L'arca olearia 09/10/2010

Le parole dell’olio, una leva strategica per la promozione

Non possono essere imbrigliate da direttive imposte dall’alto, altrimenti anche le parole più suggestive verrebbero depotenziate, perdendo in efficacia comunicativa. Nel contempo, è necessario che si istituisca un osservatorio che ne verifichi e controlli l’attendibilità e il rigore. Ecco quanto è emerso all'incontro di Cesena




Con la giornata di divulgazione che si è tenuta lo scorso 5 ottobre a Cesena, ha avuto inizio, nella bella sede dell’ex-Macello, la stagione didattica dell’olio organizzata dal Dipartimento di Scienze degli Alimenti dell’Università di Bologna.

E’ stato un giorno molto importante, sicuramente molto utile per quanti hanno voluto approfondire la conoscenza di una materia prima semplice e nel medesimo tempo tanto complessa qual è l’olio extra vergine di oliva.

Onore all’impegno e alla dedizione di tutto il gruppo del professor Lercker, dunque, per essere stato come al solito capace di creare l’ennesima occasione per affrontare questioni che non possono passare sotto silenzio. Come la questione, poco valorizzata, delle dinamiche salutistiche degli oli di oliva, per esempio. Determinante, in tal senso, il convegno sul tema “Il gusto della prevenzione: rapporto tra alimenti e cancro al colon-retto”.

Altrettanto coinvolgente il tema della tavola rotonda sul tema “Le parole giuste, quelle sbagliate…”, cui hanno partecipato, sotto al regia di Tullia Gallina Toschi, il professor Giovanni Lercker, io, Lorenzo Cerretani e il presidente di Olea Ettore Franca. Insieme abbiamo messo in evidenza luci e ombre che si agitano intorno al re dei grassi alimentari, l’olio extra vergine di oliva.

Ed ecco, in sintesi, alcune mie osservazioni che ho formulato in occasione dell'incontro cesenate.

L’assaggio dell’olio non può essere lasciato alla libera iniziativa dei singoli. Gli esperti sensorialisti e le varie scuole di assaggio debbono vigilare costantemente – magari istituendo un apposito osservatorio – al fine di non sottrarre rigore e scientificità alla valutazione sensoriale. Diventa perciò importante vigilare sulla correttezza del lessico dell’olio, che va adeguatamente difeso da un uso improprio o da eccessi che possono anche risultare particolarmente suggestivi, in certi contesti, ma che, a onor del vero, si rivelano assai controproducenti.

Le parole dell’olio devono rispondere a un lessico appositamente elaborato e istituzionalizzato, tuttavia, come tutte le parole, non possono restare immutabili, ma di volta in volta devono essere riconsiderate e riformulate.

Il lato emozionale. Accanto alle parole ufficiali, espressamente tecniche, è necessario che ci si muova anche su altri fronti, in particolare su quello emozionale. Spazio alle emozioni, dunque, soprattutto se si ha a che fare con una comunicazione giornalistica o con attività di promozione legate al marketing. Occorre dimostrare tuttavia la giusta dose di prudenza e affidarsi alla supervisione di altri esperti.


Le parole per comunicare
Il rischio di falsificare la realtà esiste. Produttori o venditori spregiudicati possono arrivare maliziosamente ad attribuire prerogative sensoriali non veritiere ai propri oli. Da qui la necessità di regolamentare la materia, senza però imprigionarla in norme che uccidono il flusso creativo della comunicazione.

Un obiettivo da conseguire nel prossimo futuro. Lavorare sui disciplinari di produzione delle denominazioni di origine protetta, alla cui voce “caratteristiche al consumo” lasciano molto a desiderare.

di Luigi Caricato