Cultura 01/07/2006

IN VISTA DI UN FUTURO PIU’ ROSEO, ALFONSO PASCALE LEGGE CON SGUARDO CRITICO E RETROSPETTIVO L’AGRICOLTURA ITALIANA

Presentiamo tre dei suoi libri, due dei quali incentrati sul passato, ed uno che vede nel territorio il punto di forza per affrontare al meglio le potenzialità di un settore dalle molte prospettive. Da noi manca una letteratura agricola che tenda a fare pensiero, ma con Pascale questo limite viene superato


Alfonso Pascale collabora da tempo con il settimanale “Teatro Naturale”, e non solo: i suoi articoli sono apparsi su varie testate, tra cui si segnalano "L’Albatros", "Le nuove ragioni del Socialismo", "MondOperaio", "La Questione Agraria", "L’Informatore agrario" e “"Agriregionieuropa" . Per me – lo confesso con grande entusiasmo – è un motivo d’orgoglio avere la sua firma. Per diverse ragioni. La prima delle quali, è l’alta qualità dei suoi scritti; cui fa seguito una serie di altri aspetti non meno importanti, che me lo rendono un solido punto di riferimento sul piano sia strettamente culturale che etico. Di lui, per esempio, apprezzo molto lo stile acuto e sagace; l’approccio distaccato ma non per questo privo di mordente, rispetto a quanto accade nel mondo; la bontà della scrittura, ovviamente; e la capacità, infine, di scrutare e approfondire le problematiche del comparto agricolo con lucida ed efficace capacità di sintesi.

Chi legge può pensare a una sorta di panegirico, e magari lo stesso Pascale può rimanare stupito, se non addirittura imbarazzato; ma una presentazione dai toni alti è quanto mai necessaria dinanzi a un vuoto di sensibilità e di cultura che io personalmente registro in ambito agricolo, e non solo.

Chi mi conosce sa quanto io sia dubbioso, tra l’altro, della qualità dell’associazionismo di categoria in materia di agricoltura. Troppi dubbi mi assalgono e restano in me irrisolti, dal momento che le organizzazioni agricole non sempre hanno fatto bella figura in tutti questi anni di insensati abusi e di continui svilimenti ai danni dell’intero settore produttivo.
Una esasperata e senza dubbio colpevole burocratizzazione e politicizzazione ha reso difficile il rapporto tra gli agricoltori e le varie realtà che dovrebbero invece rappresentare e tutelare gli interessi di un mondo rurale depotenziato e spogliato perfino della propria anima.
Attraverso Alfonso Pascale ho potuto invece respirare l’aria giusta, confortato dal suo instancabile impegno nel nome dell’agricoltura e degli agricoltori tutti.



Per chi volesse approfondire la conoscenza del personaggio, in ogni singolo dettaglio, consiglio la visione del sito Internet link esterno
Tuttavia, in poche battute, utili al fine di inquadrare la figura, posso mettere in luce almeno gli aspetti salienti: nato in Lucania nel 1955, a Tito, in provincia di Potenza, ha partecipato nel 1977 alla fondazione della Confcoltivatori, che più tardi, nel 1996, diventerà Cia, Confederazione italiana agricoltori. Nel corso degli anni ha ricoperto una serie di autorevoli incarichi, a vari livelli e su più fronti, sempre a vantaggio di chi vive intimamente, e in prima persona, la ruralità, intendendola come un valore cui non si può in alcun modo e in nessun caso mai rinunciare. Attualmente Pascale è, tra l’altro, presidente dell’Associazione “Rete Fattorie Sociali”. Insomma, è un chiaro esempio di dedizione a tutto campo nei confronti di una società e di un’economia fondata sulla terra e sui principi che questa portà inevitabilmente con sé.

I LIBRI DI ALFONSO PASCALE PER L’AGRICOLTURA
Questo spazio di primo piano su “Teatro Naturale” nasce, non a caso, dall’esigenza di segnalare ai lettori quelle figure più autorevoli e di prestigio che hanno lavorato e continuano a operare per il bene comune, senza mai conoscere esitazioni.

Pascale scrive libri importanti, robusti; e ne deriva un gran bene per chi li legge.
In Italia manca, purtroppo, una letteratura agricola che tenda a fare pensiero, a porre, per intenderci, le basi per l’edificazione di un “pensiero rurale”. Infatti, se dovessi elencare una serie di titoli sui temi forti che coinvolgono il mondo agricolo, non è per nulla facile segnalare libri di un certo spessore e credibilità.
Con Alfonso Pascale, questo problema non esiste. I suoi libri hanno spessore e anima. Ecco perché ci tengo a presentare tre suoi volumi.
Li segnalo perchè tali libri possano essere conosciuti da un pubblico sempre più ampio, dal momento ch'è difficile che i grandi media si azzardino a presentare i libri inerenti la ruralità. Tali libri, una volta segnalati, vanno poi cercati e acquistati; posti dunque nella propria biblioteca personale, e letti, ovviamente.

Ecco i libri di Alfonso Pascale:
- Partire dal territorio. Agricoltura, rappresentanza e politica nell’Italia che cambia, Rce edizioni; Napoli, Brienza, 2002; pp. 234, s.i.p.
- Il ’68 delle campagne, Rce edizioni; Napoli, Brienza, 2004; pp. 86, euro 7,50
- Pasquale Moscarelli nella storia delle campagne lucane, Rce edizioni; Napoli, Brienza, 2005; pp. 94, euro 10

ANCHE IL SESSANTOTTO E’ ENTRATO NELLE CAMPAGNE



E’ un libretto agile di poco più di ottanta pagine, ma quanto mai significativo e robusto nei contenuti e nel messaggio pressentato.
In molti ritengono, impropriamente, che i lavoratori della terra siano stati sempre ai margini degli accadimenti storici. Invece Pascale ci dimostra che anche il Sessantotto, con i suoi moti di contestazione e insieme di liberazione, hanno riguardato “in forme originali e distinte” lo stesso mondo rurale.

Il grande trauma di allora è rappresentato dal passaggio effettuato, e certamente subito in modo involontario, all'indomani del secondo conflitto mondiale; un passaggio, per l'esattezza, da una società prettamente agricola ad una irrimediabilmente di tipo industriale. Tutto ciò ha comportato, senza mezzi termini, uno stravolgimento della realtà, determinando un tremendo scossone che ha messo a soqquadro le conscienze, come pure l’anima stessa, la più profonda, della società.

Mentre in altri Paesi vi era stata una transizione più morbida e persuasiva, meno violenta e brutale, l’Italia ha subìto, suo malgrado, i cambiamenti della realtà sociale, senza nemmeno poterli gestire prendendo le dovute contromisure.

E’ stato uno spettacolo di laceranti sofferenze, un teatro di sconvolgimenti che ha comportato una conseguente perdita di identità, senza più alcun controllo, né dall’alto né dal basso. L'irrompere degli eventi è stato così imprevisto e rapido da lasciare tutti stupefatti e certamente impreparati, pur se non privi per questo di colpe e di ben precise responsabilità.

La società dei contadini è andata rapidamente trasformandosi al suo interno, senza più riconoscere una figura autorevole esterna cui fare affidamento, cui chiedere ragioni del mutamento epocale, cui appoggiarsi in casi di estrema necessità. Soli, lasciati senza alcuna guida, gli agricoltori hanno dovuto affrontare situazioni inedite che qualcuno benevolmente ha definito “anni del boom”, nonostante altri, anziché vedere il tanto osannato miraggio, pur reale, del cosiddetto “miracolo italiano”, intravedevano semmai l’inizio della fine di una stagione e un certo spaesamento.

La protesta degli studenti ha riguardato anche i contadini, estendendosi infatti, la rivolta, anche nelle campagne. Così, da una parte c’era l’adesione al neonato mercato comune europeo (“più subita dal sistema politico che praticata con convinzione”, scrive Pascale), dall’altra si registrava la mancanza di politiche strutturali (“si pagavano l’evidente impreparazione e la scarsa chiarezza di posizioni”, precisa sempre Pascale).

Il libro si legge con scioltezza, sia per lo stile agevole, sia perché i fatti raccontati risultano perfino nuovi alle generazioni di oggi, e, chissà, forse anche a molti di coloro che quegli anni hanno comunque vissuto, ignorandone però gli sviluppi e la portata storica.

I principali accusati erano i governi centristi del tempo, per via delle politiche di corto respiro, pronte più a conservare e a detenere il potere e il controllo economico e politico sulle campagne, che non a costruire una nuova agricoltura, in sintonia con i mutamenti che si erano registrati in maniera così incontrovertibile.

Nel libro di Pascale si traccia con puntuale limpidezza di sguardi il quadro dell’epoca, facendo emergere senza censure le reali dinamiche con cui i governi di allora affrontarono la strada verso la modernizzazione. Da qui poi il felice ritratto dell’Alleanza dei contadini, con le numerose, battagliere e propositive prese di posizione, nel tentativo di delineare, già a partire dal 1964, la Conferenza sulla programmazione democratica nelle campagne.

Emersero pertanto figure di grande prestigio, da Emilio Sereni ad Alberto Samonà, alquanto determinate nell’indirizzare le masse contadine verso l’edificazione di una visione più dignitosa della vita e del lavoro agricolo.
Il Sessantotto diventò ben presto incandescente a partire dalla dura contestazione all’allora presidente della Coldiretti Paolo Bonomi e al ministro all’agricoltura Franco Restivo, con lanci di uova e ortaggi, e addirittura di cartocci in teatrapak colmi di latte.
Una grande delusione attraversava d'altra parte la base della Coldiretti: era l’inizio di una serie di contestazioni e di rivolte, contro le “palesi e gravi ingiustizie sociali”.
Ci fu una mobilitazione generale, ma non sempre il mondo politico riuscì a cogliere le esigenze dei contadini.
I resoconti di Pascale si rivelano particolarmente utili per capire il perché di tante arretratezze, e la sua analisi del periodo è certamente serena e nel medesimo tempo implacabile quanto inevitabile. Chi legge il libro rimane dapprima perplesso, per quanto è accaduto in quegli anni, ma poi, via via, scopre come proprio a partire dai moti del Sessantotto inizi a prendere corpo, anche nel nostro Paese, una nuova idea del mondo agricolo, pur se sostanziata da quei “valori positivi che in parte avevano identificato la preesistente società rurale”.

LE GESTA DEL CAPO CONTADINO MOSCARELLI
Antifascista nell’animo, sin dalla tenera età, Pasquale Moscarelli è stato un capocontadino che si è occupato di politica in modo pulito ed esemplare, già a partire dalla metà degli anni Cinquanta, prorpio nel vivo delle lotte politiche e sociali che caratterizzarono in quegli anni la Lucania.

In qualità di capocontadino è stato amato e rispettato, diventando ben presto un simbolo, per il suo impegno nella lotta al fine di giungere alla riforma dei contratti agrari e per l’instancabile tentativo di migliorare le condizioni di vita dei lavoratori delle campagne del Potentino.

Il ritratto di quest’uomo è stato brillantemente tracciato da Alfonso Pascale, proprio con l’obiettivo di riconoscere ufficialmente una figura storicamente significativa, seppure in un ambito strettamente locale. Eppure, l'esperienza personale dui Moscarelli, sempre in prima linea, è servita per far emergere quella coscienza individuale con cui si è venuto a scuotere il diffuso immobilismo in cui si trovava imbrigliato l'intero sistema.

La dedizione di Moscarelli è stata tale da scuotere perfino le impostazioni di tipo centralistico e gerarchico allora dominanti nella stessa cultura di sinistra. Celeberrima è stata l’attività di patronato svolta dal Moscarelli in prima persona, senza mai risparmiarsi.

Ed ecco, in particolare, quanto riferisce al riguardo Alfonso Pascale:
Con l’introduzione dell’assistenza farmaceutica gratuita ai coltivatori diretti, le mutue comunali dovevano vidimare i ricettari. Ma la legge prevedeva che tale adempimento poteva essere svolto solo dai patronati appositamente delegati dagli assistiti. A Tito, Moscarelli dette vita ad un vero e proprio piano di mobilitazione per applicare la nuova normativa. Armandosi di un blocchetto di mandati di patrocinio girò con un paio di giovani per tutte le contrade di campagna e le vie del paese; e contattò centinaia di coltivatori, che furono ben lieti di delegarlo a ritirare il ricettario. Dopo vent’anni erano stufi di andare alla Coldiretti, la quale, tutt’uno con la cassa mutua, per prima cosa pretendeva la tessera, ma senza garantire una tutela sul piano sindacale. E quell’adesione estorta col ricatto – la mutua, infatti, era tenuta ad assicurare gratuitamente il servizio pubblico – veniva vissuta come un odioso sopruso”.

La forza dirompente di Moscarelli, consisteva dunque nel venire incontro ai contadini e nel sostenerli con profonda convinzione e determinazione proprio nelle necessità più immediate, oltre che in quelle future.
Moscarelli colmava un vuoto, per certi versi; riuscendo a interpretare al meglio, lui contadino tra i contadini, le esigenze dei propri simili.
Il ritratto che ne fa Alfonso Pascale è emblematico, tale da diventare un buon pretesto per inquadrare e definire l’Italia agricola nei decenni che vanno dall'immediato secondo dopoguerra all’alba del nuovo millennio.

PARTIRE DAL TERRITORIO



Infine, c'è un libro dal titolo alquanto attrattivo: Partire dal territorio. Si tratta di un volume che raccoglie una serie di considerazioni su cui è bene riflettere. L’avvertimento di Pascale è chiaro, circa le organizzazioni di categoria, per esempio: da noi “prevalgono divisioni, concorrenzialità esasperata, un uso della comunicazione volto ad accentuare le differenze in una logica di marketing”.
La situazione generale in cui ci si muove non è infatti facile: le organizzazioni di rappresentanza sono così estremamente parcellizzate da risultare purtroppo inefficaci, in molti casi, tanto che il settore agricolo appare come abbandonato a se stesso.
L’analisi di Pascale è impietosa, ma rimane ottimista e propositiva: “siamo in presenza di una debolezza strutturale della rappresentanza”, ammette.

Tuttavia, c’è da riscontrare la chiara esigenza di giungere ben presto a una svolta: “l’agricoltura multifunzionale e i sistemi agroalimentari locali, possono diventare elementi di saldatura di una strategia volta a ricostruire quel nesso tra sviluppo e coesione sociale che non può più essere garantito solo con gli strumenti centralistici e redistributivi tradizionali”. Così appunto Alfonso Pascale, si tratta perciò di lavorare per la tanto attesa svolta, e, di conseguenza, l’idea di partire dal territorio diventa inevitabilmente la strada da percorrere senz'altro con un atteggiamento di fiducioso ottimismo.

Il libro di Pascale si muove affrontando le tematiche di più stretta attualità, dalle logiche della globalizzazione, cui gli agricoltori non possono certo sottrarsi, alla necessità di sburocratizzare il settore e far crescere di conseguenza la partecipazione sociale; prende in considerazione il pensiero della Chiesa sull’impresa agricola e si ricollega alle sempre più forti esigenze di maggiore competitività cui le aziende devono sottostare nell'affrontare i mercati; si va dunque dall’importanza di rilanciare il Patto sociale al discorso, infine, inerente la corretta manutezione del territorio. Ed ecco, pertanto, in tale direzione di pensiero, i cinque punti delineati da Pascale. Sono i propositi cui è bene ispirarsi per poter giungere a un adeguato sviluppo territoriale:

1. accrescere la capacità di spesa delle istituzioni e del tessuto imprenditoriale perché nemmeno un euro vada perduto;
2. assicurare alla politica di sviluppo rurale adeguate risorse finanziarie nazionali e regionali;
3. difendere la scelta federalista regionalizzando anche la programmazione negoziata;
4. valorizzare la concertazione come mezzo per integrare e rendere complementari risorse, strumenti e programmi;
5. irrobustire il patrimonio di risorse umane nell’ambito delle esperienze di sviluppo locale.


Di cosa si tratta? Di un tentativo di fronteggiare la realtà tracciando le linee programmatiche utili per affrontare con un nuovo spirito il futuro dell’agricoltura.

La domanda che sorge spontanea a questo punto è la seguente:
risucirà il nostro comparto agricolo a rilanciarsi nell’ottica della modernità?
Staremo a vedere.
Intanto i tre libri da noi segnalati ci consegnano uno spaccato della realtà italiana e comunitaria assai complesso e composito, ed è uno spaccato su cui è bene riflettere.

Forse ciò che manca all’agricoltura nostrana è soprattutto un “pensiero rurale”: l’ipotesi di iniziare, d’ora in avanti, a progettare una nuova agricoltura, è un auspicio che si spera abbia presto un seguito.

DOVE, COME
Per ricevere i volumi di Alfonso Pascale, contattare la Rce edizioni, via mail: rceedizioni@libero.it, o per telefono, nella sede di Napoli (tel. 081.2303416), o in quella di Brienza, in provincia di Potenza (tel. 0975.384163).

di Luigi Caricato