L'arca olearia 12/11/2005

CRESCE IL MALCONTENTO TRA I PRODUTTORI OLIVICOLI E I FRANTOIANI. E’ TEMPO DI RIFLETTERE SULLE RESPONSABILITA’. C’E’ CHI SI E’ DISINTERESSATO DI UNA CATEGORIA. CHI?

Ci sono giunte due lettere a testimonianza di uno stato della realtà non certo felice. La nostra risposta è implacabile. Crisi dell’economia a parte, il mondo dell’olio vive in realtà uno stato di profonda e perenne crisi, nonostante le maggiori attenzioni di cui gode il prodotto olio di oliva. Eppure i colpevoli ci sono, nessuno ha il coraggio di osare


Non è la solita lamentela, la situazione è per davvero difficile.
Per chi lavora onestamente in olivicoltura vi sono pochi spiragli. Si sopravvive, ma non si va oltre.
Tranne coloro che sperimentano consensi positivi per circostanze fortunate o comunque per bravura e professionalità che sono il frutto di tanto rigore e di anni e anni di sacrifici, per il resto si intravedono tempi duri, anzi durissimi.

Abbiamo ricevuto una mail di un produttore toscano, piena di lamenti e terribilmente sconsolata. Addirittura ci scrive:

"Scusate per questo sfogo ma vedo molta ipocrisia in torno a me. Dite le cose come sono".

E in conclusione:
"Avrei piacere che l’e-mail fosse almeno letta!".

Rimando alla sezione lettere per prendere visione completa del testo: link esterno
Ciò che importa qui evidenziare è il fatto che i lamenti ora coinvolgano anche terre un tempo salve dalla crisi, quale appunto era fino a pochi mesi fa una regione da sempre miracolosa e miracolata come la Toscana, segno evidente che alla lunga le anomalie vengono alla luce e prima o poi occorrerà pure affrontarle.

Ma vediamo i punti salienti di questa lettera, inviataci dal signor Enrico del Podere Giovanni, da Castagneto Carducci.

Nel lontano 1985 - scrive – “dopo un lungo periodo di ristagno dei prezzi, il tempo provvidenzialmente (a chi si e a chi no) a causa di una importante nevicata e di conseguenza un danno alle piante, soprattutto nella Toscana centrale, fece lievitare il prezzo dell’olio a 10.000 lire al Kg. all’ingrosso. Questo prezzo ce lo siamo trascinato per molti anni un po’ più in su e un po’ più in giù, fino ad arrivare al prezzo massimo anno 2004 con 7 euro. Un prezzo non troppo alto visto e considerato l’aumento costante e progressivo di tutti i mezzi tecnici e la manodopera necessari per ottenere il prodotto. Ma come sanno bene gli agricoltori, mai lamentarsi abbastanza perché il peggio deve ancora venire. Nell’anno 2005 buona annata di olive anche se con rese mediamente più basse – ah, scusate, prima di continuare desidero precisare che diversamente i frantoi con duemila motivazioni più o meno giuste hanno sempre aumentato il costo di frangitura, ed il mio frantoio è una cooperativa di cui sono socio, quindi prezzi più bassi dei singoli privati, ci aspettavamo un ristagno o una minima contrazione dei prezzi ma non certo fin dove siamo arrivati! In Toscana, Il Presidente della mia cooperativa ha raccontato che alcuni frantoi hanno liquidato partite di olio IGP Toscano a 3,50 – 4,00 euro al Kg.. La Ns. cooperativa ci ha liquidato con 5,50 euro al Kg. meno di 11.000 lire e secondo il Ns. Presidente di cooperativa dobbiamo essere anche contenti. Contenti di che 1,50 euro in meno in un solo anno, quando il prezzo al dettaglio non è variato! Tutti ci chiedano sempre qualcosa di più:
1° iscrizione dell’oliveto al consorzio IGP;
2° scelta di una agricoltura a basso impatto ambientale (lotta guidata, agriqualità),
3° raccolte anticipate per ottenere il miglior olio, ma con rese inferiori, e questi sono i risultati?

Inoltre ho fatto anche la scelta, non so ancora se felice o no, di fare la famosaaaa filiera corta, imbottigliando e vendendo direttamente e presso punti vendita al minuto con ricavi faticosi. Il consumatore usa l’olio come l’oro con 5 litri condisce le insalate per tutto un anno e quando acquistano il prodotto si lamentano sempre del prezzo.

Il paradosso del consumatore, una bottiglia di vino minimo che si beve una sera a tavola con gli amici costa circa 10 euro, quello abbastanza buono. 1 litro di olio costa circa la stessa cifra IGP in bottiglia, etichetta e contro etichetta e se tutto va bene viene consumato in un mese, e si lamentano. Io sinceramente sono disorientato, non so più a chi devo dare ascolto. A volte anche leggendo i Vs. articoli mi cadono le braccia, soprattutto quando parlate di strategie di mercato. Ma di chi parlate dei grandi imbottigliatori che miscelano oli di varie provenienze che non hanno mai visto un albero di olivo e fanno il buono e cattivo tempo. Questo vorrei sentir dire dai Vs. articoli”
.

La lettera ovviamente prosegue, e la si può leggere integralmente nell’apposito spazio riservato ai lettori. Qui ci limitiamo a registrare alcuni aspetti.

Al lettore toscano consigliamo, così, giusto per rinfrescarsi le idee, un nostro precedente articolo di denuncia, utile per comprendere certe anomalie dell’olivicoltura in Toscana, cui forse non aveva prestato a suo tempo attenzione. Si tratta di una nostra inchiesta esclusiva, in cui abbiamo svelato alcuni gravi retroscena intorno alla vendita a prezzi irrisori di olio a marchio Igp Toscano nel mercato statunitense. Ci chiedevamo allora (ed era il 29 gennaio di quest’anno) se fosse possibile che un grande extra vergine possa essere svilito con prezzi bassissimi in catene distributive simili ai nostri hard discount. Eppure, in quel caso la colpa non era delle aziende di marca, ma di alcuni produttori.
C’è molto da riflettere su un simile episodio, che non è certo l’unico, tuttavia: ecco perciò il link per rileggere l’articolo e ripensare con altri occhi alla nostra olivicoltura, così da non cadere nei soliti pregiudizi: link esterno

All’articolo appena citato, ne era seguito a breve un altro, del 19 febbraio.
Anche in quella occasione ci si poneva una domanda ben precisa, ovvero:
ci si lamenta che i conti non tornino, che i prezzi di mercato non siano remunerativi, ma siamo davvero sicuri di operare per il meglio?
La risposta leggendo questo articolo qui di seguito: link esterno

Ora, non procediamo oltre, perché nei tre anni di “Teatro Naturale” di articoli sullo spinoso tema della crisi dell’olivicoltura ne abbiamo pubblicati tanti. Non stiamo qui a riprenderli tutti, ma evidenziamo però la necessità di leggerli sempre con attenzione, in maniera approfodita.

Esiste però un problema, tuttora irrisolto. Consiste nel fatto che manchi una reale attenzione alle problematiche del comparto, per cui qualsiasi posizione diventa, nella confusione attuale, pienamente legittima in sé, pur restando in quanto tale debole e, appunto, senza alcuna soluzione.

In questo articolo di primo piano si intende dare semplicemente spazio alle testimonianze dei lettori. Non si affronta ex novo l’argomento in questione, anche perché è stato considerato tante volte ed è inutile ripetersi. Bisogna passare all'azione e darsi da fare nella concretezza della realtà.

In questo articolo non voglio peraltro esprimere mie personali valutazioni, se non per accenni.
Con ciò mi rivolgo soprattutto a chi opera all’interno del comparto, affinché si intervenga in modo risoluto, affinchè si possa finalmente aprire un dibattito serio e credibile, vero, non mistificato da un perverso atteggiamento politicamente corretto.

Ecco dunque cosa è mancato finora al comparto olio di oliva: la parola, la parola che si fa pensiero, il pensiero che si fa azione.

Voglio perciò sentire una reazione, voglio sentire voci chiare e propositive, e leggere le vostre lettere, i vostri interventi, con proposte operative, con progettualità, e non con lamentazioni.

In realtà c’è nell'aria un silenzio assoluto, un atteggiamento di quiescenza totale.
Tranne qualche rara, molto rara, eccezione, c'è un silenzio e una inazione terribili e disarmanti.

Finora ho maturato una mia personale convinzione, ch'è la seguente:
le responsabilità maggiori, per l’attuale stato delle cose, è da imputare ai produttori, alla loro assenza dal mondo che conta soprattutto, al fatto di aver delegato (dando carta bianca) la propria storia, le proprie esigenze, le proprie necessità all’associazionismo di categoria, senza però chiedere nulla in cambio, senza pretendere risultati.

Ciascuno, tra gli agricoltori, inizi dunque con il pronunciare i propri mea culpa; si faccia pertanto chiarezza, una volta per tutte, nel grande caos in cui si è precipitati.
Le soluzioni ci sono, perché dopo il buio c'è sempre la luce. Ma occorre spendersi con tutta l'anima che si ha dentro e senza esitazioni per poter cambiare la realtà delle cose. Guai a rinchiudersi nell’inedia.

Una calma apparente
Ed ecco, intanto, un’altra lettera. Questa ci è giunta da una produttrice pugliese, la signora Maria Anna Bellino Rutigliano, la quale è molto esplicita: “Ultimamente – sostiene amareggiata - aleggia una calma apparente, i frantoiani del Sud Italia si sono ritirati alle loro antiche abitudini (retrocedere come i gamberi)...

E prosegue: “i frantoiani e gli olivicoltori della Puglia rivendono le loro olive senza lavorarle, per pochi euro; sapete, il servizio di facchinaggio è importante per chi è abituato a subire la Sudditanza. Evviva la tipicità e la tracciabilità!

Il fatto è, purtroppo, che la situazione è talmente grovigliosa, che a pensarci bene è davvero difficile venirne a capo. In Spagna per esempio sono di gran lunga più organizzati e motivati di noi: fanno quadrato, ci credono, sono sostenuti perfino dall'opinione pubblica.

A questo punto tuttavia una domanda me la pongo, e la estendo a tutti:
che fine hanno fatto certi tizi (non è necessario fare i nomi, sono sempre quelli, da sempre)?
Dove sono finiti, questi tizi, e perché fanno un così assordante silenzio, quando invece negli anni scorsi si mettevano perennemente in mostra?


Io lo so. E voi?
Siate prudenti, non accusate i grandi imbottigliatori senza ragioni. Non infiacchite la filiera, costruite piuttosto un futuro comune e largamente condiviso.
I grandi imbottigliatori fanno il proprio mestiere, e lo fanno con grande professionalità, meritando con ciò rispetto e stima.
La colpa della grave situazione a cui stiamo assistendo appartiene ad altri, e la responsabilità maggiore è dei produttori, quanto mai deludenti, come sempre, nell’aver lasciato fare ad altri, senza mai curarsi di nulla, spesso per superficialità.

Ora si paga lo scotto di decenni di silenzio operativo, e non è ancora finita. Vedrete, vedrete quando i grandi problemi verranno realmente in evidenza, in tutta la loro portata.
Buona fortuna.

di Luigi Caricato