Articoli 01/09/2007

RITRATTO A PIU' MANI DELL'OLIO EXTRA VERGINE DI OLIVA A MARCHIO DOP "TERGESTE"

L'olivicoltura giuliana vista da Luigi Caricato e Giovanni Degenhardt, Luciana Pecile e Marialuisa Pizzulin, Dino Sturman, Ettore Franca e Fulvia Premolin. Uno speciale dedicato a un'area olivicola dalle solide tradizioni che, dopo la grande crisi di inzio Novecento, ha deciso di rilanciarsi anche in ragione di un robusto impegno, corale, di tutto il territorio


Presentiamo una serie di testi pronunciati a Trieste in occasione della presentazione ufficiale delle prime bottiglie a marchio Dop "Tergeste", avvenuta lo scorso aprile.

LA FORZA TRAINANTE DELLA BIANCHERA
di Luigi Caricato

Nell’olio extra vergine di oliva a denominazione di origine “Tergeste” la differenza, oltre alle peculiarità del territorio, e alla capacità professionale degli operatori, la fa soprattutto la cultivar autoctona Bianchera

In provincia di Trieste l’olivicoltura ha l’orgoglio delle proprie radici. Vi sono oliveti che coprono una superficie complessiva di circa ottanta ettari. La tentazione di impiantare nuovi alberi d’olivo è sempre forte. C’è come una sorta di attrazione continua verso questa pianta. In particolare verso gli olivi della varietà autoctona Bianchera, Belica in sloveno. Qui l’olivicoltura affronta condizioni difficili, con la paura del gelo incombente, con i rischi, sempre alti, di vedere svanire tutto. Siamo in un territorio al limite della coltivazione, più su non si può andare. L’olivo si ferma qui. Gli oli che si ricavano, frutto di molte e accurate attenzioni, sono in compenso eccelsi. E’ un miracolo della natura far crescere e prosperare olivi, in questo lembo di terra a ridosso dell’altipiano Carsico, con uno sbocco aperto sul mare. La denominazione di origine protetta a marchio “Tergeste”, riservata agli extra vergini del territorio, corona lo sforzo di quanti dedicano all’olivo tempo e risorse.
Gli antichi Romani andavano molto fieri della bontà e finezza degli oli di questa terra. La cultivar Bianchera, n’è il simbolo più rappresentativo; ma vi è pure un’altra varietà, la Carbona, che ha resistito anch’essa alle ripetute crisi che hanno colpito l’olivicoltura locale, tra cui la terribile e devastante gelata del 1929. Oggi, vi allignano anche altre piante, di importazione, dalla Frantoio alla Leccino, dalla Leccio del Corno alla Maurino, alla Pendolino.
Nelle olive c’è, in germe, la qualità dell’olio che si ricaverà successivamente durante le fasi di frangitura ed estrazione, ma non tutto è scontato. C’è la capacità professionale degli olivicoltori e frantoiani a fare la differenza, l’intervento competente dell’uomo.
Nella provincia di Trieste si è lavorato tanto per giungere ai risultati finora ottenuti. C’è un senso di soddisfazione generale. Gli artefici del rilancio dell’olivicoltura giuliana hanno visto nella cultivar Bianchera l’orgoglio di un’appartenenza e il simbolo di una qualità ottimale degli oli.
Dalla cultivar Bianchera molita in purezza, si ottiene un olio extra vergine di oliva di colore giallo oro dai riflessi verdolini. I profumi, fruttati, sono di media intensità, e presentano delle connotazioni erbacee. Al palato è morbido ed elegante, con toni di amaro e piccante in equilibrio. E’ sapido, vellutato, con chiari rimandi alle erbe di campo e gradevoli sentori mandorlati in chiusura. Buono in cucina e a tavola per molteplici impieghi, è certamente ideale con insalate, carni bianche ai ferri, piatti a base di pesce e minestre della tradizione come per esempio la triestina Jota.

Luigi Caricato


STORIA DI UN PROGETTO DIVENUTO REALTA': LA D.O.P. “TERGESTE”
Giovanni Degenhardt

Nella zona di Trieste si produce olio da sempre.
Ovvero almeno 500 anni prima di Cristo i Fenici portarono l’ulivo nei territori istriani e da quel momento ci fu l’olio.
L’olio che si è fatto in queste zone ha sempre avuto una buona qualità: un po’ perché siamo all’estremo Nord di produzione, un po’ perché la gente, qui nel triestino, ha sempre avuto una grande passione per l’olivo e per l’olio e dalla passione alla cura il passo è breve.
Negli anni ‘ 90 questa passione ha generato l’idea in alcuni produttori di salvaguardare la qualità di questo prodotto e si è iniziata a cercare la direzione da prendere per centrare questo obiettivo.
Un prodotto così buono meritava un riconoscimento a massimo livello e pertanto si è pensato di attivare le norme di una d.o.p. che fosse unica per Trieste. I produttori tra i più motivati pensarono di riunirsi per salvaguardare il prodotto e così nacque il comitato promotore della valorizzazione dell’olio d’oliva extravergine di Trieste.
In data 30 luglio 1999, il comitato promotore deliberò di presentare formalmente la richiesta per l’approvazione della d.o.p tergeste e per il conseguente disciplinare agli organismi competenti: tale richiesta venne vista e approvata in sede regionale, successivamente venne inviata al Ministero delle Politiche Agricole e Forestali il 10 aprile 2001.
L’invio venne completato il 7 maggio dello stesso anno. Il giorno 5 dicembre 2001 si svolse la fatidica riunione di “pubblico accertamento”, presso la sede della Camera di Commercio di Trieste. A quella riunione parteciparono una cinquantina di persone tra cui, secondo i dettami del Ministero, le organizzazioni professionali di categoria Coldiretti e Kmecka Zveza e poi la Provincia con il suo Assessore, i rappresentanti dei Comuni interessati, la Camera di Commercio, il direttore regionale dell’Agricoltura , giornalisti, produttori e, in rappresntanza del Ministero, due funzionari, il dott.Michele Ghezzi e il dott. Armando Morelli.
In tale occasione sono stati accertati i fatti riportati nella richiesta per la d.o.p. e si è discusso sopratutto sul nome Tergeste. E la riunione ha avuto esito positivo. A questo punto la parte più faticosa e perigliosa del cammino era superata il resto del percorso è stato lungo ma per così dire “ in discesa”.
La richiesta è stata notificata alla Commissione CEE per la sua registrazione il 2 ottobre 2002. I tempi previsti per concludere il percorso ufficiale erano comunque lunghi: in effetti ci sono voluti due anni.
Solo in data 11 novembre 2004 il disciplinare è stato approvato definitivamente e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della CEE, tradotto in tutte le lingue dei paesi facenti parte della Comunità Economica Europea.
Ora con la campagna ulivicola 2006 si potrà finalmente godere dei risultati di questo riconoscimento.
Undici sono state le richieste avanzate dai produttori e tutte undici hanno avuto riscontro positivo al panel test di Ancona. Migliore inizio non si poteva sperare.

Giovanni Degenhardt

ALLA RICERCA DEL GERMOPLASNA AUTOCTONO: LA BIANCHERA, UN PATRIMONIO DA TUTELARE
di Luciana Pecile

Nel territorio triestino è da sempre presente la coltivazione dell’olivo. Nonostante le calamità naturali e storiche succedutesi nei secoli abbiano ridotto il patrimonio varietale, non hanno però impedito alle varietà autoctone locali quali Carbona/Černica e Bianchera/Belica di giungere fino a noi: le piante autoctone sono una grande ricchezza per l’umanità perché, selezionatesi spontaneamente nel corso dell’evoluzione, sono componente integrale dell’ecosistema al quale conferiscono la biodiversità, caratteristica che va preservata e valorizzata in quanto ad essa si riconosce l’importanza connessa alla tipicità della produzione (Segretariato della Convenzione sulla Diversità Biologica del W.T.C.).
In particolare la varietà bianchera o belica, che cresce bene sia sul terreno calcareo, nella zona costiera sotto il ciglione Carsico subito sopra il mare, sia sui colli di arenaria che circondano la zona urbana e che continuano nella zona di Muggia, ha dimostrato nel corso della storia di possedere caratteri di grande resistenza alle variazioni climatiche (quali escursioni termiche repentine, gelate improvvise, vento di Bora freddo e secco, sciroccate ed aerosol marini) ed una bassa suscettibilità agli attacchi parassitari.
Il censimento olivicolo provinciale (1992-1994) ha consentito di conoscere la distribuzione e la consistenza degli oliveti tramite la raccolta di dati territoriali, agronomici, produttivi che hanno messo in evidenza le superfici olivate in attività, le varietà più diffuse e l’età degli oliveti di cui solo un quinto così vetusto da considerarsi appartenente alla cosiddetta “nicchia archeologica” (con esemplari sopravvissuti alle gelate del 1929, del 1956 del 1984), quasi tutti appartenenti alla varietà autoctona Bianchera/Belica.
La maggior parte degli oliveti risulta ubicato nel comune di San Dorligo della Valle/Dolina, segue il comune di Muggia ed infine i comuni di Trieste e Duino-Aurisina. A Monrupino e Sgonico le piante trovano condizioni ambientali piuttosto difficili per cui la loro presenza assume valenza per lo più decorativa. Le varietà più diffuse risultano: Bianchera, Leccino, Pendolino, più rare: Carbona (solo nel comune di Muggia), Frantoio, Maurino, Leccio del Corno, e pochi esemplari di olivi da mensa.
Anche per quanto riguarda il substrato geologico, la Bianchera/ Belica si adatta bene sia su terreni carsici (rocce bianche e terre rosse) che marnoso-arenacei (gialli), come il flysch caratteristico della zona collinare, che si trova nella zona sud-orientale della provincia.
La varietà Bianchera è importante per l’olivicoltura triestina non solo per la sua adattabilità, ma anche per la sua valenza biologica in quanto fornisce un olio con caratteristiche peculiari che ne stabiliscono la tipicità.
Per l’olio le variabili che concorrono a determinare la tipicità sono i caratteri chimico-fisici ed organolettici del prodotto, che lo rendono ben identificabile e riconoscibile fra tutti quelli della stessa categoria merceologica: essi sono strettamente legati al territorio di provenienza, alle sue caratteristiche pedoclimatiche e alla varietà (o cultivar) di olivo.
I fattori antropici quali le pratiche agronomiche (concimazione, potatura, irrigazione, difesa antiparassitaria, raccolta e conservazione delle olive), la tecnologia di trasformazione (metodi di frangitura, tempi e temperature di gramolazione, sistemi di estrazione) e la conservazione del prodotto possono garantire la qualità e la salubrità del prodotto finale ma non sono sufficienti a garantire la tipicità.
Il disciplinare dell’olio extravergine a denominazione di origine protetta “Tergeste” prodotto nella provincia di Trieste, contribuisce non solo a garantire l’eccellente qualità, ma indica anche la correttezza della filiera produttiva, facilitando il percorso di tracciabilità del prodotto.
Numerose ricerche svolte (prof. Conte L. e coll.) hanno messo in evidenza che l’olio di Bianchera risulta possedere la più alta concentrazione di polifenoli totali (rispetto a Leccino, Leccio del Corno, Maurino e Pendolino - con un valore medio di 200 mg/kg di polifenoli totali, in un range di oscillazione tra 120 mg/kg e 280 mg/kg). La presenza di questa frazione polifenolica in concentrazione così rilevante assume particolare importanza per l’attribuzione all’olio delle sue caratteristiche organolettiche e lo correda di una specifica azione antiossidante utile per la conservabilità del prodotto nel tempo e benefica nella dieta umana per l’azione di neutralizzazione dei radicali liberi, causa di numerose malattie degenerative.
L’azione benefica si esplica anche attraverso altri componenti dell’olio di oliva come gli acidi grassi monoinsaturi e poliinsaturi, i fosfolipidi le vitamine liposolubili con i carotenoidi e i tocoferoli. Nella Bianchera la concentrazione dell’acido oleico, principale acido grasso dell’olio di oliva, si attesta su 75-78 % in linea con i valori medi ritrovati negli oli di altre zone oleicole situate nell’Italia Settentrionale, come la zona del Garda dove il valore medio di acido oleico è piuttosto elevato (al 78%), ulteriore elemento di salubrità dell’olio tale da renderlo un vero e proprio presidio medico per l’azione di contrasto nei confronti dei processi d’invecchiamento

Luciana Pecile



ALLA RICERCA DEL GERMOPLASNA AUTOCTONO: LA BIANCHERA, UN PATRIMONIO DA TUTELARE
Seconda parte, di Marialuisa Pizzulin

L’olivo “Bianchera”, in sloveno “Belica”, ha numerosi sinonimi, tra cui: Bellizza, Biachera, Biancara o Bianca, Bancaria, Bianca Istriana, Comune, Navadna belica, Zlatna belica.
E’ una pianta molto rustica caratterizzata da una elevata vigoria e da lunghi rami fruttiferi con portamento assurgente e scapigliato che, in caso di mancanza di potature, tendono ad allungarsi verso l’alto fino ad 8 m. e più, rendendo la chioma scomposta.
I dati di produttività media annua hanno evidenziato che la Bianchera/Belica ha una fruttificazione quasi costante ogni anno e che le drupe di una pianta adulta sono in grado di garantire almeno una resa d’olio del 18% (massimo previsto dal disciplinare 22%).
La vigoria, la buona produttività, insieme alla resistenza ai fenomeni climatici ed agli attacchi patogeni hanno reso possibile la sua coltivazione senza il ricorso abituale all’uso di trattamenti chimici, favorendo criteri di coltivazione biologica che sono diventati patrimonio comune dell’agricoltura locale, rendendola anche oggetto di attenzione da parte degli esperti del settore.
Da osservazioni effettuate sull’andamento delle fasi fenologiche della bianchera risulta che la data di inizio del germogliamento può andare dall’inizio di marzo alla fine di aprile, attestandosi il periodo di maggior frequenza di germogliamento fra la fine di marzo e la prima decade di aprile.
L’inizio della fioritura, in corrispondenza ad un momento climatico più stabile, attesta il suo periodo di maggior frequenza tra l’ultima settimana di maggio e la prima di giugno.
Altri dati fenologici evidenziano che la pollinazione della Bianchera avviene circa dieci giorni dopo il Maurino, un paio di giorni dopo il Leccino e otto o dieci giorni prima del Pendolino.
L’invaiatura comincia a manifestarsi dall’inizio alla fine di settembre, mentre la maturazione dei frutti, che richiede più di due mesi, avviene in epoca più tarda rispetto ad altre varietà ed il sopraggiungere di manifestazioni meteoriche caratteristiche dell’autunno inoltrato impedisce il completamento della maturazione, che presenta tempi e modi non uniformi in relazione al microclima ambientale.
L’invaiatura si presenta inizialmente con una piccola macchia di colore bruno-rossastro-violaceo nella parte mediana della drupa sulla faccia rivolta verso il sole; nella fase successiva, il frutto si colora nella porzione di drupa adiacente al picciolo e la colorazione si espande lentamente a tutto il resto della drupa. La maturazione è scalare.
La forza di distacco del frutto è alta per poter resistere bene alle forti raffiche di vento locali rendendo obbligatoria una raccolta manuale delle drupe che si effettua prima dell’arrivo dei freddi del tardo autunno. La raccolta non deve protrarsi oltre il 31 dicembre (art. 4 del disciplinare ). La molitura avviene con olive verdi e/o parzialmente invaiate

DESCRIZIONE DELLA PIANTA.
VIGORIA: forte. - PORTAMENTO DEI RAMI: assurgente. - PORTAMENTO DELLA PIANTA (in forma libera): globosa irregolare non troppo compatta. - DENSITA' DELLA CHIOMA: medio-elevata - LUNGHEZZA DEGLI INTERNODI: corta 15,91.

DESCRIZIONE DELLA FOGLIA
FORMA:. ellittico-lanceolata - CURVATURA DELLA LAMINA: longitudinalmente elicoidale - MUCRONE: presente - PROFILO: asimmetrico.

DESCRIZIONE DELL' INFIORESCENZA
STRUTTURA: regolare - LUNGHEZZA MIGNOLA: corta: mm 22,94 - RAMIFICAZIONI: una - FIORE: sessile - NUMERO FIORI PER MIGNOLA:13.

DESCRIZIONE DEL FRUTTO
PESO: gr. 3,09 - FORMA: ovoidale – PROFILO: asimmetrico – APICE: arrotondato - UMBONE: presente - SEZIONE TRASVERSALE: circolare - LENTICELLE A MATURAZIONE: presenti - UNIFORMITA' del COLORE: non uniforme

DESCRIZIONE DEL SEME
PESO: gr. 0,54 - FORMA: ellittica - PROFILO: asimmetrico - SEZIONE TRASVERSALE: circolare - SUPERFICIE: rugosa, corrugata – APICE: arrotondato - BASE: rastremata (appuntita) - MUCRONE: presente – SCANALATURE: presenti NUMERO: ≥10
DISTRIBUZIONE: uniforme (sullo stesso seme sono presenti 3 tipi di scanalature: dalla base all'apice, discontinue, solo alla base).

CARATTERI FISIOLOGICI
FIORITURA: media - BIOLOGIA FIORALE: autofertile - MATURAZIONE: scalare - PERIODO DI MATURAZIONE: tardo autunnale - FORZA DI DISTACCO DEL FRUTTO: alta.

Dagli anni ’90 è attivo, in provincia di Trieste, un servizio di lotta guidata ed integrata in olivicoltura per il monitoraggio ed il controllo delle infestazioni della mosca dell’olivo (Bactrocera oleae) che ha consentito di pianificare le strategie di difesa antiparassitaria più idonee per l’areale triestino, stabilendo le modalità ed i tempi di intervento da adottare a scopo preventivo o per razionalizzare gli interventi specifici più urgenti.

Marialuisa Pizzulin


UN SISTEMA BIOLOGICO A DIFESA DEGLI OLIVI DELLA PROVINCIA DI TRIESTE
di Dino Sturman

L’olivicoltura della provincia di Trieste rappresenta un settore particolarmente pregiato dell’agricoltura locale.
Questa coltivazione si estende su una superficie di circa 130 ettari con una presenza di circa 50000 piante.
Nell’ultimo ventennio c’è stato un forte rilancio della coltivazione dell’olivo, infatti, gli uliveti hanno colonizzato le colline che dal mare salgono alle pendici dell’altipiano carsico.
La mosca dell’olivo (Bactrocera oleae) costituisce la specie più dannosa per l’olivo e può causare danni molto gravi, non soltanto perché la larva provoca parte della distruzione della polpa e caduta dei frutti, ma per le alterazioni conseguenti alle gallerie scavate dalle larve stesse, che incidono negativamente sulle caratteristiche organolettiche dell’olio e ne aumentano l’acidità.

Il fitofago si sviluppa diversamente da zona a zona, in relazione all’andamento climatico, ma anche per le situazioni microclimatiche, che sono diverse da un’annata all’altra. Si dimostra pertanto impossibile effettuare interventi a calendario.

Nell’estate del 2000, mentre facevo i sopralluoghi negli oliveti della provincia di Trieste, mi chiedevo, cosa si potesse fare per migliorare la lotta alla mosca dell’olivo.
Come sempre dapprima ho cercato di raccogliere le opinioni di chi ha più esperienza e passa le proprie giornate nell’oliveto. Tra le tante idee e riflessioni, le parole di un olivicoltore mi avevano colpito in maniera significativa. Sebbene scherzosa la sua frase “devi prendere la mosca, ma devi prenderla bene!” mi aveva dato nella sua semplicità un’indicazione forte e chiara ed in quell’occasione ebbe anche modo di mostrarmi le sue trappole fatte in casa.

In seguito, dopo varie ricerche ho anche avuto modo di conoscere il dott. Ruggero Petacchi. entomologo dell’università di Pisa, è un vero luminare, in Italia uno dei maggiori esperti riguardo la lotta alla mosca ed alle prove fatte in Toscana, Abruzzo e Liguria, con il quale è iniziata una proficua collaborazione che continua fino ad oggi.
Dopo aver fatto tesoro di competenze ed esperienze già maturate in Italia, ho cominciato a trasferire queste conoscenze sul territorio triestino pensando che qui la zona ed il clima sarebbero stati di ulteriore aiuto.
Individuata dunque la strada, ho intrapreso un progetto pilota che prevedeva la cattura massale:
attirare la mosca e cercare di ridurre le popolazioni di adulti.

Dopo aver iniziato con dei piccoli appezzamenti e poche trappole, grazie agli incoraggianti risultati ottenuti, il progetto si è allargato sempre di più. Il susseguirsi di annate con un buon clima assommato alla tenacia ed all’entusiasmo degli olivicoltori che hanno supportato egregiamente il mio programma, siamo pervenuti a risultati di tutto rilievo che hanno permesso di evitare trattamenti nelle ultime cinque stagioni.

Ad oggi questo sistema di lotta biologica, programmato congiuntamente con la Provincia di
Trieste che fin dall’inizio ha supportato il progetto, è considerato assolutamente necessario, le aziende ne hanno capito l’importanza e con entusiasmo gli olivicoltori vengono “contagiati” da questa idea biolologica che continua ad espandersi e ad essere sempre più apprezzata e valorizzata.

Ma ora vediamo in parole semplici come funziona.
Grazie ad un controllo in campo ed al monitoraggio continuo dei dati meteo, si riesce a prevedere il momento giusto per posizionare le trappole per la mosca olearia in maniera efficace.
Normalmente la loro prima posa rappresenta il 20-30% del totale. Si controlla quindi l’andamento della stagione e l’efficacia del sistema, eseguendo in seconda battuta la posa del 50-60% delle trappole.
Successivamente, dopo aver studiato e valutato il momento migliore per l’ultimo intervento, si da luogo alla terza posa che va a coprire il 100% delle trappole.
Le trappole contengono un ormone, che attrae il maschio della mosca ed un sacchetto verde, che è imbevuto di veleno e che toccato dall’insetto inevitabilmente ne causa successivamente la morte.
Se si pensa che una femmina di mosca olearia, fecondata dal maschio, depone almeno 150 uova alla volta, è facile immaginare in che maniera si riduca l’infestazione grazie all’eliminazione dei maschi di questo tipo di insetto.
Le trappole, stando sull’albero, perdono l’efficacia con il sole e la pioggia ed è questo il motivo per cui vengono distribuite in tre fasi successive. Valutando e seguendo attentamente le condizioni metereologiche, si è inoltre in grado di posizionare le trappole sugli oliveti soltanto quando effettivamente servono.

Dino Sturman


SPECIFICITA' E CARATTERISTICHE ORGANOLETTICHE DELLA DOP "TERGESTE": GUIDA ALL'ASSAGGIO
di Ettore Franca

Il reg CE 2081/92, il successivo 2082/92, che hanno instaurato la DOP, perseguono la protezione di prodotti agroalimentari ai quali si riconoscano caratteri di specificità purché soddisfino una serie di condizioni stabilite in un disciplinare.
In particolare la Dop, connotata dal nome di un luogo determinato, designa un prodotto agricolo, o alimentare, purché sia originario di un preciso territorio e che le sue qualità, o le sue caratteristiche, siano dovute all’ambiente geografico, compresi i fattori naturali ed umani, e la cui produzione, trasformazione ed elaborazione avvengano all’interno dell’area delimitata.
In questo quadro, più di altri, la DOP “Tergeste” sintetizza il concetto ispiratore della denominazione di origine pensata dai legislatori che hanno voluto avviare un processo di difesa e di valorizzazione delle migliori produzioni italiane, fra cui gli oli extravergini di oliva, per sottolineare la tipicità in funzione della loro provenienza.
Gli obiettivi della legislazione perseguono di indirizzare i consumatori ai prodotti di una precisa origine e, fornendo indicazioni chiare e sintetiche, metterli in condizione di scegliere con cognizione di causa mentre, relativamente ai produttori, vuol essere lo stimolo a favorire la diversificazione delle produzioni agricole, promuovere quelle “di qualità”, migliorare i redditi degli agricoltori e, non ultima, privilegiare la ricerca della qualità anziché la quantità.
Scendendo alla pratica, però, specialmente per questa seconda parte, quei concetti sono piuttosto complessi da realizzare con difficoltà tanto maggiori quanto più vaste sono le aree e più elevate le produzioni. Ecco perché le aree piccole e le ridotte quantità, come quella del “Tergeste dop”, più facilmente possono assumere quelle precise identità che, al prodotto, consentono l’immagine di “unicità” o di “nicchia”.
I regolamenti che hanno introdotto le DOP riferiscono di “caratteri di specificità purché soddisfino una serie di condizioni stabilite in un disciplinare”.
Ma, quanto in quel documento, al di là della perimetrazione dell’area, delle cultivar, della coltivazione degli olivi, delle tecniche di oleificazione facilmente descrivibili, ben altri problemi sollevano i parametri chimico-fisici e, soprattutto quelli organolettici.
Questi, infatti, sono condizionati da numerose variabili non tutte codificabili costringendo a forbici di ranges molto ampie, col risultato di apparire indici vaghi o approssimativi.
Senza considerare i disciplinari delle altre 36 DOP, i parametri chimico-fisici previsti per il Tergeste, pur comunemente condivisi dalle altre, mirano a selezionare le qualità migliori attraverso “paletti” piuttosto stretti rispetto agli extravergine generici.
Si è posta così l’acidità inferiore 0,5%, e il numero di perossido a 12 meq O2/kg rispettivamente contro lo 0,8% e i 20 meq O2/kg di legge, gli acidi oleico e linoleico rispettivamente a più del 74% e meno del 9% , i polifenoli si vogliono maggiori di 100 ppm. , mentre i parametri spettrofotometrici K270, K230 e il deltaK ripetono quelli che le norme prevedono per gli oli extravergini.
Dal punto di vista organolettico il “Tergeste dop”, a quanto recita il disciplinare, deve presentarsi con un colore “oro-verde”, un odore “fruttato medio”, un sapore “fruttato con media o leggera sensazione di piccante”, un punteggio panel-test superiore a 6,8 dettagliando che il “fruttato verde” deve risultare uguale o maggiore di 2 mentre le sensazioni di “amaro” e di “piccante” devono essere valutate almeno a 1 .
Tutto chiaro in teoria, quindi, sembra.

Il panel chiamato a certificare il “Tergeste dop” non solo deve indagare i dettati del disciplinare ma, soprattutto in questo caso, deve assumere il non facile ruolo della definizione di una tipicità da perseguire insieme ai produttori.
Con questi, il panel deve prevedere, in umiltà costruttiva, un continuo interscambio di informazioni che, tradotte in pratica e affinate nel tempo, organizzino le variabili a partire dalle scelte varietali nei nuovi oliveti, al fine di generare l’uniformità di un olio, riconoscibile dagli altri e connotato da medesimi caratteri peculiari.
Sotto la stessa egida della DOP, ci si attende “un” prodotto e, nell’ottica di questa politica di marketing si basa la fidelizzazione dei consumatori tanto più facile quando si opera su piccole scale.
Aver conquistato il riconoscimento della DOP è sicuramente un successo che ha premiato gli sforzi di quanti si sono impegnati a ottenerla, a partire dalla creazione del Comitato promotore fino alla conclusione dell’iter. Ora è il momento di realizzare ed animare un panel di competenza pari all’umiltà richieste a chi ha scelto di mettersi a disposizione dei produttori e dei consumatori, e di un territorio amato quanto l’olio che, con la passione e fatica dell’uomo, in esso nasce.

Ettore Franca


PER LA NUOVA DOP DEL FRIULI VENEZIA GIULIA I MIGLIORI AUSPICI DEI SEI COMUNI DELLA PROVINCIA DI TRIESTE
di Fulvia Premolin

Il territorio triestino è un crocevia di stili, culture, lingue e religioni diverse, ma è anche territorio dai sapori forti e nel centempo particolari e unici, dovuti all' incontro tra l'asprezza e la durezza degli impervi suoli carsici e la mitezza del paesaggio mediterraneo che gli donano un fascino inimitabile.
La nostra gente conquista con la sua affabilità, tipica delle genti di mare, ma stupisce pure per la sua dimestichezza con le attività montane e le pratiche agricole. Proprio qui, in una combinazione di caratteristiche storiche, culturali e paesaggistiche molto variegate, che si intrecciano e si completano in un insieme inaspettato, vegetano gli ulivi della varietà bianchera, dai quali nasce il nostro ottimo olio extravergine.
La riscoperta da diverse decine di anni fa in queste zone dell'attività ulivicola, coniugata con una politica della qualità e della promozione del territorio, pone Trieste nella felice condizione di ospitare anche un proprio prodotto a denominazione di origine protetta, l'olio Dop Tergeste. E' questo un valore aggiunto per una realtà di produzioni su piccola scala, com'è la nostra, messe spesso in pericolo dall'agricoltura intensiva e dall'industria alimentare di massa che tendono ad uniformare i gusti. Ma chi compra un prodotto, non compra solo un alimento, ma uno stile di vita, un cibo sano e genuino per una dieta equilibrata, un olio dal sapore inconfondibile, frutto del duro lavoro di chi vi ci ha messo l'anima oltre che l'impegno, la passione e tanta dedizione alla propria terra e alle sue tradizioni.

Fulvia Premolin
Sindaco – Županja San Dorligo della Valle - Dolina

di T N