre la perdita di acqua e di conseguenza di composti in essa dispersi.

Durante la conservazione sono numerosi i fenomeni che possono ripercuotersi sulla stabilità dell’acqua, prima fra tutti la temperatura. Gli sbalzi termici destabilizzano quest’acqua microdispersa nell’olio ed in particolare l’azione è esaltata dalle basse temperature di cristallizzazione dell’olio che come primo effetto provocano la separazione dell’acqua e di conseguenza una parziale aggregazione al ripristino delle condizioni dello stato liquido. Dalle esperienze sperimentali è stato osservato che temperature al di sotto dei 12°C possono già determinare una parziale cristallizzazione in particolar modo per quegli oli caratterizzati da un basso contenuto in acidi grassi polinsaturi. Di conseguenza una buona temperatura di conservazione va individuata nel range 12-15°C, ovviamente mantenuta costante grazie all’ausilio di sistemi di condizionamento dell’ambiente [5].
Ovviamente ricordando quando detto all’inizio del percorso va specificato che la quasi totalità dell’acqua presente nel frutto a cui si aggiunge quella di processo rappresentano un sottoprodotto eliminato al termine del processo di produzione. Quest’acqua scioglie numerosi composti provenienti dal frutto, tra cui la maggior parte dei composti a struttura fenolica del frutto originario che per la presenza dello zucchero vi mostrano più elevata affinità rispetto all’olio a seguito della loro elevata polarità.

Per quanto riguarda l’impiego di acqua di vegetazione, appena ottenuta, al posto dell’acqua fornita dalla rete idrica negli impianti a tre o a due fasi e mezzo (processo “eco”) è stato osservato che l’eventuale arricchimento in acqua dispersa e sostanze fenoliche arricchirebbe anche di componenti maleodoranti generati per fermentazione anche nei tempi brevi di lavorazione.

Bibliografia

1. A. Bendini, L. Cerretani, A. Carrasco-Pancorbo, A. M. Gómez-Caravaca, A. Segura-Carretero, A. Fernández-Gutiérrez, G. Lercker. "Phenolic Molecules in Virgin Olive Oils: a Survey of Their Sensory Properties, Health Effects, Antioxidant Activity and Analytical Methods. An Overview of the Last Decade" Molecules 12: 1679-1719 (2007) http://www.mdpi.org/molecules/papers/12081679.pdf
2. A. Carrasco-Pancorbo, L. Cerretani, A. Bendini, A. Segura-Carretero, T. Gallina Toschi, A. Fernández-Gutiérrez "Analytical determination of polyphenols in olive oils" J. Sep. Sci. 28: 837-858 (2005).
3. G. Lercker, A. Bendini, L. Cerretani. "Qualità, composizione e tecnologia di produzione degli oli vergini di oliva" Progr. Nutr. 9: 134-148 (2007).
4. L. Cerretani, A. Bendini, S. Barbieri, G. Lercker. "Osservazioni preliminari riguardo alla variazione di alcune caratteristiche chimiche di oli vergini da olive sottoposti a processi di deodorazione "soft"". Riv. Ital. Sost. Grasse 85: 75-82 (2008).
5. M. Bonoli-Carbognin, L. Cerretani, A. Bendini, T. Gallina Toschi, G. Lercker "Prove di conservazione a diversa temperatura di olio da olive monovarietali" Ind. Aliment.-Italy 452: 1135-1141 (2005)

di Lorenzo Cerretani