Articoli 14/07/2007

CON LO SGUARDO CONCENTRATO SULLA VASTA E VARIEGATA FAMIGLIA DI ERBE E ANIMALI, GIAMPIERO NERI COGLIE L’OCCASIONE PER INDAGARE SULLA VERA NATURA DELL’UOMO

Osservatore acuto e profondo della realtà, attraverso l’impiego sapiente della metafora, scende nei segreti meccanismi che regolano i comportamenti e le vicende di individui e società. "In natura - dice - le cose succedono più apertamente. Il lupo rimane lupo, si maschera, si nasconde, ma non diventa mai pecora". La sua poesia? E' stata influenzata dal blues


Giampiero Neri ci ha seguito e ci segue da molto tempo. A lui abbiamo dedicato, mutuando il titolo dalla sua celebre raccolta di poesia edita da Mondadori nel 1998, la rivista “Teatro Naturale”.

Ed è per questo, dunque, che all’uscita di Poesie 1960-2005, abbiamo voluto intervistarlo affinché i nostri lettori potessero accostarsi con l’occasione alla sua opera con la necessaria curiosità che si riserva a un grande maestro. L’antologia che raccoglie l’intero corpus di liriche, edito sempre da Mondadori, fa parte della collezione Oscar “Poesia del ‘900”.



Poesie 1960-2005 è un’antologia che raccoglie l’intera produzione ad oggi. E’ un segnale importante, visto che la poesia è sempre difficile reperirla dopo che si è esaurita la prima edizione di un volume. Adesso, chi non ti conosce ancora, può avere invece sotto mano l’intero tuo percorso creativo... Ebbene, ora che sei tu, l’autore, ad avere tra le mani il libro di una vita, cosa ti stupisce di più, dopo tutti questi anni?
Una cosa che in fondo mi stupisce c’è. Non ho cambiato neanche una virgola. E’ un lavoro che ho iniziato a pubblicare nel 1960, come recita appunto la copertina, e che ho finito nel 2005, senza aver corretto niente, rispetto alle edizioni precedenti. Questo può voler dire qualcosa di negativo, se proprio vogliamo fare della critica a tutti i costi; però, per conto mio, qualcosa di buono c’è in tutto ciò: vuol dire che la mia poesia nasce da una meditazione, e che non è improvvisata, ma si perpetua piuttosto nel tempo. Si potrà discutere la forma, certo, ma la sostanza di quello che dico rimane ancora valido.


Già, perché questi versi sono stati studiati in realtà molto a fondo...
Sì sono stati meditati e rimeditati, e alla fine sono quello che io ho pensato. Naturalmente, non mi illudo che siano il meglio. Sono una testimonianza di me stesso.

Il tema della natura è sempre in primo piano. E' un riferimento costante...
Sì, lo faccio per parlare dell’uomo. Questo perché prima di tutto io amo gli animali e le piante. Questa famiglia di erbe e di animali, di cui riferiva Foscolo, vale anche per me. Effettivamente, io mi sento parte di questa famiglia, per cui questa è una prima motivazione. Un’altra può essere la seguente: in natura le cose succedono più apertamente. La natura si nasconde, è vero, ma non truffa. Il lupo rimane lupo, si maschera, si nasconde, ma non diventa mai pecora. Si mimetizza, però quando passa all’offensiva esprime con chiarezza la sua identità. Per l’uomo è diverso, invece. Per questo ho preferito parlare di animali, perché sono più evidenti i loro mascheramenti, i loro mimetismi.

L’ambientazione e gli scenari in cui ti muovi guardano sempre al passato. Non esiste una prospettiva futura. Si parte dal passato ed è solo il passato ad essere evocato. Poi, certo, il passato che tu racconti rappresenta idealmente tutte le epoche. Può valere come tale per tutti i tempi, però, appunto, è sempre passato...
Sì, concordo con la tua idea: è così. Può valere per tutti i tempi, ciò che dico. Quello che è successo, succederà. Non sono certo un ottimista, per quanto riguarda il futuro dell’uomo. Penso che continuerà ad essere quello che è, un insieme di bene e di male. Non solamente bene e non solamente male, ma un insieme delle due forze. Noi siamo il risultato di queste due forze che si agitano dentro di noi. Di volta in volta possono prendere il sopravvento ora l’una, ora l’altra, a seconda delle circostanze.

Quindi, possiamo definirla una poesia filosofica...
Sì, diciamo di pensiero; dove, appunto, il pensiero ha una parte significativa, se non proprio preponderante. Comunque, certamente molto significativa.

Che lezione può trarre un lettore dal tuo libro?
Posto che non si impara niente – perché in fondo uno impara ciò che già sa, come dicevano alcuni filosofi – per il resto chi mi legge può trovare delle conferme. Può trovare forse qualche conforto, nel senso che, se crede di aver sbagliato, può verificare che anche l’autore di questo libro può aver sbagliato, proprio come lui. Per cui, il mio percorso può essere un aiuto, un compagno di viaggio. Io lo intendo così, il mio libro.

Stilisticamente c’è stato qualche apporto di cui noi lettori abituali della tua opera ignoriamo? In altre forme di espressione artistica, per esempio, si assimilano volentieri altri linguaggi, diversi dai propri...
Ti dico una cosa che ho pensato in questi ultimi tempi, ma che non ho mai riferito. La mia derivazione poetica, oltre che trovare i predecessori illustri in Rimbaud, ma anche in Campana, deve molto al blues e al jazz. Sì, perché io sono stato un grande appassionato di jazz. E il blues, come sappiamo, è una parte importante del jazz. Quindi, io sono stato influenzato dai brani di blues che leggevo. Sono stato influenzato da storie di neri, di diseredati, di uomini tristi, disoccupati, posti un po’ ai margini della società. Il blues mi ha molto influenzato, dunque, anche se finora non l’avevo mai dichiarato.

Per concludere, passiamo alla critica. Questa si è sempre occupata di te piuttosto favorevolmente, e con molta attenzione, direi; ma quali critici, in particolare, hanno veramente creduto in te da subito, contribuendo così in modo significativo al lancio della tua opera?
Devo dire prima di tutto mio fratello, lo scrittore Giuseppe Pontiggia, ch’è stato il mio primo lettore (Giampiero Neri è lo pseudonimo di Giampietro Pontiggia, ndr). Dopo di lui potrei citare, in ordine cronologico, Cucchi, Majorino e la Marcheschi. Ma aggiungerei anche Raboni, il quale ha commentato peraltro la mia prima pubblicazione nell’Almanacco dello Specchio; e poi ha scritto la quarta di copertina del mio volume d’esordio, L’aspetto occidentale del vestito, con una nota che ha influenzato la critica successiva.


UNA POESIA
Ecco, a beneficio dei lettori, una prosa lirica di Giampiero Neri, tratta dal volume Poesie 1960-2005, Oscar Mondadori, pp. 210, euro 11

E' il rumore di un gatto che fruga con la zampa. Uno dei grossi gatti che stavano in cortile. Immobili come i leoni del re abissino Giovanni o Johannes, ma insidiati dai muratori che lavoravano nei dintorni.
La famiglia dei gatti si è molto assottigliata.

Giampiero Neri

di Luigi Caricato