Articoli 04/12/2004

SPUMANTI D’ITALIA, ECCO IL SEGRETO DEL SUCCESSO. SONO RICCHI DI FASCINO ED ESPRIMONO PROFUMI E AROMI DI TERRITORI DIVERSI. PIACCIONO SEMPRE DI PIÙ

Si parla molto spesso dei soli vini rossi, quasi che in Italia non si coltivi e produca altro. Le bollicine nazionali venivano considerate fino a pochi anni fa surrogato dei più nobili Champagne. Oggi è un comparto vincente che risente sempre meno della concorrenza francese


I vini spumanti naturali sono vini speciali caratterizzati dalla formazione di spuma provocata dallo sviluppo di anidride carbonica all'atto dell'apertura del recipiente. Questo gas deve provenire esclusivamente dalla fermentazione naturale in bottiglia o altro recipiente chiuso di sostanze zuccherine contenute nel mosto base o di saccarosio o altro mosto di uva aggiunto sotto forma di sciroppo zuccherino contenente anche lieviti. La gradazione alcolica totale minima del mosto o del vino base deve essere di 8,5°. La pressione all'interno della bottiglia deve misurare almeno 3 atmosfere a 20° C.
I vini spumanti di qualità invece sono quelli prodotti con vini provenienti da regioni determinate (si possono considerare l'equivalente dei vini DOC) che abbiano una gradazione alcolica minima di 9°. La pressione all'interno della bottiglia deve essere di 3,5 atmosfere minimo.

Gli spumanti, in relazione al loro contenuto zuccherino, recano spesso in etichetta una delle seguenti diciture:
Brut inferiore a 15 g/l
Extra dry 15 – 20 g/l
Secco 17 – 35 g/l
Semisecco 33 – 50 g/l
Dolce oltre 50 g/l

I vitigni impiegati per la produzione di vini spumanti sono generalmente bianchi con l'aggiunta di Pinot Nero come unico vitigno rosso. Il motivo della scelta di quest'ultimo è squisitamente tecnico, infatti il Pinot Nero è l'unico vitigno rosso che contiene tutte le sostanze coloranti nella buccia, per cui, attraverso una vinificazione adeguata (con la polpa subito allontanata dalle bucce), si ottiene un bianco con le caratteristiche di corpo, struttura e longevità tipica dei rossi. I vitigni di bianchi principalmente usati sono i Pinot bianchi e grigi, i Trebbiani, i Moscati, i Prosecchi, i Riesling, le Malvasie, il Cortese.

Sul mercato nazionale lo spumante rappresenta una quota variabile tra il 5 e il 6% in volume degli acquisti di vino mentre in valore arriva a pesare il 12-13%.
Quanto alle tendenze più recenti, nel 2003 mentre gli acquisti domestici di spumante sono cresciuti rispettivamente del 4% in volume e del 10% in valore.
In media la spesa sostenuta per acquistare un litro di spumante è passata negli ultimi due anni da 4 a 4,21 euro (in confezioni da 75 cl da 3 a 3,15 euro) registrando un +5%, mentre per i vini il corrispondente incremento è risultato del 3%.
Naturalmente il prezzo medio è variato notevolmente a seconda del canale distributivo.
Usando come approssimazione la valutazione per confezioni da 75 cl, i prezzi sostenuti dalle famiglie italiane per acquistare una bottiglia di spumante nel corso del 2003 sono oscillati tra 1,31 e 4,8 euro. Il prezzo più basso, naturalmente, lo hanno sostenuto scegliendo di recarsi nei discount, mentre sono arrivate a pagare 4,8 euro in caso di acquisti presso bottiglierie/enoteche. Intermedio l’esborso nei supermercati e ipermercati, nell’ordine dei 3,2 euro la bottiglia.

Scende anche l’importazione di bottiglie di Champagne dalla Francia, segno inequivocabile del maggior apprezzamento degli italiani verso il prodotto nazionale. La flessione della spesa italiana per vino francese è del 12% su base annua. Il Paese transalpino sconta infatti il calo di preferenze accordate allo Champagne, -23% in volume con una perdita del 29% nel valore rispetto allo stesso periodo del 2003.

A fronte dell’ottimo andamento sul fronte interno i dati del primo quadrimestre 2004 registrano segnali di stanchezza per l’export italiano dei vini spumanti.
Da gennaio ad aprile 2004, infatti, le consegne oltre frontiera sono state pari a 190 mila ettolitri, il 5% in meno su base annua, con introiti attestati a 48 milioni di euro, - 4% rispetto allo stesso periodo del 2003.
La flessione della domanda estera è risultata piuttosto generalizzata tra i principali Paesi clienti.
Particolarmente pesante il passo indietro registrato da quella tedesca: -13% in volume che si è tradotto in una perdita di introiti per le casse italiane del 6%. Male anche negli Stati Uniti dove i 38 mila ettolitri del primo quadrimestre 2004 hanno segnato un –3% su base annua, con una flessione degli incassi a che ha toccato il 22%.
Non è andata certo meglio nel Regno Unito dove gli acquisti di vino italiano hanno sopportato una battuta d’arresto del 24% in quantità e del 14% in valore.
A parziale compensazione delle performance negative registrate in questi che sono i tre principali clienti, si segnalano gli incrementi della domanda, e dei rispettivi esborsi, di Giappone e Canada.

Asti
Langhe e Monferrato, le zone del Piemonte in cui nascono le uve di Moscato bianco da cui si ottengono l'Asti docg ed il Moscato d'Asti docg. L'area di produzione, delimitata ufficialmente fin dal lontano 1932, comprende 52 Comuni delle province di Alessandria, Asti e Cuneo. La superficie del vigneto a Moscato bianco è di 9120 ettari, suddivisa tra oltre 6800 vignaioli.
La zona del Moscato bianco è situata nel sistema collinare alla destra del fiume Tanaro dove i terreni hanno le stesse origini geologiche e quindi le stesse caratteristiche, sia che appartengano all'Alto Monferrato, sia che si riconoscano nelle Langhe: assenza di rocce e struttura estremamente friabile, con frequenti frane, soprattutto dopo le piogge. Più aspre le Langhe, più dolci le colline del Monferrato: due paesaggi diversi ma decisamente attraenti dove niente è scontato ed oleografico, dove nulla si ripete, tanto mutevole e sorprendente è lo scenario che si presenta al visitatore anche più attento e smaliziato. Dove regna la vite, che prospera in filari ordinati, curati, preziosi, capaci di rendere inconfondibile e irripetibile la straordinaria scena del sud Piemonte.
L’uva, parzialmente pigiata o intera, viene esaurita con le presse a polmone ed il mosto così ottenuto (max 75 litri ogni 100 quintali di uva) è refrigerato a basse temperature allo scopo di evitare l’avvio di fermentazioni indesiderate; quindi ripulito dalle particelle solide in sospensione mediante l’utilizzo di coadiuvanti di chiarifica, centrifugato e/o filtrato e mantenuto in celle frigorifere a zero gradi fino all’utilizzo per l’elaborazione finale.
Durante il periodo di conservazione del mosto refrigerato è necessario ricorrere periodicamente alla filtrazione al fine di evitare l’innesco di fermentazione spontanee ed indesiderate.
Per il Moscato d’Asti la tecnica di lavorazione ricalca quella dell’Asti. La fermentazione viene in questo caso arrestata a valori prossimi ai 5 gradi alcolici. Ne risulta un prodotto con una quantità di zuccheri maggiore ed un contenuto di anidride carbonica che in bottiglia non supera il valore di 1.7 bar.

Franciacorta
Si chiama Franciacorta l’anfiteatro morenico che si trova a Sud-Ovest del lago d’Iseo. Il nome deriva dal latino “francae curtes”, che vuol dire corti affrancate dai dazi commerciali di trasporto.
Ed è dalla Franciacorta, territorio collinare situato tra Brescia e il lago d’Iseo, che proviene lo spumante Franciacorta Docg. La zona di produzione, che conta una superficie di 1650 ettari, comprende diciannove comuni nella provincia di Brescia il cui terreno è caratterizzato da una grande ricchezza di minerali, ideale per lo sviluppo della vite.
Il Franciacorta Docg è prodotto con uve Chardonnay e/o Pinot nero e/o Pinot bianco e si ottiene dalla maturazione ed elaborazione per almeno 25 mesi dalla vendemmia, di cui almeno 18 mesi di lenta rifermentazione in bottiglia a contatto dei lieviti.
Lo spumante lombardo, prodotto rigorosamente con il metodo classico, è stato il primo brut italiano ad ottenere, con il decreto del 1 settembre 1995, la Denominazione d’Origine Controllata e Garantita. A vigilare sul rispetto da parte dei produttori del disciplinare di produzione è il Consorzio di Tutela del Franciacorta con i suoi 132 consorziati.

Alta Langa
La Doc Alta Langa è riservata ai vini spumanti di colore bianco, rosato e rosso, ottenuti esclusivamente con la rifermentazione in bottiglia, secondo il metodo tradizionale o classico.
La zona di produzione è costituita dai terreni di collina e di spiccata vocazione viticola dei comuni delle province di Cuneo, Asti e Alessandria.
La denominazione è di recente riconoscimento (Dm 31 ottobre 2002), ma lo spumante è il risultato di dieci anni di ricerca attiva sul territorio piemontese (a partire dal 1993). In questo modo è stata colmata una lacuna che fino all’emanazione del disciplinare non aveva permesso alle grandi case spumantiere piemontesi di introdursi nel mercato degli spumanti metodo classico Doc.
La composizione ampelografica prevede Pinot Nero e/o Chardonnay dal 90% al 100%.
La resa massima è di 11 tonnellate di uva ad ettaro.
Le operazioni di vinificazione, imbottigliamento, elaborazione ed invecchiamento dei vini spumanti “Alta Langa” devono essere effettuate nel territorio della regione Piemonte. La resa massima dell’uva in vino non dovrà essere superiore al 65%.
L’indicazione dell’annata di raccolta è obbligatoria. La durata del processo di elaborazione, comprendente l’invecchiamento nell’azienda di produzione, non deve essere inferiore a 30 mesi a decorrere dalla vendemmia.

Oltrepò Pavese
L’Oltrepò Pavese è l’area cuneiforme situata nella parte meridionale della Lombardia, tra il Piemonte e l’Emilia Romagna. Questa zona, si estende per 70 chilometri a Sud della sponda destra del fiume Po, fino a raggiungere ad Est il territorio di Piacenza, mentre a Ovest è delimitata dai territori di Tortona, Alessandria e del Monferrato, al di là del fiume Tanaro.
La tradizione spumantistica oltrepadana ha radici antiche: il primo metodo classico prodotto in zona da uva Pinot Nero è datato 1872. La Doc Oltrepò Pavese, ha ottenuto il riconoscimento con D.P.R. 6/8/70 e oggi tutela venti vini diversi, tra i quali 2 spumanti metodo classico e 8 spumanti metodo charmat.
Lo spumante Pinot Nero Oltrepò Pavese rappresenta in media il 60% della produzione spumantistica che si fregia di questa Doc. Le caratteristiche del terreno e del clima consentono infatti all'Oltrepò Pavese di essere considerato uno dei territori più vocati alla coltivazione di Pinot Nero, vitigno principe di questa zona, utilizzato soprattutto per la produzione di spumanti (il Censimento Istat del 2000 ha rilevato in Lombardia la presenza di circa 2.000 ettari di vigneti impiantati con questa varietà, su un totale di 3.300 ettari censiti nell’intera Penisola).

Trento
È nella valle dell’Adige, tra Rovereto e Trento, che si sviluppa la zona a vocazione viticola del Trentino, dove la vite viene allevata con il tipico sistema a pergola su una fascia altimetrica che va dai 70 ai 700 metri.
Simbolo del trentino vitivinicolo è sicuramente lo spumante, ottenuto da uve Chardonnay e/o Pinot Nero e/o Meunier. Fiore all’occhiello del comparto, la Doc Trento è, dal 1993, la prima denominazione di origine controllata riservata esclusivamente a uno spumante.
Le prime bottiglie di spumante trentino si devono all’opera di Giulio Ferrari che, di ritorno da un viaggio in Francia, iniziò a produrlo nel 1902. Fu lui a credere per primo nel potenziale spumantistico della regione, sia per le condizioni climatiche sia per la particolare composizione del terreno tendenzialmente calcareo.
Il Disciplinare di produzione prevede che l’iscrizione all’albo dei vigneti, avvenga in seguito all’accertamento da parte del Servizio di vigilanza e promozione dell’attività agricola della Provincia autonoma di Trento, delle condizioni naturali e tecnico-colturali, nonché della vocazionalità alla specifica produzione in base anche a valutazioni di ordine tradizionale. La resa massima di uva ammessa per la produzione del vino base spumante a denominazione di origine controllata “Trento bianco” e “Trento rosato” è stabilita, per ettaro di coltura specializzata, in 150 quintali per tutte le varietà.
Nella produzione del vino spumante Trento Doc è ammesso esclusivamente il Metodo Classico: il vino fermenta direttamente in bottiglia, rimanendo per almeno quindici mesi a contatto con i lieviti che portano alla formazione della spuma.

di Graziano Alderighi