Mondo Enoico 12/11/2005

I SUPER TUSCAN? PROPOSTI COME VINI RIBELLI ALLE REGOLE, ANZICHE' RAPPRESENTARE IL NUOVO CHE AVANZA SONO CADUTI IN FORTE CRISI, PRIVI ORMAI DI APPEAL, EPPURE...

Un intervento severo e senza esclusione di colpi del giornalista Franco Ziliani: "Paradossalmente parlando - spiega - è innegabile che l’attuale crisi, che nessuno, beninteso, avrebbe desiderato, qualche effetto positivo l’abbia avuto. Ad esempio: quello di indurre quella parte della filiera vitivinicola, che spiccando voli troppo pindarici ha perso contatto con la realtà, a tornare con i piedi per terra"


Do you remember Super Tuscan?
Sodi di San Niccolò: una festosa verticale per un grande, vero vino toscano


Paradossalmente parlando è innegabile che l’attuale crisi, che nessuno, beninteso, avrebbe desiderato, qualche effetto positivo l’abbia avuto. Ad esempio quello di indurre quella parte della filiera vitivinicola che spiccando voli troppo pindarici ha perso contatto con la realtà a tornare con i piedi per terra. A porre in secondo piano la fantasia e la creatività, che in taluni casi sono state sin troppo eccessive e autoreferenziali per concentrare gli sforzi.

Ricordate - è storia solo di ieri - i Super Tuscan? Si sono proposti, nel tempo, come vini ribelli alle regole che disciplinavano la vita tranquilla delle storiche denominazioni d’origine toscane, vini che volevano rappresentare il nuovo che avanza, introdurre un respiro e un’apertura internazionale in un mondo fatto di consuetudini e di tradizioni consolidate.

Bene, oggi non sono scomparsi, ma in quest’epoca di crisi, dove faticosamente si sta ritornando ad un’aurea media res, hanno improvvisamente perso il loro appeal. O forse hanno mostrato tutti i loro limiti.
Era il loro stesso nome, o come ci eravamo abituati a definirli, Super Tuscan, ovvero i Toscani super, i campioni dell’enologia, più che della viticoltura, toscana, a dover inevitabilmente, prima o poi, mostrare la corda. Basato com’era su un’idea assolutamente assurda dove i classici, i vini storici, i Brunello di Montalcino, i Vino Nobile di Montepulciano, i Carmignano, il Chianti Classico, venivano posti in secondo piano e dove come portabandiera erano designati vini che di toscano, in verità, avevano ben poco, in molti casi solo la collocazione sul territorio di questa magnifica regione delle aziende produttrici.

Internazionalizzati in ogni aspetto, dalla scelta delle uve, Cabernet, Merlot, Syrah, of course, dalle tecniche di vinificazione, mirate a realizzare vini muscolosi e concentrati, senza finezza e senza eleganza.
Questo anche se i produttori spesso, per giustificare la scelta di puntare sui vitigni francesi invece che sulle classiche varietà toscane, affermavano che la forza dei terroir toscani s’imponeva comunque sul carattere varietale, rendendo il Cabernet più toscano e…meno Cabernet.

Fateci caso: nei discorsi degli appassionati, nelle discussioni che s’intrecciano sui forum che si occupano di vino, oppure in enoteca o al ristorante, di Super Tuscan si parla ormai molto meno. E quando il colloquio tra consumatori tocca l’argomento Toscana, riguarda, quasi esclusivamente, il Brunello di Montalcino, oppure la ricerca di un Chianti Classico che sia autentico e che non si sia, strada facendo, pericolosamente super tuscanizzato.

Oggi i Super Tuscan sono tra i vini italiani maggiormente in crisi, ma dobbiamo quindi recitare un De profundis per i Super Tuscan e celebrare, con tutto il rispetto possibile, la loro scomparsa ?
Niente affatto, perché se pure, come ho scritto, non c’è da rammaricarsi, affatto, per la crisi profonda dei Super Tuscan intesi come travisamento/tradimento della viticoltura e dell’enologia toscana, come tentativo d’imporre un modello di vino intercambiabile, senza radici e senza storia, d’altro canto non possiamo che esclamare “morti i Super Tuscan, evviva i Super Tuscan!”, di fronte a vini, che confermano sempre più la loro centralità nell’ambito del comparto vitivinicolo toscano e che senza cedere alle facili lusinghe dei vitigni “nobili” internazionali, proprio nel tanto discusso e vituperato Sangiovese hanno fissato invece il loro punto di riferimento e individuato, senza dubbi e ripensamenti, come l’ancora di salvezza per le sorti del vino toscano.

Super Tuscan che godono di buonissima salute e non sono andati, più di tanto, in crisi, tanto da continuare a rappresentare, per il consumatore, una blue chip.
E’ questo il caso, ad esempio, come ho avuto il modo di constatare, partecipando recentemente ad una degustazione verticale di 11 annate programmata per festeggiare le sue prime vendemmie di storia (1979, 1980, 1981, 1982, 1983, 1985, 1986, 1987, 1988, 1990, 1991, 1993, 1994, 1995, 1996, 1997, 1998, 1999, 2000 e 2001) di un vino come l’Igt Toscana "I Sodi" di San Niccolò prodotto dai Poderi Castellare di Castellina in Chianti.

Un vino, "I Sodi", nato con il preciso impegno di non percorrere scorciatoie e di rispecchiare, con tenace fedeltà, la verità e la forza del terroir d’origine per ottenere, puntando solo sul Sangiovese e sulla Malvasia nera, due uve toscane e chiantigiane, un grande vino in grado di competere con i grandi vini del mondo.

Dal 2001, annata che andrà in commercio il prossimo anno, passando per il 2000 ora sul mercato e poi via via passando per 1999, 1997, 1995, 1993, 1990, 1988, 1986, 1985, sino al 1982, il nostro itinerario, stimolati dalle osservazioni e dai commenti sapienti e misurati, di Paolo Lauciani, docente nei corsi Ais, collaboratore di "Bibenda" e di "Duemilavini" e della rubrica "Gusto" del Tg5, che ha condotto, insieme all’enologo Alessandro Cellai e al proprietario del Castellare e “inventore” dei "Sodi", Paolo Panerai, la degustazione, è stato davvero interessante. Non solo il percorso nella storia di un vino, ma uno stimolo a capire le ragioni e la voce di una regione vinicola e una grande uva, il Sangiovese (o Sangioveto ?), ben coadiuvato, anche se in percentuali ridotte (un classico 15%), dalla Malvasia nera.

In questo emozionante percorso a ritroso negli anni, da un 2001 che fa capire già che sarà grandissimo, passando per un 2000 perfetta espressione del calore dell’annata, per straordinari 1999 e 1997, per un classico 1995, un sontuoso 1990, un complesso, variegato 1988 e 1986, 1985 e 1982, ancora integri, vibranti, freschissimi e pieni di energia, e soprattutto piacevolissimi e ancora godibili, tutte le annate, ognuna con la propria storia e personalità, hanno dimostrato quale deva essere, ai tempi nostri, la personalità di un Super Tuscan, intelligente sintesi di rinnovamento (l’affinamento in barrique e non in grandi botti) e di tradizione, ma soprattutto davvero toscano sin nelle radici e non solo a parole.
Un vino vero, dall’accento assolutamente personale, fedele espressione di un terroir d’elezione, che propone l’ennesima testimonianza della grandezza, se lo si capire e assecondare, se lo si ambienta nei posti giusti e lo si fa maturare compiutamente, e soprattutto se lo si rispetta in vigna ed in cantina, della forza e della verità, dell’internazionalità (intesa come possibilità di farsi capire da tutti), di una delle più nobili uve italiane, messer Sangiovese.
Un vino come altri del suo stile, che prodotto in Chianti Classico, alla luce degli attuali disciplinari di produzione, potrebbe essere, se il Chianti Classico non fosse ormai un vino dalla formula aziendale, una realtà pirandelliana stile “uno nessuno e centomila”, un magnifico esemplare di Chianti Classico. E non solo un vino targato Toscana Igt, dopo essere stato per anni un semplice “vino da tavola”…
Ma questo sarebbe un altro lungo discorso…

Franco Ziliani
bubwine@hotmail.com

di Franco Ziliani