Editoriali 11/12/2010

Più volte mi sono chiesto




Più volte mi sono chiesto: era proprio necessario organizzare la grande festa-evento del 2 dicembre a Milano, in omaggio ai 50 anni dell’olio extra vergine di oliva?
Ho fatto davvero bene a mobilitare tante persone, con l’unico scopo di celebrare il cinquantenario?

Sono domande che mi pongo in continuazione, anche perché alle volte (quasi sempre) non capisco se tale impegno sia davvero necessario. Non capisco se i vari attori della filiera olio di oliva siano davvero contenti di tali attenzioni verso il comparto.

Non sono domande retoriche, ma domande vere e a volte laceranti. Laceranti quando si assiste all’immobilismo che caratterizza abitualmente il mondo dell’olio in Italia.

Agire senza stringere nulla in mano. Senza vendere qualcosa. Senza dare una connotazione commerciale a un evento come quello, di grande successo, del 2 dicembre, ha davvero un senso? Senza muovere l’economia, ma solo coltivando e diffondendo idee, saperi, emozioni.

Ha davvero un senso? Me lo richiedo per l’ennesima volta se sia la strada giusta da percorrere. Se la cultura, alla fine, possa davvero imprimere la svolta tanto attesa.
Io, dal profondo di me stesso, ritengo proprio di sì.
Senza cultura non ci può essere alcuna economia che sappia guardare lontano.

Se ho voluto e promosso la festa-evento del 2 dicembre a Milano, nonostante che dalle Istituzioni ci sia stato il silenzio, è perché sentivo di farlo, con tutto me stesso. Sentivo la necessità e l’urgenza di dare una testimonianza concreta, per dimostrare che tutto si può fare, anche senza attingere alle finanze pubbliche, come è sempre accaduto, come tuttora accade – in maniera anche dissennata, in certi casi.

Non per fare polemica, non ha senso. Va tuttavia riconosciuto che nessuna, tra le Istituzioni del Paese, ha inteso onorare i 50 anni dell’olio extra vergine di oliva, come se non li riguardasse. Nemmeno il ministro Galan ha mosso un dito, senza la buona educazione di rispondere a un invito. Il silenzio. Il silenzio che pesa ancor di più dopo l’inutile messa in scena del precedessore Zaia ad Assisi, con annunci fondati sul nulla, osannanti a un olio made in Italy che sappiamo non essere la soluzione agli annosi problemi del comparto. Ci vuole altro. Più idee e passione che danaro da sprecare. Però, che magra figura non essersi accorti di questi 50 anni! E che Ministri agricoli di basso profilo abbiamo avuto e continuiamo ad avere in questo Paese!

Lo sostengo con lucido orgoglio: senza la mia caparbia e tenace determinazione, non ci sarebbe stato nessun segnale, nessun gesto, nessuna generica forma di testimonianza per i 50 anni dell’olio extra vergine di oliva. Niente, nessuna dignitosa attenzione verso un prodotto che pure ci appartiene intimamente, che fa parte della nostra storia, del nostro codice genetico.

Se l’evento del 2 dicembre è stato un grande successo, è anche grazie a chi ha saputo e voluto condividere il mio invito, contribuendo alla buona riuscita della manifestazione. E ringrazio tutti, idealmente uno per uno, abbracciandoli. Dagli enti patrocinanti, con il Consiglio oleicolo in testa, ai main sponsor, agli sponsor, ai partner e agli amici tutti che hanno presenziato numerosi.

Il mio auspicio, in conclusione, sarebbe innanzitutto di cambiare il nome all’extra vergine, dopo questi primi 50, convulsi, anni: tramutandolo in “succo di oliva”, espressione più veritiera, più appropriata, più giusta. Ma questa è un’altra storia. Si tratta solo di un’aspirazione ideale, che sicuramente rimarrà tale. Ma non si sa mai: le soluzioni possono sempre essere trovate, se vi è la volontà per farlo.
L’alta qualità, l’eccellenza, per esempio, potrebbe essere etichettata come “succo di oliva”.

di Luigi Caricato