Mondo Enoico 29/11/2003

MAL DELL’ESCA. LE VIE DELLA PREVENZIONE

Malattia conosciuta fin dall’antichità, negli ultimi anni si riscontra una sensibile recrudescenza. Non si è ancora trovata una cura efficace, tuttavia alcune corrette pratiche in campo possono rallentarne il decorso e limitare la diffusione


Il “mal dell’esca” non risparmia nessun areale di coltivazione e l’infezione è ormai estesa in tutto il mondo, dall’Australia all’America, dall’Europa al Medio Oriente. La diffusione sempre crescente dei vitigni di Cabernet Sauvignon e Sauvignon Blanc, molto suscettibili, accresce l’espansione della malattia.
Sebbene siano molte le ricerche condotte per debellare il “mal dell’esca”, non risulta così semplice individuare i principali funghi responsabili dell’insorgere della patologia. Sono coinvolte numerose specie e non di tutte è stato compreso esattamente il ruolo. La degenerazione del tessuto legnoso è dovuta all’azione di enzimi che degradano la cellulosa e l’emicellulosa della parete secondaria, coinvolti sono Phialophora parasitica, Cephalosporium sp. e Eutypa lata, quindi vengono attaccati e demoliti i componenti della parete primaria e della lamella mediana, in questo caso opererebbero Phellinus ignarius e Stereum irsutum. Questi ultimi sarebbero ritenuti i maggiori responsabili della malattia. Tuttavia non sono state ancora chiarite le modalità e le dinamiche d’aggressione, né le cause di differenze nel decorso della patologia fulminante o progressiva.

Tuttavia è bene tener presente che i funghi responsabili dei processi d’infezione e di distruzione a carico della pianta sono tutti parassiti da ferita. Le cause dell’insorgenza possono essere biotiche (lesioni indotte da escoriosi o eutipiosi) o abiotiche (tagli di potatura, gelate, abrasioni…). Si ritiene inoltre che, vista la diffusione assai irregolare nel vigneto, gli agenti patogeni si diffondano per via aerea e non attraverso il terreno, anche se prevalentemente è il viticoltore stesso, attraverso attrezzi di potatura e altro materiale infetto, a diffondere i propaguli dei funghi.

Sintomi
Le manifestazioni della malattia sono facilmente visibili su foglie e legno, meno frequentemente sui grappoli.
Foglie: si evidenziano inizialmente delle piccole aree clorotiche negli spazi internervali, poi si ampliano e formano estese bande gialle fra le nervature principali della foglia. Da clorotico, a seguito della morte dei tessuti, il colore tende quindi a virare al rosso bruno.



Legno: in sezione, nella fase iniziale, si notano delle aree dalle colorazioni giallastre o brunaste, indice dell’attività dei funghi ad attività lignivora, quindi dalla degradazione di tutti i tessuti si ottiene una massa informe e priva di consistenza.
Grappolo: su alcuni vitigni a uva bianca, in particolare da tavola, si possono rilevare delle piccole areole di colore giallo-brunastro,

Prevenzione agronomica
Purtroppo, nonostante si stia valutando e studiando l’efficacia di alcuni recenti fungicidi, l’unico reale principio attivo in gradi di controllare, se non debellare la malattia è l’arsenito di sodio, il cui uso è proibito in Italia fin dal 1977. Prove condotte con il dinitroortocresolo (DNOC) hanno dato esiti alterni e mai risolutivi.
Ne consegue che l’unico modo efficace per tentare di contenere la diffusione del “mal dell’esca” è adottare misure agronomiche di prevenzione. Inoltre tra i fattori che possono condizionare l’insorgenza e il decorso della patologia ci sono andamento climatico e suscettibilità varietale, elementi che il viticoltore dovrebbe tenere presente al momento delle scelte d’impianto e della forma di allevamento. In particolare la forma di allevamento può avere un’importanza capitale in relazione al numero e all’estensione delle ferite provocate durante la potatura.
Alla fine di agosto, inizi di settembre, allorché i sintomi della malattia sono ben visibili, è opportuno segnare le piante infette in maniera da poterle distinguere sia alla vendemmia, sia successivamente in potatura. Le forbici o i seghetti sono strumenti ideali per la propagazione dell’infezione per cui è buona norma disinfettarli dopo aver operato su una pianta malata e prima di una sana, risulta sufficiente immergerli in alcool etilico, sali quaternari di ammonio, ipoclorito di sodio, fungicidi rameici o poltiglia bordolese.
Negli impianti particolarmente colpiti è importante osservare con attenzione il legno scoperto dopo il taglio, se presentasse imbrunimenti o macchie sospette meglio disinfettare nuovamente gli attrezzi prima di passare a un’altra pianta. Infatti non è ancora noto il periodo di incubazione, periodo che intercorre dal contagio al manifestarsi dei sintomi sulle foglie, ma lo si reputa comunque piuttosto lungo.
I tagli di rinnovo e tutti quelli che lasciano scoperta un’abbondante superficie andrebbero coperti con mastici o comunque prodotti ad effetto cicatrizzante-disinfettante.
Si consiglia anche l’immediata rimozione e incenerimento di tutto il legno della pianta affetta da “mal dell’esca” che rappresenta una fonte di inoculo pericolosa, per questa ragione non è opportuno trinciare sull’interfila anche solo i rami più giovani che potrebbero essere contaminati e in grado di diffondere la malattia.

La ricostituzione della vite attraverso un taglio alla base e l’allevamento di un nuovo germoglio, sebbene possa ovviare a cali importanti di produzione, non sempre fornisce esisti positivi. È, per esempio, improponibile in vigneti a fine carriera, in più la vite rinnovata può mostrare ridotto vigore e capacità produttiva, sintomo di un deperimento di tutta la pianta a causa della malattia. Inoltre la pratica della stroncatura e ricostituzione dovrebbe essere eseguita precocemente, con il legno che non presenti eccessivi sintomi di disfacimento.

La palificazione in legno non può essere considerata corresponsabile dell’insorgenza della malattia sebbene sia ricettacolo di molti funghi lignivori che possono tuttavia degenerare anche i tessuti della vite. L’uso di legname stagionato di specie resistenti ad attacchi fungini e impregnato di sostanze inibenti lo sviluppo dei suddetti miceti offre garanzie sufficienti.

di Graziano Alderighi